Artigiani, aumentano i fallimenti
Leonori: “Colpa della burocrazia”

Il presidente di Confartigianato Macerata sottolinea il peso rappresentato dalle 97 attività di controllo che gravano sulle imprese

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Renzo Leonori, presidente provinciale della Confartigianato

Renzo Leonori, presidente provinciale della Confartigianato

Se nel primo trimestre di quest’anno si registra qualche timido segnale di ripresa, la situazione maturata in questi ultimi 5 anni di crisi economica è stata drammatica: in Italia abbiamo perso 75.500 imprese artigiane.
I numeri, rilevati dall’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, fotografano una situazione pesantissima che ci consentono di dire che l’artigianato è stato il comparto più colpito dalla recessione che si è abbattuta in questi anni nel nostro Paese. Le costruzioni, i trasporti e il manifatturiero (metalmeccanica, tessile, abbigliamento e calzature) sono stati i settori che hanno segnato le performance più negative.
Le Marche in particolare, secondo dati diffusi da Unioncamere, sono tra le regioni dove l’aumento di fallimenti, nel primo trimestre 2014, è stato più consistente: 147, il 47% in più rispetto allo stesso periodo del 2013, mentre i concordati sono stati 32 (60% rispetto allo stesso periodo del 2013). Secondo tali dati in soli tre mesi, complessivamente, sono fallite in Italia più di 3.600 imprese, circa 40 al giorno, quasi due all’ora: il 22% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Salgono anche le procedure di concordato, 577 (+34,7%). L’ aumento riguarda sia le società di capitali (+22,6%), che le società di persone (+23,5%) e le imprese individuali (+25%).

«Una drastica riduzione dei consumi delle famiglie, il forte aumento sia delle tasse sia del peso della burocrazia e la restrizione del credito – afferma in proposito il presidente di Confartigianato Imprese Macerata Renzo Leonori – sono tra le cause che hanno costretto moltissimi artigiani a gettare la spugna. Non potendo contare su nessun ammortizzatore sociale, dopo la chiusura dell’attività moltissimi artigiani non hanno trovato nessun altro impiego e sono andati ad ingrossare il numero dei senza lavoro, portandosi appresso i debiti accumulati in questi anni e un futuro tutto da inventare».

Il presidente Leonori mette l’accento in particolar modo sul tema della burocrazia, che, spiega: «E’ uno dei principali ostacoli che mina la crescita del nostro Paese. Sono quasi un centinaio, per la precisione 97, le principali attività di controllo che gravano sulle piccole imprese italiane». L’Ufficio studi della CGIA di Mestre le ha elencate una a una suddividendo il quadro legislativo generale in quattro grandi settori: ambiente e sicurezza nei luoghi di lavoro, area interessata da 50 possibili controlli che possono essere effettuati da 11 Enti/Istituti diversi; amministrativo, settore che registra 6 controlli che sono ad appannaggio di 3 diversi Enti/Istituti; contrattualistica, in cui il numero dei controlli si ferma a 18, mentre gli Enti/Istituti interessati sono 4; fisco in cui il numero dei controlli è pari a 23 e sono 7 gli Enti/Istituti coinvolti.

«Con una legislazione spesso caotica e in molte circostanze addirittura indecifrabile – dichiara il Presidente – per molte aziende, soprattutto quelle di piccola dimensione, è difficile essere sempre a norma. Ricordo che il 95% delle imprese nel nostro paese ha meno di 10 addetti e non dispone, a differenza delle medie e grandi aziende, di nessuna struttura tecnica/amministrativa in grado di affrontare professionalmente queste problematiche. Detto ciò, non è nostra intenzione accusare nessuno, tanto meno gli enti di controllo che, spesso, sono anch’essi vittime di questa situazione. Troppe direttive, troppe leggi, troppi regolamenti creano solo confusione, mettendo in seria difficoltà non solo chi è obbligato ad applicare la legge, ma anche chi è deputato a farla rispettare.

I tempi e i costi della burocrazia – aggiunge il cav. Leonori – sono diventati una patologia endemica che ci caratterizza negativamente. Non è un caso che molti investitori stranieri non vengano qui da noi proprio per la farraginosità del nostro sistema burocratico. Incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi ed adempimenti onerosi hanno generato un velo di sfiducia tra imprese private e Pubblica amministrazione che non sarà facile eliminare. Per crescere e creare nuovi posti di lavoro le imprese necessitano di servizi pubblici efficienti e di una legislazione chiara e facilmente applicabile. In questi ultimi anni, invece, il costo della burocrazia sul nostro sistema produttivo ha superato i 30 miliardi di euro all’anno. Questa situazione ha costretto moltissime aziende a trascurare il proprio business per occupare gran parte del tempo alla compilazione di certificati e scartoffie varie: un’anomalia che deve essere assolutamente rimossa».

 



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