La Cisl Macerata esprime preoccupazione in relazione alla notizia della costruzione, da parte dell’Istituto Santo Stefano, di una nuova struttura da 108 posti letto destinata ad ospitare una Residenza Sanitaria Assistenziale per anziani nel Comune di Macerata: «Da sempre la Cisl e la Fnp sostengono, a tutti i livelli, la necessità di potenziare sul territorio regionale l’offerta di servizi residenziali per anziani fragili. In questo senso le Residenze Sanitarie Assistenziali svolgono un ruolo importante, in quanto strutture in grado di colmare – insieme alle lungodegenze, agli istituti di riabilitazioni e alle residenze Protette – il vuoto creato dalla riduzione dei posti letto per acuti negli ospedali. Non convincono affatto invece le modalità con le quali si procede all’autorizzazione di nuovi posti letto di RSA, specie in una fase in cui in cui Regione e Sindacati stanno concertando con grande fatica la riorganizzazione complessiva del Servizio Sanitario Regionale. Ad esempio è in fase di costruzione l’atto di fabbisogno dei posti letto nelle strutture residenziali e semiresidenziali nelle aree anziani, disabilità e salute mentale. Nelle strutture regionali ci sono più di 900 posti letto autorizzati secondo la normativa vigente, che al momento restano “congelati” per mancanza di risorse. Un’operazione di questo genere, infine, va in direzione contraria rispetto all’obiettivo, concordato in sede di confronto regionale, di riequilibrare tra le Aree Vaste marchigiane l’attuale dotazione di posti letto, compresi quelli residenziali per anziani non autosufficienti. Siamo convinti che gli operatori privati rappresentino una risorsa per il Servizio Sanitario. E’ necessario però che la Regione mantenga la governance di un sistema in cui il privato deve integrare l’offerta pubblica all’interno della cornice di una programmazione coerente con gli effettivi bisogni di salute della popolazione. Diversamente, come accade in questo caso, anche la prospettiva di uno sviluppo occupazionale rischia di diventare uno “specchietto per le allodole”. Ai posti di lavoro creati dalla RSA farà da contrappunto una riduzione dell’ occupazione nelle altre strutture provinciali, in particolare le Residenze Protette per anziani. La Regione Marche e il Comune di Macerata devono assolutamente fare marcia indietro, non concedendo l’autorizzazione a costruire una struttura poco utile agli anziani e alle loro famiglie ma funzionale agli interessi di un soggetto privato forte ed influente nel panorama nazionale. Un’operazione che impatterà in modo forte e negativo sull’assetto dei servizi socio sanitari della realtà maceratese, già connotata per l’eccessiva incidenza del privato convenzionato e ultimamente segnata da una pesante riduzione di posti letto nei presidi ospedalieri pubblici».
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
I soliti sindacati. Fanno cadere le braccia e venire il latte alle ginocchia. Per una volta che pare ci sia un privato che vuole investire a Macerata, loro no, il privato no e la solita lagna e miope arretratezza.
Sono d’accordo per un’assistenza pubblica universale, purtroppo troppo spesso lo stesso pubblico lavora contro se stesso.
Si ha paura di un efficienza che metta alla luce le storiche inefficienze pubbliche?
Meglio nessun servizio che un servizio privato?
Probabilmente se le corporazioni avessero nel passato capito che la difesa delle posizioni acquisite andava a braccetto con la sostenibilità delle stesse , i 900 posti congelati potevano essere baciati dal sole.
Siamo alla solita lungimiranza dei sindacati & C., forse perché non ci sono poltrone spartirsi.
anche i ricchi piangono,si ammalano, invecchiano,e ….muoiono.
già me lo vedo come andrà a finire, melina da parte del comune, il privato si rompe a va ad investire altrove. Questa soria già la conosciamo. Oppure ci facciamo mangiare i soliti 2/3 magnati maceratesi dell’edilizia allora…..
Per prima cosa non fate più le tessere alla CISL, seconda cosa una RSA comporterà l’assunzione di molti OSS, ma come la Regione Marche diP. Sanità ha sospeso i corsi perché secondo loro ci sono troppi Oss, poi una struttura privata crea occupazione e i sindacati non li fanno aprire? Io spero che qualche dirigente CISL ci spieghi questa cosa ma secondo me il fatto sta che questo e’ un sindacato di cui la maggior parte degli iscritti sono dipendenti pubblici che hanno paura di perdere il lavoro, dopo però non ci lamentiamo che i privati chiudono le aziende e investono altrove
Non sono un fan del sindacato CISL per il quale mi associo invece alle molte critiche lette nei commenti.
Tuttavia bisogna considerare un aspetto che mi pare sottovalutato o almeno non sufficientemente chiarito neanche dalla stessa CISL nel suo comunicato ( effettivamente molto “sindacalese”):
i Posti letto in RSA ( ma anche ospedalieri), ove convenzionati e non soltanto accreditati, sono comunque finanziati dalla Regione. E quindi finanziamenti pubblici.
Dunque se, e sottolineo se, come pare, il rischio è che possano essere dirottati finanziamenti pubblici per un certo numero di posti letto ” convenzionati ” al di fuori della programmazione stabilita ( o in fase di determinazione) è certo che questi verranno sottratti a RSA interamente pubbliche .
In proposito occorre ricordare che le RSA sono parte integrante del sistema sanitario anche se classificate come strutture a basso regime di assistenza sanitaria .
Aggiungo che in una fase come quella che stiamo attraversando, ove sono in atto una serie di “riconversioni” di posti letto ospedalieri ( nei piccoli ospedali soprattutto ma non solo) in altre strutture assistenziali ( RSA, Lungodegenze, Riabilitazioni ecc.), si pone il problema di come “riutilizzare/riconvertire” ( mi si passi il termine non proprio adeguato) pienamente il personale già dipendente delle strutture sanitarie ospedaliere; a meno che non si pensi di pensionarlo anticipatamente gravando in ogni caso sulle casse pubbliche e “sostituirlo” con nuovo personale ( sarebbe un intervento “occupazionale” probabilmente utile-ove esista disponibilità finanziaria per farlo- ma certamente non razionale sul piano dell’utilizzo delle risorse pubbliche )
Quello che fanno i Sindacati ( credo che tutti e tre i grandi sindacati, CGIL CISL UIL, si stiano muovendo sulla stessa linea) in questo caso mi pare un ragionamento corretto: verificare preventivamente all’interno di un quadro certo della programmazione regionale se vi sia effettivamente l’esigenza di finanziare ad un privato una simile struttura ( convenzionata, suppongo) magari prima che vengano completate le strutture pubbliche ancora in itinere.
Verificare in buona sostanza che tutto ciò non rappresenti l’ennesimo “favore” a qualche solito noto.
Nello specifico, pur non essendo di Matelica, mi pare che in qual comune ci fosse una programmazione che prevedesse la riconversione di un certo n° di posti letto ospedalieri per acuti ( oramai di fatto dismessi) in posti letto specialistici RSA ( e conseguente assunzione di nuovo personale oltre all’utilizzo di quello pubblico già in essere).
La domanda è: questo processo di riconversione è stato attuato oppure si “salta” direttamente all’ “investimento privato” ( qualche “spintarella” interessata in Regione ?) che magari ha avuto l’assicurazione preventiva e a prescindere dalla programmazione di un “convenzione”?
E nel caso che proprio ce ne fosse bisogno ( in rapporto al fabbisogno reale), perché non affidare al privato la gestione di eventuali posti riconvertiti in RSA all’interno dell’attuale struttura ospedaliera pubblica di Matelica come sembrava dovesse essere fatto qualche tempo fa? Che fine deve fare l’attuale ospedale ?
Quanto al “privato che investe” per l’appunto : non credo vi siano impedimenti per il Santo Stefano ad investire a Matelica o dove meglio crede per costruire una struttura RSA privata accreditata.
Accreditata e non “convenzionata” e dunque liberissima di agire sul “mercato sanitario” senza beneficiare dei finanziamenti pubblici ma solo rispettando rigorosamente i criteri dell’accreditamento ( gli standard sanitari richiesti dalla legge ), nonché i criteri di efficacia, efficienza e qualità dell’offerta che gli permettano di competere sul mercato almeno all’interno di quella fascia di cittadini che possono permettersi di pagare la retta per la permanenza ( di solito lungodegenza) nella struttura.
Ci provi il Santo Stefano: i mezzi finanziari ( anche grazie alle numerose e remunerative “convenzioni” pubbliche in atto) ed il know how ( opera nella sanità con indubbia professionalità da lunghissimo tempo) non gli manca di certo.