Macerata e la Lube,
una partita di finale?

Basta con le polemiche, ci vuole un pareggio. Il passato, il presente, le convenienze reciproche
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liuti-giancarlodi Giancarlo Liuti

Quando, nel 1984, il Comune di Macerata decise di costruire una “palestra polifunzionale” in contrada Fontescodella l’intenzione era di farvi praticare, al coperto e a livello locale, anche quegli sport di squadra che come la pallacanestro e la pallavolo si adattano a spazi relativamente ristretti. Si dirà che quell’impianto nacque un po’ gracile, sia per l’altezza che per la capacità di contenere spettatori. Vero. Ma ciò rientrava nella tradizione tutta maceratese di far le cose all’insegna di quell’aurea mediocrità che risponde al principio del passo secondo la gamba. Bisogna pur dire però che prevedervi, allora, competizioni di rango nazionale e addirittura internazionale era da fantascienza. Un progetto più ambizioso fu realizzato in via Cioci per il baseball e il softball, ma con esiti che, visti oggi, non corrispondono del tutto a quelle aspettative. E questo perché nello sport professionistico o semiprofessionistico non contano solo gli impianti ma soprattutto i destini delle società che li utilizzano. Destini mutevoli, legati ad altalenanti vicende finanziarie e dirigenziali.

 

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Gli spalti del Fontescodella durante una recente partita della Lube

Andiamo avanti. Nel 1990 l’azienda “Cucine Lube” di Passo di Treia creò, per legittimi fini promozionali, la società “Lube Volley” (in questo sport, e nel basket, le migliori squadre portano tutte nomi di imprese industriali o commerciali), la quale, siccome l’unico impianto disponibile nel suo raggio d’azione era la “palestra polifunzionale” di Macerata e siccome il costo di farsene uno suo nella zona treiese sarebbe stato eccessivo, cominciò, secondo logica, a svolgere la propria attività a Fontescodella, in una sede del tutto confacente alla situazione iniziale. Ma era ovvio che le intenzioni – promozionali, ripeto – puntassero in alto, molto più in alto. E, per merito della casa madre e dei suoi dirigenti sportivi, in alto ci arrivarono presto. Con vittorie a catena, rapidi salti nelle serie superiori, ingaggi di campioni e prestigio in Europa, la Lube raggiunse – anzi, superò – la soglia, diciamo così, della fantascienza.

 

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La tifoseria della Lube

Intanto la squadra aveva preso il nome di “Lube Macerata”, a conferma dei suddetti scopi promozionali e come riconoscimento della città ospitante. Tutto regolare. E che Macerata non fosse insensibile ai vantaggi d’immagine recatile dalla notorietà della Lube lo dimostrarono i successivi lavori di ampliamento del “palazzetto” (non si parlò più di un’anonima “palestra polifunzionale”) e l’attribuzione alla Lube dell’uso esclusivo dell’impianto e infine della sua gestione diretta. In un certo senso, anche se motivata da convenienze reciproche, fu una cessione di sovranità da parte del Comune. Butto là una domanda: cosa accadrebbe, oggi, se una qualsiasi impresa produttiva di Macerata si dotasse di una valida squadra di pallacanestro, la lanciasse nei campionati ufficiali e chiedesse di usare, per allenamenti e partite, l’impianto di Fontescodella?

Da questa sommaria narrazione dei fatti passati emerge la diversità sostanziale e formale dei soggetti che si confrontano: da una parte il Comune, che è un ente pubblico e ha i suoi doveri, dall’altra la Lube, che è un’azienda privata e ha i suoi interessi. Inconciliabili? No, come ora vedremo, perché i valori etici e gli effetti sociali dello sport meritano, ovunque, l’attenzione e il favore dei pubblici poteri. Ma, ripeto, i soggetti in campo sono diversi. E tali, in ogni caso, rimangono.

 

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Il sindaco Carancini esulta sugli spalti del Fontescodella

Veniamo ora ai fatti presenti.

1) Questa squadra è ormai entrata nel cuore degli sportivi maceratesi. Essi le sono affezionati e in uno sport che dopo il calcio e il basket è il terzo, in Italia, per seguito popolare, la considerano portabandiera della loro città.

2) A ventidue anni dalla sua nascita la Lube Macerata vanta all’attivo uno scudetto tricolore, sei trofei nazionali, quattro internazionali e anche stavolta è in corsa per il titolo italiano (tanto di cappello, quindi, e non si può negare che Macerata ne tragga, di riflesso, qualche giovamento).

3) A ventisei anni dalla sua inaugurazione il “palazzetto” di Fontescodella ha dimensioni assolutamente inadeguate – in primis per i posti a sedere – rispetto al rilievo delle competizioni che vi si disputano, tanto che la Lega del volley è sul punto di irrogare sanzioni e la stessa Lube è costretta a giocare altrove le sue gare più importanti.

4) Macerata deve tener conto del suo ruolo di capoluogo di provincia, per cui non ha senso che, com’è accaduto, sere fa, in consiglio comunale, si alzino voci di campanile quasi a dire “noi siamo Macerata e di Treia ce ne freghiamo”. Per analoghe ragioni la Lube non può ignorare che l’uso del “palazzetto” non le deriva, a priori, da alcun obbligo istituzionale del Comune maceratese, ed è perlomeno singolare che dai vertici della società sia stato detto: “Non daremo un euro per l’ampliamento del Fontescodella, perché la Lube è di Treia e l’ampliamento è compito di Macerata”.

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21 maggio 2006 - La Lube si laurea campione d'Italia dopo aver battuto la Sisley Treviso nella storica finale di Pesaro

5) La crisi economica, che falcidia le risorse del Comune e pesantemente ne limita la capacità di realizzare opere pubbliche. Una crisi che, forse, induce pure il gruppo industriale Lube a tener d’occhio i propri bilanci, se non altro per la stasi, non solo in Italia, dell’edilizia (se si costruiscono meno case, si vendono meno cucine).

L’attuale problema, cioè l’ampliamento del “palazzetto”, non può prescindere da tutti questi fatti messi insieme. E’ un problema complicato? Abbastanza, sia per Macerata che per la Lube. E’ risolvibile? Sì, a certe condizioni. Ma purtroppo lo sta incancrenendo il rimettere in ballo l’annosa e vicendevole litania delle incomprensioni, delle promesse non mantenute, delle pretese eccessive, dei ritardi nel rilancio del centro fiere di Villa Potenza e delle mediocri polemiche a sfondo politico (Macerata continua ad essere retta dal centrosinistra, mentre la Lube se l’è presa il centrodestra). Il tutto esasperato dagli umori viscerali dei tifosi e in particolare dei “tifosi politici” (per Macerata, secondo qualcuno del Pdl, ospitare la Lube sarebbe ben più di un’ottima opportunità, sarebbe addirittura un “onore”).

Risolvibile, dicevo. Purché si cerchi di farlo da gente che ragiona. Non col cuore in fiamme degli ultras, né con l’antistorico e paesano egoismo dei campanilisti. E si eviti la cavillosa e astiosa puntigliosità dei documenti, delle delibere, delle lettere, delle parole dette o non dette, delle voci interpretate bene o interpretate male. Tramontata, per ragioni oggi economiche, l’ipotesi di un “palazzone” a Villa Potenza, resta quella di portare a 3.500 posti il “palazzetto” di Fontescodella, il che risolverebbe la questione con la Lega e farebbe crescere, per la Lube, gli incassi delle partite. Il progetto, per grandi linee, c’è. Anzi, pare che i tecnici comunali ne abbiano elaborati ben quattro. Quanto costerebbero? Si andrebbe da un minimo di 700 mila euro a un massimo di quattro milioni, con una capienza che salirebbe a 3.300 o a 4.100 spettatori. Il Comune, da solo, non ce la farebbe in assoluto. E ancor meno ce la farebbe se nella scala delle priorità considerasse, com’è suo dovere, altre esigenze di maggiore interesse pubblico (tanto di cappello, intendiamoci, allo straordinario palmares della Lube, ma, via, il parcheggio di Rampa Zara e il collegamento Mattei-Pieve vengono prima).

Allora? Il Comune ci metta quello che può, a cominciare dalla buona volontà. La Provincia, dal canto suo, non si tiri fuori. La Banca Marche, sponsor da sempre, non stringa la borsa. La Lube faccia ogni possibile sforzo, anche di moderazione verbale. La Lega sia meno fiscale. E se ne discuta. Apertamente, lealmente, senza riserve mentali, abbandonando, sia a Macerata che a Treia, le dispute sulle ragioni e sui torti, i toni apocalittici, le minacce e i ricatti, il che può soddisfare l’orgoglio – o l’arroganza – di singole persone ma produce un solo risultato: complicare, rimandare, bloccare.

Se invece – mi auguro di no – continueranno a prevalere posizioni per così dire oltranziste, ad esempio quelle che, gira gira, addebitano al Comune tutte le responsabilità, tutti i doveri e tutti gli impegni (e qui, se non bastasse, c’è di mezzo la solita storia dello scollamento fra il sindaco e la sua maggioranza), allora Macerata e la Lube perderebbero l’occasione di compiere un passo avanti a favore di entrambe. Questa, in fondo, è una partita. Forse una finale. E il risultato che conviene di più alle due squadre è un onesto pareggio. Sfidiamo pure l’etica dello sport, ma stavolta ci vuole una “combine”.



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