La salata e i riti magici del norcino

Viaggio nella tradizione della preparazione e confezione dei prodotti del maiale
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Serralta – Tavoloni e Riganelli tra i garzoni

di Gabor Bonifazi

Come il macellaio prepara per le nostre necessità alimentari i diversi tagli di carne dagli animali macellati, così il norcino è un macellaio specializzato nella preparazione e confezione dei prodotti del maiale. Nel suo mestiere sono necessarie la pulizia e la precisione. Anche la divisione o il taglio di grandi porzioni in pezzi sempre più piccoli e la preparazione dei salami deve avvenire in maniera pulita, con una certa abilità e destrezza. Un norcino abile deve conoscere molto bene il fisico, lo stato di salute, il valore e il peso del maiale. Una volta la carne veniva affumicata per la conservazione, oppure preparata sotto forma di salami, salsicce, prosciutti, lonze, pancette e coppa.

Un rito magico quello del norcino, così chiamato perché la tradizione vuole che i migliori di Roma provenissero da Norcia. Un rito praticato ancora con utensili, droghe e involucri primordiali: coltello squartatore e mannaia, stadera e mortaio e pistello, imbuto e tritacarne, sale e pepe, aglio e noce moscata, pinoli e bucce d’arancia, uvetta e pistacchio, budello gentile e tascone. Quest’ultimo serve per insaccare la coppa, il risultato di diverse ore di bollitura in un paiolo di rame di cotenne e ossa, da cui verranno spolpati brandelli di carne. Nonostante l’avanzata dei cibi transgenici sorbiti nei vari fast food, la preparazione dei derivati del maiale o pista è ancora molto praticata dalle nostre parti e rappresenta una festa. Il periodo migliore per la macellazione del maiale è compreso tra la fine di dicembre e i primi di gennaio, deve fare freddo, meglio se nevica.

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Salumificio Valnerina

Naturalmente “la festa” del maiale era legata alla tradizionale “Pasquella di Natale”, praticata da festaioli burloni che andavano questuando per le case la salsiccia fresca, supplicando o seducendo la vergara con canzoni composte da eufemistici ritornelli dal significato erotico. Alla fine costarelle e vino nuovo servivano alla brigata per una cena a base di grasso e magro.

A Macerata il gran cerimoniere del gruppo di stornellatori de “Le fosse” era il pittoresco Ciribacco, mentre da alcuni anni il tradizionale “Canto della pasquella” è stato recuperato con un certo successo dalla Pro Loco di Piediripa che ha annunciato l’uscita festosa per i giorni 28 e 29 dicembre.  

La pista, in tempi di autarchia, doveva durare tutto l’anno e, quando non c’erano i congelatori, si praticavano diversi sistemi di conservazione. Sotto sale le bistecche e i prosciutti, sotto cenere o sott’olio i salami e le salsicce, mentre la coppa e i cotechini venivano utilizzati subito e il lardo veniva appeso o ridotto in strutto o ancora trasformato in sapone. Tutto ciò avveniva naturalmente prima della dieta mediterranea e della scoperta dei trigligeridi e del colesterolo, i cui livelli tanto terrorizzano i salutisti.

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Sanseverino – La premiata Macelleria Massi

Anche noi, dopo aver visto norcini esperti quali Pietro Tavoloni, il maestro di mannaia Giovanni Riganelli e il garzone Elio spezzare e salare, macinare e miscelare, insaccare e legare con lo spago, molto presto potremmo gustare la coppa e i salami morbidi o ciauscoli ricavati dalla “salata” lavorata nelle campagne di San Severino, nel laboratorio dell’ultima famiglia patriarcale del maceratese: i Tavoloni di Serralta. Poi a Pasqua, una volta attraversato il pericolante ponte di legno sul Fosso Grande, si potranno assaggiare i salami con i lardelli tipo Fabriano, a maggio le lonze e a settembre, quando l’uva è fatta e i fichi pendono, il prosciutto dell’anno scorso.

Naturalmente durante l’ultimo mese il maiale deve essere nutrito con la ghianda, poi quando è grasso al punto giusto va sgozzato, squartato, scotennato, diviso in parti anatomiche omogenee, disossato, tagliuzzato grossolanamente, tritato, insaccato con prodotti naturali, conservato in ambienti appropriati e governato con amore fino alla giusta stagionatura, altrimenti si corre il rischio che parte della salata, vanto ed orgoglio della premiata ditta, irrancidisca.

Il ciauscolo meriterebbe un discorso a parte anche perché a gusto mio e “de gustibus non disputandum est”, al di là dei vari disciplinari, il migliore è quello confezionato da Sandro Massi a San Severino mentre, per quanto riguarda l’insaccato di fegato, quello di Faustino Dibiagi a Caldarola.

 

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Caldarola – Pasquale e il garzone Faustino

Poca gente equivale a pochi voti. Credo sia questa una delle ragioni per cui l’entroterra è sempre più abbandonato dalle Istituzioni: sembra infatti esserci più interesse per gli animali che per i cristiani. A dire il vero, nel 2004 fece eccezione la Camera di commercio industria artigianato che, in sinergia (come si abusa dire) con la Fondazione Carima, organizzò una bella manifestazione tesa alla valorizzazione della montagna attraverso il maiale e i suoi prodotti: Porkè. A Visso, in via Forcellini, trasformata per l’occasione in Porcellini, vennero allestiti simpatici stand che facevano bella mostra dei vari insaccati prodotti dai norcini della montagna. Per fortuna, la gente di montagna è abituata a sopravvivere con una certa saggezza alle forze della natura (neve e terremoti) e alle calamità umane (Iva, registratore di cassa, centri commerciali eccetera), non a caso si dice “scarpe grosse, cervello fino”. Ad esempio a Piè Casavecchia i fratelli Pompei hanno illuminato il Natale allestendo un piccolo presepe nel vecchio box della stazione di servizio. Il titolare del salumificio Valnerina, nella frazione di Ponte Chiusita al confine della  provincia, qualche anno fa appese agli alberi simpatici simil ciabuscoli per promuovere i suoi insaccati. La scena era di grande impatto e non poteva che stupire l’automobilista che percorreva la panoramica che costeggia il fiume Nera, quasi come d’incanto si trovava in presenza di vari alberi della cuccagna o nel paese delle meraviglie. Forse  altri, visto che siamo nel parco dei Sibillini, avrebbero preferito vedere altre specie arboree: una piantagione di alberi degli zoccoli.

 

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Montecavallo – Otello Testiccioli

Comunque la curiosità viene da Monte Cavallo dove è molto attivo il ragionier Otello Testiccioli, il simpatico norcino, fino al 2002 direttore della filiale di Camerino della locale Cassa Rurale. Egli infatti fin da piccolo ha appreso dal padre autotrasportatore il mestiere e la passione del fare la salata. Egli sa come dividere e trattare le carni del suino, come macinarle, come salarle, come insaccarle, come stagionarle all’aria, conservarle in grotta e come certificarne la qualità anche senza un burocratico disciplinare. Testiccioli è conosciuto ovunque per i morbidi ciabuscoli, per i deliziosi lardellati, per le squisite lonze e lonzini, per i prosciutti e soprattutto per i guanciali che scarnisce, scontorna e scolpisce con assestati colpi di coltello a lama larga. Ma credo che in pochi sanno che nel suo alimentari, tra la cabina telefonica e il macinino, tra patate e lenticchie tipiche del luogo, si può trovare anche il cotechino e uno speciale zampone. Qualche giorno fa l’abbiamo sorpreso nel suo laboratorio mentre, dopo aver tritato parti di spalla, guanciale e cotiche, rivoltava come un calzino, è proprio il caso di dirlo, gli involucri provenienti da zampe anteriori del maiale per poi riempirle e sigillarle con un filo speciale. La scena non poteva che proiettarci all’ultimo dell’anno, quando lenticchie e uva secca sono cibi serviti come soldi, che vanno contati come auspicio di un anno fortunato. Naturalmente i cibi della tradizione come lenticchie e zampone o il rito della salata rimandano anche alla Befana per via della calza e alla pasquella.

E chissà che tra pecore e suini non ritornino anche i cavalli, immagine simbolo e logo del paesino di montagna dove nidificano le aquile che, come si sa, simboleggiano l’audacia.

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Serralta – Pietro Tavoloni tra i garzoni

 

 



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