di Alessandra Pierini
Si chiama “Poltrona Frau Museum” dove la parola “museum” si legge non in inglese ma alla maniera latina come ha precisato il patron Franco Moschini: «In inglese non ci piaceva, in italiano ci sembrava un po’ stantio e fa pensare a luoghi pieni di ragnatele perciò abbiamo scelto la paternità latina, d’altronde finchè abbiamo parlato latino siamo stati padroni del mondo».
Le parole di Moschini con la sua inconfondibile voce roca hanno risuonato, con una eco che fa vagamente pensare al tradizionale rimbombo della voce del Papa in piazza San Pietro, questa mattina nel piazzale dell’azienda conosciuta in tutto il mondo. Davanti all’enorme insegna del museo, l’internazionalizzazione di cui tanto si parla come unica strada per il futuro è diventata concreta e tangibile attraverso la presenza di ospiti provenienti da tutti i continenti e un mix di lingue e accenti stranieri.
«In un mondo incerto – ha aggiunto il presidente – caratterizzati da eventi nuovi e di varia natura e dal cambiamento, abbiamo bisogno di certezze, da trovare ognuno con il suo senso di responsabilità e se possibile col sorriso sulle labbra. Questo museo nasce dalla gioia di lasciare ai posteri una vita migliore. E’ il tempio della bellezza , al suo interno le poltrone sono incastonate come gioielli in torri che sfidano il futuro, è la certezza di cui abbiamo bisogno».
Al fianco di Moschini, a tagliare il nastro dell’opera, Luca Cordero di Montezemolo e il figlio Matteo, azionista di Frau e componente del CdA. Il presidente della Ferrari ha scelto di rivolgersi ai presenti in inglese per omaggiare i tanti stranieri. «Abbiamo organizzato tutto – ha esordito – anche il meteo per regalarvi questa splendida giornata. Questo museo è un pezzo d’arte, è l’essenza dello spirito di Poltrona Frau, un fantastico prodotto fatto da fantastiche persone che hanno la capacità di guardare avanti senza trascurare la storia e la tradizione».
Il rituale taglio del nastro è stato fatto, e come poteva essere altrimenti con un nastro in pelle: «E’ la nostra pelle – ha scherzato Montezemolo, vedendo le forbici di grosse dimensioni nelle mani di Moschini – è una vera buona pelle, dura da tagliare». Hanno assistito anche i dipendenti della Poltrona Frau con le tradizionali tute arancioni.
E’ stato lo stesso Montezemolo a guidare gli ospiti, clienti, fornitori, autorità e altri imprenditori all’interno del museo. Il percorso prende il via da un mosaico in cui tasselli di pelle multicolore ne diventano le tessere per poi ripercorrere la produzione di poltrone, attraverso la storia. All’esposizione dei pezzi della tradizione si alternano schermi multimediali e immagini che ricompongono l’epoca storica, finchè non si arriva nel cuore del Poltrona Frau Museum dove si trova una Ferrari cabrio i cui interni sono rigorosamente in pelle Frau.
Montezemolo la illustra con orgoglio agli ospiti in tutti i dettagli e poi ci conferma: «A Tolentino mi sento a casa, per me Tolentino è come Maranello per lo stesso rapporto che c’è con il territorio e lo sforzo che facciamo oggi è quello di portare avanti la cultura e la tradizione di questa terra».
Montezemolo, fondatore insieme a Diego Della Valle del gruppo Charme che nel 2003 rilevò Poltrona Frau insieme all’altro marchio storico del design d’interni italiano Cassina, ha insistito molto sulla necessità di guardare avanti. Cosa consiglia alle aziende marchigiane? «E’ una fase difficile – spiega – ma dobbiamo crederci ed essere ottimisti malgrado tutto, specie in questo territorio dove una ricchezza da valorizzare c’è ed è l’artigianato. L’unica strada da percorrere è quella di lavorare, investire e rinnovarsi continuamente senza dimenticare mai le proprie origini» .
I capolavori firmati Frau, insieme a un secolo di storia del design italiano, sono da oggi aperti al pubblico in uno spazio di complessivi 1.400 metri quadrati disegnati dall’architetto Michele De Lucchi. Una teca custodisce documenti originali, cartoline, manifesti pubblicitari, cataloghi, schizzi, disegni che raccontano la storia dell’azienda e il contesto internazionale di riferimento.
Alla grande mostra storica sono connesse due sale dedicate, la prima ai grandi progetti “Contract” eseguiti con i più grandi architetti internazionali e la seconda all’Interiors in Motion, ovvero alle più significative realizzazioni di sedute e di allestimenti di interni nel settore dei trasporti: automobili, treni, aerei e yacht, grazie alla collaborazione con aziende internazionali eccellenti quali Ferrari, Maserati, Lancia, Pershing, Italo, Etihad Airways.
(foto Cronache Maceratesi)
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Luca Cordero Di Montezzemolo e Peppe Pezzanesi D’Asburgo: tra nobili se la intendono. Sono curioso di sapere cosa si sono detti.
Glielo avrà detto il D’asburgo al Di Montezzemolo de “rportà li lavori della Frau dalla rumenia a tulintì”?
Scusate la “cattiveria” ma quanno ce vo’ ce vo’.
Grande Michele De Lucchi da Padova! Esplosiva GiuliaSofia
ci potevano pensare quelli che hanno governato fino a pochi mesi fà…….oppure chi governa in provincia……..oppure in regione dove le amicizie con Mentezemolo e Della Valle sono ben consolidate !!!!!!! caro Saben hai toppato ancora una volta con la tua “cattiveria” e il tuo ” quanno ce vò ce vò” a senso unico …….ti regaleranno un giaguaro da smacchiare anche a te!!!!!!!!
lacchè s. m. [dal fr. laquais, che è dallo spagn. (a)lacayo]. –
1. ant. Domestico o valletto in livrea che, nei sec. 17° e 18°, seguiva o precedeva a piedi i padroni o la loro carrozza.
2.
a. scherz. Chi precede una persona diretta a un determinato luogo e ne annuncia l’arrivo.
b. spreg. Persona d’animo basso e servile, individuo sempre disposto a mettersi umilmente agli ordini di un potente: non è un uomo, ma un l.; sa mentire come un l.; ha l’animo di un l.; mi ha preso per il suo lacchè.
Ancora una volta lontani mille miglia dalla gente, una cosa di cui nessuno sentiva il bisogno, solidarietà ai lavoratori della frau ridicolizzati dagli apparati dirigenziali, tra quanto l’intera fabbrica diventerà museo? Direi un evento per ricchi signori e frustrate signore!
Quanti giovani a questa indispensabile mostra…
Ma scusate, che centra Maria Paola Merloni ? E l’ex senatore Baldassarri ???
Cercano visibilità per le prossime elezioni?
OTTIMA BELLA COSA
Se non fosse perché c’è in ballo il futuro di decine di lavoratori e delle loro famiglie, si potrebbe sorridere e abbinare il museum Frau a quello della caricatura, in qualche teca potremmo sistemare il bene che a Tolentino, come in tutta Italia sta diventando una rarità, da proteggere e tutelare come memoria collettiva: qualche esemplare di operaio, magari di cera.
Nel prossimo museum, riservato ad alcuni dei vari potenti, ex-potenti, parvenu e presenzialisti che si scorgono nelle foto, non servono i modelli di cera, nelle teche potremmo metterli di persona, nessuno noterebbe la differenza.
Come dice Crozza. Per risanere le finanze dello Stato, basta mettere una congrua patrimoniale a questi!
Tra “Montezemolo inaugura” e “Eraldo Isidori colpisce ancora”, c’è l’abisso. L’abisso dove sono finiti tutti i lavoratori dei quali se ne fregano altamente sia il primo che il secondo, che comunque sono ambedue persone rispettabilissime, oneste e “onorevoli”, ma ne il primo ne i secondo starebbero dove stanno se non ci fossero stati i dimenticati. A proposito CM, una foto le tute arancioni non se la meritavano? sarà un fatto di privacy.
ammazza come si piccusu @Guizzi. E su non ve pijate troppo sul serio.
Lo stesso Peppe Pezzanessi non s’è preso sul serio quando si è vestito da Imperatore Checco Giuseppe. E via…su
Causa una strana coincidenza ieri ho potuto assistere a l’innaugurazione del museo frau, la domanda sorge spontanea: 1.800.000 Euro spesi per realizzare l’inutile museo non potevano essere investiti per creare un po di lavoro???? Vorro’ vedere quanti visitatori transiteranno in quel luogo. L’ennesima rappresentazione pacchiana ed anacronistica di cui questo paese puo’ e deve fare a meno, per non parlare della maggior parte degli ospiti, la maggior parte dei quali erano li solo per poter dire io c’ero quindi SONO QUALCUNO, in particolar modo qualche imprenditore/trice locale che avrà fatto carte false pur di esserci.
Anche quando succede qualcosa di buono in un’azienda come Poltrona Frau nata a Torino 100 anni fa, presente sul territorio maceratese da 50, i commenti sono per la maggior parte inutilmente critici. Poi ci si lamenta quando dei marchi italiani di prestigio vanno in mani straniere.
P.S. Un sentito GRAZIE ai dipendenti FRAU per la maestria con la quale realizzano i magnifici prodotti che ci permettono di essere orgogliosi e fieri in tutto il mondo di essere ITALIANI, alla faccia dei (CARINI)
FEFO 48 Quando le azziende italiane finiscono in mani estere non e’ certo per far dispetto a quelli come me ma e’ perche’ qualcuno vende o magari svende per solo ed unico profitto!!! Magari anche a dispetto dei romantici come LEI.
Capisco che in tempi di cori e trionfalismi dei “ciuffetti al vento” ogni voce “stonata” può dare fastidio all’orecchio. E tuttavia, “museum o non museum” , non si può ( e non si deve) perdere di vista la situazione della FRAU ( dove ci lavorano mi pare 4-500 persone indotto compreso).
Naturalmente non è in discussione la maestria e l’abilità dei lavoratori e dunque dell’azienda in quanto tale, nel fare eccellenti prodotti.
Lo ha sempre fatto ed è per questo che è conosciuta in tutto il mondo.
Lo ha sempre fatto ma lo fa e ancora e lo farà in futuro ?
E’ proprio questo il punto interrogativo più preoccupante; dato che la “FRAU” ha potuto contare per anni su una “nicchia” di mecato (italiano e mondiale) relativamente sicura e stabile anche in momenti di crisi, grazie alla qualità indiscutibile e al “valore aggiunto” del prodotto e alla possibilità di non “DOVER” giocare sul prezzo per essere competitivi su “quel” particolare mercato ( il cosiddetto mercato del lusso).
Facendo le debite proporzioni: un po’ come la Ferrari dell’ammiratissimo “ciuffetto” De Montezzemolo che pur in una crisi economica mondiale senza precedenti continua tranquillamente a “sfornare” e vendere TUTTE (con attese di anni) le su automobili da sogno.
Partiamo da un punto. come mai la FRAU appena giunta nelle mani di “fondo Charme” di “ciuffetto” ha iniziato a peggiorare sensibilmente il prodotto e ha pensato bene di trasferire alcune parti delle fasi lavorative in altro luogo?
La risposta secondo me non è troppo complicata: la FRAU ha rappresentato per “Charme” un ottimo investimento per guadagnare bene e abbastanza a breve (che è la logica e lo scopo principale dei “gruppi/fondi di investimento”).
Questo gruppo di “imprenditori” soci e fondatori di “charme” hanno “annusato” l’affare di una azienda con un brand ( nel suo mercato di riferimento ancora potrenzielmente “assorbente”) assolutamente prestigioso; in buona salute finanziaria; con i conti sostanzialmente a posto e una clientela solida e nel contempo anche in espasione ( appunto, una specie di Ferrari dei mobili di lusso). Ma…con un grande MA: il proprietario ( Moschini) non era più in grado di garantire continuità gestionale e finanziaria ( non è rilevante saperne e discuterne le motivazioni – personalmente ritengo che Moschini abbia fatto quello che “poteva” fare per la FRAU).
Ecco dunque gli “imprenditori” di “Charme” in soccorso e niente per niente non si fa (cone è ovvio, ma è bene sempre ricordarlo). Infatti, il “fondo” di solito si muove con questa logica: investo una cifra e nel giro di pochissimi ( 2-3-4 ? ) anni i “soci” investitori VOGLIONO il rientro dell’investimento comprensivo del rendimento previsto. Come? Poco importa: loro RIVOGLIONO il capitale investito e relativo “profitto”( 15-20% ?) entro un tempo preciso. Quindi, si mette un “gestore” ( chiamato pomposamente management) che DEVE raggiungere gli obiettivi finanziari entro un certo periodo di tempo : con tutti i mezzi possibili ( e formalmente ineccepibili sul piano gestionale). Sapendo che l’unica “leva” su cui si può agire è quella della “compressione” del costo di produzione. Non ce ne sono altre in una azienda produttiva e non finanziaria. Quindi nel caso specifica FRAU: standardizzazione della produzione dove prima era soatanzialmente “artigianale” e dunque aumento produttività e abbattimento dei costi di produzione e se non basta si possono “esternalizzare” anche alcune fasi di lavorazione, magari in Romania, “esternalizzando” pure un po’ di lavoratori. Nel frattempo la “politica commerciale” ( rivoluzionaria e modernissima) consiste nello sfruttamento massimo del brand ( con qualche ulteriore “sbocco” in altri mercati “iniziando” ad allettarli con un prezzo leggermente inferiore al “solito” e magari prima inaccessibile per “quel” mercato); il tutto da “tirare avanti” fin quanto regge . Cioè fino a quando la clientela FRAU non “percepisce” lo scadimento della qualità e inizia ” a non comperare” più quello specifico prodotto: né a quel prezzo, né ad un prezzo più basso. Inizia così l’uscita graduale della FRAU dal “brabd qualitativo” che l’aveva contrddistinta e che giustifica i prezzi extralusso dei suoi prodotti. ma il “fondo di investimento” che dice? L’importante che tutto ‘sto processo ( prevedibile e forse “pianificato” ) avvenga nel tempo che garantisca il rienrto dei capitali investiti insieme alla “dote” del guadagno. E poi? Semplice: dopo la “spremuta di limone”, si può tranquillamente prevedere l’uscita del “fondo” dalla proprietà FRAU e vedere se la “scorza” che ci è rimasta si può appioppare a qualche ” avventuriero” che vuol fare il De Montezzemolo. E i lavoratori e relative famiglie che ci campano? E che problema è.
Questa secondo me è l’operazione “Charme” in corso: parlare con qualche “artigiano FRAU” illumina sullo scadimento della qualità del prodotto ( per ora mascherata” dal “marchio” e dal “messaggio” pubblicitario di De Montezzemolo). Quando potrà andare avanti contando sul fatto che la clientela continuerà ad acquistare un prodotto allo stesso prezzo ma con un “valore aggiunto” decisamente più modesto? Sono il primo ad augurarmi che questa analisi ( pur sommaria) sia clamorosamente sbagliata .
Ma conoscendo persone che ci hanno lavorato e ci lavorano alla FRAU (non solo ottimi “artigiani” della pelle, ma anche quadri e dirigenti), purtroppo rimango pessimista.
@Saben, concordo nella sua analisi quando dice “Sono il primo ad augurarmi che questa analisi ( pur sommaria) sia clamorosamente sbagliata.” Non è vero che la qualità del prodotto sia scaduta. Anzi negli ultimi anni sono state inserite delle pregiatissime pelli che vanno ad affiancare la già buonissima pelle del Color System a marchio registrato. Le parlo delle pelli perché è il core business dell’azienda. Non crede che sia normale che un brand come Poltrona Frau che entra a far parte di un gruppo con altri brand cerchi di fare sinergia per ottenere il miglior prezzo presso i fornitori, senza però pregiudicare la qualità delle materie prime acquistate? In Romania è rivolta un’infinitesima parte della cucitura del solo Residenziale che veniva comunque data in conto terzi e che non ha comportato nessun tipo di esubero tra gli operai. All’inaugurazione del museo erano presenti i delegati interni sindacali dell’azienda in rappresentanza di operai ed impiegati che avevano già fatto la loro festa durante la recente cena di Natale.
Non giochiamo sempre al massacro, la Poltrona Frau negli ultimi anni a Tolentino oltre il Museo, ha fatto importanti investimenti, quali il nuovo stabilimento di 15.000 metri quadri per la divisione Car che registra una crescita costante negli anni anche in questi periodi di crisi, l’impianto fotovoltaico che oltre a renderla energeticamente autosufficiente, le permette di riversare il surplus nella rete, una nuova linea dati ad altissima velocità con una tratta che da Civitanova arriva fino a Tolentino, nuovi uffici per il Contract, l’Ufficio Tecnico. Quindi penso che la proprietà, ed in primis l’attuale presidente Moschini, vogliano mantenere la Frau a Tolentino. E’ innegabile che un’azienda a conduzione familiare ha un’altro sapore rispetto ad un’azienda guidata da un fondo, ma ci siamo dimenticati che Poltrona Frau e la Nazzareno Gabrielli negli anni 80 facevano parte di un unica famiglia e la fine che ha fatto la Gabrielli?
Nel tratto di strada che tutte le mattine faccio per raggiungere questa fantastica azienda vedo con desolazione che tantissime unità manifatturiere stanno soffrendo e strenuamente lottando contro questa terribile crisi. Restiamo uniti almeno su questo, sulle realtà produttive di questo paese, altrimenti sarà la fine di tutto e per tutti.
“In Romania è rivolta un’infinitesima parte della cucitura del solo Residenziale che veniva comunque data in conto terzi e che non ha comportato nessun tipo di esubero tra gli operai”. Invece tra le decine di piccole imprese artigiane della zona, che lavoravano quasi esclusivamente per la FRAU cosa ha provocato la delocalizzazione in Romania?
@Francucci
Intanto dal suo commento desumo che sia un dipendente dell’azienda FRAU e mi fa piacere constatare il suo “orgoglio” di “sentirsi” parte dell’azienda.
Guardi, Le assicuro che in quanto cittadino di Tolentino sono altrettanto orgoglioso del fatto che la FRAU sia un fiore all’occhiello della città ( oltre che del mondo della produzione di qualità nazionale). D’altro canto, benchè vi siano altre reltà produttive emergenti molto interessanti, mi rendo conto che al momento è una delle poche realtà produttive più significativa della città e dell’intero territorio circostante ( insime alla Laipe e alla Nuova Simonelli di Belforte ).
La mia preoccupazione nasce propprio dal timore che questa realtà così importante possa essere messa a rischio da “strategie” sbagliate o comunque “distanti” dalla tradizione produttiva FRAU ( mi si passi questa definizione). Dunque chi si pone domande, dopo essersi confrontato con chi ci ha lavorato e chi ci lavora, non gioca affatto al massacro.
La mia “analisi” si basa proprio su punti di vista un po’ diversi dai suoi, che a mio avviso si possono riassumere in : “la FRAU lavora e produce in un deserto di aziende chiuse” , dunque accontentiamoci. Mi scusi per la semplificazione ma serve a chiarire i punti di partenza di “ragionamenti sostanzialmente diversi” ( e non per questo sbagliati, a partire dal suo ).
Ripeto: sono un cittadino di Tolentino e sono il primo ad essere contento del fatto che la FRAU è la FRAU.
La mia preoccupazione non deriva ovviamente dagli “investimenti fatti” dal Fondo Charme (che nessuno nega e io non ho mai negato).
La mia preoccupazione deriva dalla “logica stringente” con la quale il Fondo ( la stessa di tutti i “fondi di investimento”) investe e gestisce l’azienda. Mettiamola così: ” investi, guadagna e rientra nel breve-medio periodo” può rappresentare la “strategia” con la “S” per lo sviluppo e il consolidamento della posizione ( non ri-posizionamento) di una azienda con le caratteristiche della FRAU?
Con le dovute proporzioni, faccia un parallelo con la Ferrari tanto per stare in tema “Di Montezzemolo”: ce la vede la Ferrari che manda a fare qualche “lavorazione marginale” chessò in Corea ( dato che parliamo di alta tecnologia mi tengo “adeguato”)?. Se la Corea è in grado di fare “meglio” il pezzo della Ferrari ( senza badare al prezzo) io ce lo vedo. Altrimenti no; perché se risparmia 10.000 € per quel particolare pezzo, non è che vende la Ferrari a 195.000€ invece che a 200.000 anzi, se il “brand Ferrari” viene mantenuto alto soprattutto nei contenuti, la stessa auto la vende tranquillamente a 220.000 senza dover “abbattere i costi di produzione” al punto tale da mettere a rischio la “qualità” e la “particolarit à” del prodotto stesso. Con chi deve competere la Ferrari?
Mi verrebbe da dire: con chi dovrebbe competere la FRAU ?
Ecco, io non ci credo affatto che la “strategia produttiva” della FRAU si “azzeccata” per la FRAU in quanto tale. Forse lo è per altri scopi ( non illegittimi, sia chiaro) ? E se lo è per altri scopi, quest’ultimi sono gli stessi di chi oggi ci lavora e di quelli che “potrebbero” lavorarci domani e in definitiva della città di Tolentino e del suo territorio?
E’ per questo che sono preoccupato ( per il futuro a breve medio termine e non per l’oggi).
Proprio “l’esperienza” Gabrielli, a cui Lei si riferisce, ha “scottato” in passato i “preoccupati” di oggi per la FRAU, me compreso.
Benché le ragioni che hanno “originato” la fine della Gabrielli siano da ricercare in tutt’altre motivazioni , a mio avviso i “meccanismi” che mettono in pericolo il PRODOTTO e dunque il “brand”, sono molto simili : nel caso Gabrielli la “necessità” dell’abbattimento dei costi era determinata dalla necessità di “rientrare” dell’operazione finanziaria “leveraged buy out” con la americana City bank ; nel caso FRAU “potrebbe” essere la necessità di “garantire” entro tempi troppo stretti il “rientro” dell’investimento e possibilmente un “giusto” guadagno. Mi scuso per l’estrema semplificazione ma non si può abusare dello spazio.
C’è un elemento che di fatto Lei considera poco significativo e che invece dovrebbe far “drizzare” le orecchie: non si va in Romania per “lavorazioni marginali”; checché se ne dica i costi non lo giustificherebbero ( alla mano d’opera che costa di meno effettivamente, vanno aggiunti però i costi dei trasporti, della logistica, della formazione ed altro ancora, speciamente in fase di avvio dell’operazione).
Ovvero, i costi lo giustificherebbero “se” fossero intesi come “costi inziali” per l’avvio di un “processo di abbattimento strutturale dei costi di produzione” i cui effetti si apprezzerebbero nel “breve-medio termine” .
Lascio a lei immaginare cosa possa significare nello specifico della produzione FRAU porsi come obiettivo strategico l’abbattimento strutturale dei costi di produzione con particolare riferimento alla mano d’opera . Attenzione: il che non vuol dire non sia importante ” tenere sotto controllo” i costi di produzione. Ma nel caso FRAU ( per il prodotto che fa ) mandare le “cuciture” in Romania è l’ultima cosa che dovrebbe essere fatta anzi è la cosa che non dovrebbe essere fatta mai.
Ci sono altri fattori che “incidono” sui costi di produzione che se “toccati” non andrebbero a “ledere” la “caratteristica artigianale” della produzione FRAU.
Ribadisco: non voglio avere ragione anzi, desidero ardentemente essere smentito .