Nella raccolta dell’immondizia
Macerata è lontana dall’Europa

DAVOLI A MERENDA - Rifiuti naturali e innaturali

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di Filippo Davoli

Stavo passeggiando per le vie del centro (il mio piccolo amatissimo centro storico dove giocavo da bambino). Erano le quattro e mezza del mattino, in quel bel silenzio scuro dove l’unica luce è quella pallida della luna e i lampi sono le folate che tengono svegli. Riguardavo i muri che da piccoli avevamo disinfestato dai ragni (ma era un gioco, non un programma di recupero; e infatti era gratis), risentivo le voci, risognavo gli aneddoti, mi rinfrancavo, insomma.

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La passeggiata ad ore antelucane è una mia abitudine antica. Generalmente mi facevano compagnia gli ultimi gatti randagi (forastici, e però anche terribilmente simpatici). Oggi segnano il mio percorso i sacchi ammonticchiati dell’immondizia differenziata. Mi viene in testa l’idea – un po’ blasfema – dei fuochi che accompagnano il trasbordo della Santa Casa volante verso Loreto, quella bella tradizione dei nostri contadini in occasione di quella festa. Il mio viaggio però è pedestre e non angelico; e difatti, la mia umanità tutt’altro che santa è affiancata da fuochi fatui, ancorché fetidi. Inoltre, al posto dei gatti fa più spesso capolino qualche topone assatanato che mi guarda come per dire: “beh? Mangiate tante schifezze voi, noi non possiamo??”.

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Mia zia ha un cagnolino che lei ogni mattina accompagna a fare il consueto giro dello spurgo (i gatti hanno la lettiera, i piccioni hanno le nostre teste, per i sorci ogni posto è buono…); il cane di mia zia è un naturista. La pipì la molla in direzione dei tombini fognari; la pupù, invece, la fa solo ed esclusivamente sulle aiuole che separano la strada dai marciapiedi. Mia zia, premurosamente, raccoglie col sacchettino e la paletta le belle pietanze del suo cane (dove la terrà, quella specie di colibrì canino, tutta quella merce… è una domanda alla quale non so ancora trovare una risposta); ad ogni raccolta, dentro mia zia sospetto che si accenda un registratore che incomincia una solfa del tipo “Bisogna essere civili, non si può lasciare questa roba all’aria aperta, siamo europei!”.

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Mi sono sempre domandato se mia zia ci stia con la testa oppure no. A sentire lei, inquina di più una cacca di cane che un sacchetto di plastica per raccoglierla. Per carità, il mondo è pieno di buonisti (la mamma dei buonisti è sempre incinta…) che confondono la civiltà con queste minuscole pratiche quotidiane del vivere (dopo marciano contro gli extracomunitari, evadono ed eludono piamente le tasse, in nome della pace scatenano le guerriglie urbane, lanciano dai finestrini ogni oggetto che ingombri il cruscotto dell’auto, non ti dico che fine fanno le bottiglie di birra alla fine dei concerti in piazza o le cartacce al termine di San Giuliano, etc.), però la cacca del cane… eh no, quella no! Quella inquina dannatamente (specie se rilasciata in mezzo all’erbaccia di un’aiuola), non c’è sacco d’immondizia lasciato a marcire sulle strade che tenga!

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Con una mossa felina e genialmente strategica, a Macerata la campagna di sensibilizzazione alla raccolta differenziata è stata effettuata ad agosto, coi maceratesi in ferie e gli studenti a casa loro. Ovviamente è stata promossa esclusivamente in lingua italiana, al fine di rendere comprensibili le indicazioni agli unici rimasti in città, cioè gli stranieri. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ora, uno poco intelligente come me (sono ben distante dai buonisti di cui sopra, tutti quanti felicemente politically correct) si chiede spesso come mai le tasse sull’immondizia aumentino, quando il grosso del lavoro compete a noi cittadini. E compra i sacchetti colorati, e attento a dove butti una cosa piuttosto che un’altra, e ricordati che quella raccolta avviene dalle 7 alle 9, quell’altra dalle 14 alle 16, ma chiaramente una il lunedì, l’altra il mercoledì a un’altra ora ancora, l’altra ancora il sabato mattina, e così via (invento perché non me le ricordo): tutta una fatica micidiale (come se uno dovesse passare la vita a organizzarsi per servire lo Stato) e poi? Tutti i sacchetti che inondano vie e vicoli, ammonticchiati, spesso fuori giorno e fuori orario, qualche volta addirittura col bigliettino che segnala l’errore delle cernite e fa sapere che non verranno raccolti. Se tu ritardi di cinque minuti e la raccolta è puntuale, scatta la multa. Mi chiedo perché non scatti mai se a ritardare sono loro…
Ma poi che pretesa! Se non ci sta bene, possiamo sempre trasferirci in periferia, per esempio lungo le Mura di Tramontana, nel cui costone verde spunta di tutto: bottiglie, giornali, cartacce appallottolate, preservativi, plastiche varie (no: cacca di cani no, anche perché si trasforma in breve e tutt’al più concima); oppure a Sforzacosta, dove bisogna fare esercizi di apnea per non soccombere al fetore dell’inceneritore (non serve nemmeno più la piscina: gli esercizi per trattenere il fiato sott’acqua, a Sforzacosta si possono fare gratuitamente all’aria aperta!). Chissà che dicono le statistiche sui tumori… (mia zia non sa rispondere, lei è tutta presa solamente dalla cacca di Bobi).

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Se Macerata fosse una città europea (al di là di poter continuare ad essere un capoluogo di provincia), potrebbe adottare il sistema di raccolta che vige in Belgio. Non so se lo sapevate, ma in Belgio la tassa sull’immondizia non esiste: i sacchetti multicolore costano salati, ma quella è la tassa. Cosìcché, chi più produce immondizia più paga. Ci sono posti di raccolta per isolati (non davanti ai portoni, come da noi) e tutto funziona a meraviglia: meno vessazioni per il cittadino, più giustizia nei costi del servizio (chi più fa immondizia più paga) e la bella sensazione di non avere una tassa. La popolazione, certo, è civile davvero e non solo nominalmente. Si evince tuttavia in breve che Macerata non è una città europea, ma pienamente una città italiana.

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Sta venendo su il sole. Fosse l’alba di un nuovo giorno…

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