Quando la vita non conta più nulla

In aumento il livello di violenza negli atti criminali

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La villa di Recanati teatro della tragedia (foto Picchio)

di Giuseppe Bommarito*

In un brevissimo arco di tempo, in questo inverno che ricorderemo soprattutto per il gelo e la neve caduta in grande abbondanza, tre terribili fatti di cronaca nera hanno profondamente scosso l’opinione pubblica della provincia di Macerata.
A fine dicembre, proprio sotto Natale, si comincia con la rapina in villa a Recanati e con la tragica morte di uno dei rapinatori albanesi rimasto steso a terra con un proiettile in fronte. Passa poco più di un mese ed ecco piombare su tutti noi, increduli e attoniti, il bestiale omicidio di Porto Potenza Picena ai danni della giovane ballerina romena Andreea Christina Marin. Infine, a distanza di pochissimi giorni, senza neanche il tempo di riprendere fiato, l’assalto all’alba in superstrada al furgone portavalori, conclusosi con un nulla di fatto nonostante il grande spiegamento di forze e di attrezzature dei banditi, che però non hanno esitato a sparare una raffica di colpi all’impazzata contro l’abitacolo nella piena consapevolezza delle guardie giurate che erano all’interno.
Episodi criminali indubbiamente di diversa matrice (criminalità comune dedita ai reati predatori nel primo caso; balordi senza testa nella vicenda della povera ragazza uccisa senza pietà in spiaggia; probabilmente un gruppo di criminalità organizzata in trasferta nelle Marche nella vicenda del portavalori bloccato in superstrada), ma tutti caratterizzati con certezza da un livello di violenza senza limiti, che già in partenza metteva nel conto la possibile perdita di vite umane, in due casi su tre poi in effetti verificatasi.

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Uno scatto dell'assalto al portavalori (Foto Picchio)

Riflettiamo un attimo sulle singole vicende. A Recanati, i criminali albanesi che stavano cercando di entrare a tutti i costi nella dependance di Stefano Terrucidoro, pur sapendo con certezza della sua presenza e del fatto che lo stesso fosse armato, avevano di sicuro preventivato uno scontro a fuoco con la vittima della rapina. La dinamica dell’aggressione non lascia dubbi al riguardo. Se i banditi fossero riusciti a sfondare la porta del piccolo alloggio di servizio e ad entrare, se Terrucidoro non fosse stato costretto in preda all’angoscia a sparare nel buio in direzione degli assalitori colpendone uno in volto e mettendo in fuga gli altri, per lui probabilmente non ci sarebbe stato scampo. Il suo destino, alla luce di tanta feroce determinatezza, appariva ormai segnato.
Analoga volontà omicida si è palesata sulla spiaggia di Porto Potenza Picena, nella terrificante notte in cui la giovane Andreea Christina è stata raggiunta da decine di violentissime sprangate sulla testa inferte contemporaneamente da ben tre assassini, oltre che da calci e pugni in varie parti del corpo. Per lei, purtroppo, come sappiamo, la vita terrena è cessata in quei terribili momenti, e non poteva essere diversamente in considerazione della brutalità e del numero dei colpi ricevuti. Difficile pensare ad un possibile esito diverso, anche se i colpevoli stanno ora cercando di sostenere con scarsa credibilità la tesi della spedizione punitiva sfuggita di mano e finita male, oltre le loro effettive intenzioni.
Nel caso dell’assalto in superstrada i banditi, questa volta tutti italiani (come nel caso di Porto Potenza), hanno sparato senza esitazione, e certamente non solo per intimidire ma per uccidere, decine di colpi verso l’abitacolo, lato guida e lato passeggeri del furgone portavalori. Questa volta il morto (anzi, i morti, visto che sul mezzo della Fitist Security c’erano tre vigilantes) non c’è stato solo perché il mezzo era presumibilmente blindato e perché le guardie giurate che erano a bordo hanno avuto il sangue freddo di fingersi già passate a miglior vita o comunque gravemente ferite e ormai prive di sensi e incapaci della benché minima reazione. Rimane tuttavia la certezza che quella mattina solo un miracolo ha evitato una strage.
Al di là delle differenze che caratterizzano queste tre storie di efferata delinquenza, il loro denominatore comune appare pertanto essere una spietatezza criminale senza limiti e sempre più incontrollata, che non dà alcun valore alla vita umana, quella delle vittime ed anche la propria, ed evidenzia senza ombra di dubbio l’aumentato livello di aggressività e di pericolosità della malavita comune o organizzata che opera anche nella nostra provincia. E non si tratta di mera percezione, amplificata dai giornali e dalle televisioni locali. No, purtroppo stiamo parlando di indiscutibili dati di fatto, registrati anche nelle parole del Procuratore Generale della Corte di Appello di Ancona in occasione della recente inaugurazione dell’anno giudiziario.

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L'omicidio di Porto Potenza Picena

Assistiamo infatti ormai da tempo anche dalle nostre parti ad una palese escalation in termini di pesantezza e di conseguenze dei reati predatori e contro la persona. Le percosse (per banali liti o per avvertimenti intimidatori) spesso diventano veri e propri pestaggi a sangue; i furti quasi sempre assumono la sostanza delle rapine (nel senso che i malavitosi entrano nelle case e nelle ville – ormai obiettivi privilegiati, visto che le banche hanno quasi dappertutto affinato i sistemi di vigilanza e di protezione – anche nella risaputa presenza dei proprietari); le stesse rapine quasi sempre sono a mano armata e quasi sempre una violenza bruta e incontrollata si riversa sulle vittime, nonostante la loro forzata e diligente collaborazione; gli omicidi nell’ultimo anno e mezzo hanno registrato in tutta la regione, ma specialmente nella provincia di Macerata, un’impennata spaventosa mai registrata in precedenza.
Il Procuratore Generale Vincenzo Macrì ha parlato, a proposito di questa apparentemente inarrestabile escalation di sangue e di furia criminale, di “anno nero”, di un fenomeno “espressione del disagio sociale e del degrado morale e culturale”. Ed ha sicuramente ragione, perché la violenza non fa parte del codice genetico delle persone, ma si impone gradualmente in particolari ambienti e in determinati contesti (non solo criminali, ma in questi con maggiore rischiosità) quando viene meno il rispetto per la vita propria e per quella degli altri, quando i freni inibitori si allentano per la potenza chimica dell’alcol e della droga, quando la ridotta lucidità comprime l’autoconsapevolezza e la capacità di valutare le conseguenze dei propri gesti, quando la grave crisi economica spinge qualcuno a scegliere la via sbagliata delle scorciatoie, anche quelle più insensate e portatrici di guai e di dolore.

* Giuseppe Bommarito

Presidente onlus “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”



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