I farmacisti maceratesi e il Decreto Salva l’Italia: “Persa un’occasione di rinnovamento”

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Luciano Diomedi, presidente dell'ordine dei farmacisti

Decreto “Salva Italia”,  l’Ordine dei Farmacisti di Macerata esprime rammarico per un’occasione persa di rinnovamento del sistema farmaceutico e professionale.

“Ci aspettavamo – afferma il presidente Luciano Diomedi – ben altri tipi di liberalizzazioni che servono al Paese e al sistema. La vera liberalizzazione è quella di aprire più farmacie”.

Ne è sicuro il massimo esponente dei farmacisti della provincia di Macerata, nonché delegato Fofi delle Marche. “Nella prima bozza del Decreto – spiega – era stata inserita (poi immediatamente soppressa) la norma che consentiva l’abbassamento del quorum per l’apertura di una farmacia a 4000 abitanti e che prevedeva un concorso straordinario dopo 120 giorni, per soli titoli, rivolto a farmacisti non titolari (quindi anche parafarmacisti) e farmacisti cosiddetti rurali. Questo articolo di legge permetteva di aprire nella sola provincia di Macerata ben 12 farmacie in più su un totale di circa 100 già dislocate sul territorio. Ciò significava un servizio più capillare per il cittadino, maggiore concorrenza, nuovi sbocchi professionali per i colleghi”.

Diomedi invece si dice scettico sull’apertura alla vendita dei medicinali di fascia C nelle parafarmacie in città con oltre 15.000 abitanti. “Questa distinzione sugli abitanti – sottolinea il presidente – mi porta a considerare che l’indirizzo preso si avvicini più a un principio di mercato e di carrello (vedi grande distribuzione) piuttosto che alla tutela del cittadino e all’effettivo bene della collettività. Occorre ricordare che il mercato del farmaco non è espandibile e il modello di assistenza farmaceutica futuro non può essere affidato al controllo delle grandi catene commerciali. Se lo sviluppo è questo, allora perché un collega parafarmacista che opera a Montecosaro o Belforte del Chienti non può dispensare medicinali di fascia C mentre a pochi chilometri da lui (vedi Civitanova Marche e Tolentino) c’è chi viene autorizzato? Perché tutti i cittadini che risiedono nei Comuni al di sotto dei 15.000 abitanti non potranno godere degli effetti della concorrenza? Essi verrebbero trattati diversamente da quelli che risiedono in Comuni più grandi in violazione dell’articolo 3 della Costituzione. Lo stesso discorso vale per le farmacie: questa diseguaglianza di concorrenza si traduce solo in questioni economiche, non etiche, e sposta il concetto di farmaco a puro interesse di mercato e non a un bene per la salute.  Insomma, un bel pasticcio! La speranza è che ci sia un ripensamento da parte del Governo. Sono ancora convinto che la strada del riordino passi attraverso l’apertura di nuove farmacie, con maggiore capillarità, più occupazione con dotazione prefissata e tutele contrattuali, più opportunità per i giovani con la progressione in carriera e competizione professionale, più presenza oraria al servizio delle persone e garanzie di servizio nei piccoli Comuni; meno burocrazia nelle procedure concorsuali, meno vincoli amministrativi e nuova remunerazione dell’atto professionale”.



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