Negli uffici postali di Sforzacosta, Piediripa e Montecassiano si possono effettuare versamenti in denaro ma non c’è il bagno e quell’altro genere di versamenti bisogna farlo altrove. E’ stata questa, all’inizio, la risibile motivazione della chiusura di queste sedi. Ma davvero si poteva credere che “Poste Italiane” – una delle massime aziende pubbliche nazionali, in totale proprietà del ministero dello sviluppo economico, 14 mila diramazioni periferiche, 150 mila dipendenti – non fosse in grado di sobbarcarsi l’istallazione di tre water e relativi sciacquoni? Un successivo comunicato, infatti, è stato, per così dire, meno esilarante. Eccolo: il taglio si giustifica col fatto che Macerata e Montecassiano hanno sette uffici postali per 43 mila abitanti, mentre ad altre realtà territoriali marchigiane di analoghe dimensioni demografiche, vedi Jesi, ne bastano quattro. Perciò la questione “cessa” di riguardare i “cessi” e ha tutta l’aria di rientrare, magari indirettamente, nel capitolo che va sotto il nome di “spending review”: ridurre la spesa pubblica e, via via, il debito dello Stato.
La “spending review” è un’espressione che quando viene considerata in astratto e su grande scala trova il consenso di una larghissima parte dei cittadini (basta con gli sprechi, basta coi doppioni, si riduca il superfluo, lo Stato faccia un passo indietro!), ma poi, quando dai proclami paraideologici si passa al concreto delle situazioni reali, quegli stessi cittadini che s’indignano per la manica larga dello Stato levano un grido non meno indignato in difesa dei loro sostanziali interessi quotidiani. Come dargli torto, visto che la scomparsa delle poste a Sforzacosta, Piediripa e Montecassiano non può non comportare pesanti disagi per la gente che oggi se ne serve? Ma avrebbero ancor più ragione se per anni non si fossero accodati alla qualunquistica e mugugnante litania di uno Stato parassitario che sperpera risorse, stipendia fannulloni, mantiene attività inutili e pratica il flagello predatorio delle tasse.
Sono vere entrambe le cose, sia che l’Italia ha l’urgenza di una “spending review” sia che quei tre uffici corrispondono a legittime esigenze di migliaia e migliaia di persone. Gli sprechi da eliminare? Probabilmente sono tantissimi, anche se molto meno di quanto non appaia dalla tonante vulgata dell’antipolitica (capita spesso, infatti, che, allorché se ne considera uno, alla fine salta fuori che proprio spreco non è). Resta comunque una contraddizione: per un verso siamo convinti che la presenza “spendacciona” dello Stato nella società vada ridimensionata, ma per l’altro verso, quando lo Stato accenna a stringere la cinghia, scopriamo che quella presenza è essenziale per la soddisfazione di nostri sacrosanti bisogni.
Se 14 mila uffici postali sono troppo costosi per uno Stato ridotto quasi in miseria, è chiaro che chiuderne, qua e là, un certo numero sarebbe un pur piccolo passo nella faticosissima strada del risanamento. Ma quali chiudere? Noi, cioè la cosiddetta gente comune che un’ultradecennale idolatria dell’individualismo ha disabituato a pensare in termini collettivi, ce la caviamo con una stretta di spalle: “Se ne chiudano altri, da qualche altra parte. Ma i nostri no, debbono restare in funzione”. Un fenomeno simile si sta verificando in quel di Fermo, dove l’idea teorica e astratta di abolire le Province avrà di sicuro parecchi proseliti nell’antipolitica e nella stessa politica, ma adesso, di fronte alla probabilità che scompaia la loro Provincia (attenzione: una delle più discutibili d’Italia), si comincia a gridare: “Le altre sì, ma giù le mani da quella di Fermo!”.
A Sforzacosta, Piediripa e Montecassiano – grosso modo quindicimila abitanti – si formano comitati di protesta e si raccolgono firme contro la chiusura. Marco Menchi, consigliere comunale di Macerata, denuncia “l’assurdità sociale ed economica” di eliminare l’ufficio di Sforzacosta la cui utenza va al di là dei confini municipali. Il consigliere regionale Angelo Sciapichetti ha presentato una mozione in cui si chiede al presidente Spacca di intervenire nei confronti del ministro Passera e dell’amministratore delle Poste: “Quest’azienda è in attivo e non è concepibile che persegua un progetto di razionalizzazione destinato a impoverire così duramente i servizi pubblici”. Il sindaco Romano Carancini ha parlato di “esproprio sociale”. I parlamentari Mario Cavallaro e Salvatore Piscitelli hanno rivolto un’interrogazione al ministro Passera. E cortei, blocchi stradali, la minaccia di ritirare libretti e depositi.
Per quanto non sembri, la grande madre globale di questa piccola guerra locale è, sullo sfondo, la disputa socioeconomica d’alta scuola fra coloro che sostengono le teorie “keynesiane” (in soldoni: viva lo Stato!) e coloro che privilegiano il verbo “thatcheriano” o “busciano” (in soldoni: viva il Mercato!). E il governo com’è? Statalista o liberista? Non saprei. A giudicare dai fatti, il suo massimo impegno sta nel far quadrare i conti, come gli impone l’Europa. Quindi è “contista”. E intanto, in bilico sulla testa di tutti, statalisti e liberisti, incombe la ghigliottina della crisi con l’enorme difficoltà di venirne fuori.
Ora, per quel pochissimo che può valere, la mia idea è che la reazione di Sforzacosta, Piediripa e Montecassiano sia giusta e mi auguro che abbia successo. Perché, nonostante inefficienze, sperperi e clientelismi, lo Stato – il “pubblico” – eroga quei servizi fondamentali per la tenuta del consesso civile che le logiche di mercato non sono in grado di garantire. Sarei dunque uno statalista superato dai tempi? Può darsi, anche se penso che lo Stato – meglio: il modo con cui lo si è a lungo gestito – una mano sulla coscienza dovrebbe pur mettersela. Vedo però che la sorte di essere superati dai tempi sta toccando pure agli antistatalisti, la cui tetragona fede nel mercato appare incapace di risolvere i problemi che essa stessa ha creato.
Ma soprattutto vorrei che ci si rendesse conto della gravità e della complessità della situazione italiana, europea e dell’intero Occidente, e la si smettesse di protestare visceralmente contro la presenza del “pubblico” nei rapporti sociali senza considerare – ma poi accorgendosene quando gli auspicatissimi tagli colpiscono noi – che dalla soppressione o dalla riduzione di certi servizi consegue un marcato peggioramento della nostra vita quotidiana.
Morale? Bacchette magiche non le ha nessuno. Né Menchi, né Sciapichetti, né Carancini, né Cavallaro, né Piscitelli, né, purtroppo, Mario Monti. E figuriamoci io, che da tempo mi trovo in totale confusione. Propongo solo una cosa: ragionare, riflettere, valutare i pro e i contro, rifuggire dall’ingannevole mito della botte piena e della moglie ubriaca, evitare i trabocchetti della demagogia, puntare a compromessi il più possibile equi, non lasciarsi prendere dalla suggestione e dall’illusione che basti urlare tutto e il contrario di tutto.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Dunque, i locali dell’Ufficio Postale di Pieridipa, secondo l’ASUR, non sarebbero conformi alle norme di legge, ed è questo uno dei motivi che ha indotto la Direnzione delle Poste a chiuderlo.
Vorrei chiedere all’Asur e alla Direzione delle Poste: ” dove erano quando l’Ufficio è stato trasferito in quell’infelice topaia? Solo dopo dieci anni si sono accorti dell’inadeguatezza dei locali?”
che dire bagno sì bagno no…detto ciò e visto che il problema non riguarda l’argomento wc opterei per la chiusura di qualche altro ufficio in città e non quelli citati ….in quelle zone i quartieri sono cresciuti, la gente ha traslocato da Macerata verso quella che era la periferia ora quella periferia ospita tanta tanta gente…..e in città rimane qualche ufficio di troppo allora o no………….
Per quanto riguarda la chiusura dell’ufficio postale di Pediripa vorrei aggiungere alcune considerazioni:
nel corso degli anni questo Borgo, da piccolo centro agricolo che era, è divenuto il cuore pulsante di Macerata. Senza star a giudicare le colpe o i meriti (ciascuno giudichi da sé) delle varie Amministrazioni che hanno consentito che in quella zona venissero insediate attività di ogni genere (commerciali, artigianali, industriali, amministrative, banche e, tanto per non far mancare niente, anche quartieri residenziali). Dimentichiamo il nuovo insediamento di Valleverde? Piediripa è divenuta il luogo più frequentato di tutto il territorio comunale (e peggio sarà), mentre il Capoluogo si è miseramente rinsecchito su sé stesso. E fra non molto anche un grande magazzino (l’ultimo esistente in centro) “smotterà” a Piediripa.
Per effettuare un versamento (purtroppo alcuni pagamenti possono essere fatti solo alle Poste) gli utenti si dovranno recare a Macerata incrementando il traffico, già adesso insostenibile, e contribuendo all’aumento del’inquinamento (hai voglia a limitare la circolazione per abbattere le polveri sottili!). Da tener presente che il servizio di trasporto pubblico è del tutto inadeguato (pur non avendo l’Apm problemi di bilancio, sembra).
Prendiamo il caso, banale ma esemplificativo, di dover sbrigare una pratica relativa alla patente di guida: da Macerata si scende a Piediripa, si ritira il bollettino postale(prestampato) alla Motorizzazione, si torna a Macerata per effettuare il pagamento, si parcheggia a pagamento (se si trova), si ridiscende a Piediripa per consegnare la ricevuta e si risale in città. Quanto è costato alla collettività tutto questo su e giù in termini di inquinamento, di congestione del traffico, di carburante, di parcheggio e di tempo perso? E pensare che Poste italiane “è capofila del progetto europeo Green-house Gas Reduction Programme” come si legge nel suo sito!
Forse Poste italiane recupererà reddito da queste chiusure annunciate (cerchi invece altrove gli sprechi) ma di sicuro i Cittadini pagheranno care queste scelte. Il Servizio “pubblico” per definizione era a favore del Pubblico mentre adesso si è stravolto il concetto: il Pubblico è a favore del Servizio in quanto questo deve solo trarre profitto dagli Utenti. Tutto ormai è visto in termini di reddito: se non c’è reddito il servizio viene eliminato. Così si chiude la ferrovia (la stazione di Piediripa è già da tempo chiusa, poi pazienza se in giro non si trovano i biglietti del treno e bisogna comprarli a Macerata), l’ufficio postale chiude (fra un po’ forse non passerà più il postino perché troppo costoso consegnare la corrispondenza), l’Apm riduce le corse “perché non rende” e così via.
Vanno bene (benissimo) i tagli agli sprechi, ma almeno i servizi essenziali lasciateli! Se poste italiane tagliasse un po’ le retribuzioni degli alti dirigenti, sai quante ristrutturazioni degli uffici potrebbero sostenere!
Precisazione per il Dott. Liuti: Il primo intervento, in difesa della chiusura degli Uffici Postali di Montecassiano, Piediripa e Sforzacosta è stato l’Ordine del Giorno preparato dal sottoscritto (primo firmatario) insieme ai consiglieri Comunali di Macerata Menghi, Sacchi e Tartabini. Questo documento votato poi all’unanimità si trova già sul tavolo del D.G. POSTE ITALIANE S.p.A. Dott. Sarmi. Dott. Liuti, Niente “Botte piena e moglie ubriaca” I maceratesi sono molto credibili nel credere al risanamento, ma non bisogna approfittare della loro pazienza, niente demagogia, non si può accettare la chiusura di uffici produttivi posizionati in zone popolose del CAPOLUOGO di Provincia. Inoltre vorrei che i politici e Funzionari Statali QUELLI CHE CONTANO avessero dato un segnale togliendo dal loro stipendio e PREVILEGI (sono i più pagati al Mondo) qualcosa da destinare a questo benedetto risanamento economico. E non prendersela con tre uffici postali produttivi, necessari alla gente che lavora in silenzio al servizio vero del Paese. La nostra lotta continua. Ivano Tacconi capo gruppo Udc Comune di Macerata