di Giuseppe Bommarito *
Aumentano anche in provincia le famigliole che coralmente e solidalmente si dedicano allo spaccio di droga, come attività “lavorativa” primaria o come secondo “lavoro”. Poche settimane fa a Urbisaglia i carabinieri hanno arrestato moglie e marito, entrambi albanesi, perfettamente integrati, come i loro figli, e serenamente dediti allo spaccio di cocaina, traditi dal tenore di vita un po’ eccessivo per dei soggetti ufficialmente disoccupati. Nei pressi della loro abitazione, oltre alla droga, purissima e in discreta quantità, anche l’occorrente per confezionare le singole dosi, ben cinque telefonini (per abbattere il rischio delle intercettazioni) e un piccolo tesoretto, frutto dei risparmi di una vita familiare così coscienziosa: circa 30.000 euro.
Il giorno dopo la stessa sorte è toccata ad un’altra allegra e operosa coppia di Recanati, lei italiana e lui tunisino, che “lavoravano” prevalentemente nella fascia costiera maceratese spacciando eroina e mettendo così in pratica, in questo campo, la regola aurea delle sinergie familiari: siccome nelle città di mare c’è tanta bella gioventù, oggi io mi piazzo nei giardinetti di Civitanova, tu invece vai sul lungomare di Porto Recanati; domani, sempre dividendoci il lavoro, copriamo anche Porto Potenza e magari pure Porto Sant’Elpidio. Il servizio deve essere completo, e zone così interessanti non possono essere lasciate alla concorrenza, che – ormai si sa – sbuca da tutte le parti!
Accanto a chi sulla droga imposta totalmente l’economia familiare, c’è anche chi, più modestamente, si limita ad arrotondare lo stipendio, dedicandosi nei ritagli di tempo, come secondo “lavoro”, alla cessione ed allo spaccio di sostanze stupefacenti. Pure in tal caso la cronaca locale, anche recentissima, fornisce casi emblematici: l’insospettabile imprenditore edile arrestato qualche giorno fa a Fermo, che, tra una ristrutturazione e un’altra, trovava il tempo di piazzare nel fermano e nel maceratese qualche panetto di coca e di hashish. Oppure l’ancora più insospettabile impiegato comunale di San Benedetto del Tronto, il classico bravo ragazzo, diligente, silenzioso, affidabile, efficiente nel disbrigare le pratiche del Settore Ragioneria a lui affidate, anche lui ammanettato per detenzione e spaccio di droga pochissimi giorni fa, lasciando di stucco non solo i familiari, ma anche il Sindaco e l’intera Giunta.
Vicende che ulteriormente comprovano quanto sia grave, nella nostra provincia (l’isola felice che non c’è) e nelle Marche, il problema del traffico, della cessione e dello spaccio di sostanze stupefacenti e quanto sia elevato il livello di impunità di chi commercia con la droga. Anche dalle nostre parti, infatti, gli arresti di spacciatori e trafficanti si susseguono, così come i sequestri di partite di droga, ma i dati ufficiali purtroppo parlano chiaro: solo il 10% della droga presente in provincia (dato assolutamente conforme a quello nazionale) viene intercettato dalle forze dell’ordine. Il resto circola indisturbato ad opera di tanti, troppi, trafficanti e spacciatori di vario livello, impuniti e arroganti, mettendo in grave pericolo la vita e la salute fisica e mentale dei consumatori (in grandissima parte giovani e adolescenti) e, al contempo, arricchendo chi si dedica ad un così lucroso commercio: come unanimemente riconosciuto, la droga è l’affare criminale per eccellenza, quello che consente i profitti illeciti più rapidi e più smisurati, e ciò vale, fatte ovviamente le debite proporzioni, per tutti i passaggi della “filiera” delle sostanze stupefacenti.
Ecco perché, arrestato uno spacciatore, ce ne sono almeno altri tre o quattro che sgomitano per prendere il suo posto ed entrare nel giro, e che a tal fine presentano a chi di dovere le proprie credenziali pur di ottenere qualche dose da piazzare.
La vera caccia, pure nella nostra provincia, non solo da parte delle forze dell’ordine, ma anche da parte di chi fa lo sporco mestiere di vendere la droga (sia italiani che extracomunitari), è però quella al “panetto”, di cannabis, di cocaina e di eroina. E’ infatti il panetto, involucro di cellophane confezionato sottovuoto con una apposita attrezzatura e contenente sostanze stupefacenti, con un peso che varia dai 100-150 grammi sino anche, in certi casi, ad un chilo, quello che consente di fare il salto di qualità nello status criminale: da spacciatori al dettaglio a spacciatori all’ingrosso. E’ il panetto che minimizza i rischi (perché viene quasi sempre ceduto per intero, eliminando, per chi spaccia, il rischio dell’attività di cessione di singole dosi per strada, a domicilio dei richiedenti o in certi esercizi pubblici) ed aumenta i guadagni, in quanto viene di solito piazzato con un ricarico consistente (e a volte avvengono anche due o tre passaggi dello stesso panetto, ogni volta con qualche aumento di prezzo, prima del definitivo confezionamento delle singole dosi). E’ il panetto, per chi sta ad un certo livello nel giro e finisce per conoscere bene le persone giuste, che consente di acquisire la droga pagando il prezzo, per intero o parzialmente, solo in un secondo tempo, senza nemmeno il fastidio di dover anticipare il relativo importo (il classico credito al consumo). E’ il panetto, per chi ha già in mente di cambiare aria, che meglio consente le cessioni “taroccate”, quelle in cui si ottiene dallo spacciatore di rango inferiore e poco esperto il prezzo di mercato (in questi casi, ovviamente, non si fa credito), ma la sostanza pura è presente solo in superficie, mentre per il resto è largamente tagliata con le sostanze più assurde, con un aumento esponenziale non solo del guadagno illecito, ma anche dei già gravissimi rischi dei consumatori.
All’ultimo degli spacciatori all’ingrosso tocca, alla fine, predisporre le singole dosi, da cedere già confezionate a chi poi entrerà in contatto diretto con i consumatori. Qui serve un piccolo laboratorio. Per il confezionamento delle dosi occorrono, infatti, oltre alla droga vera e propria e alle sostanze da taglio, un tritaerba per tranciare la marijuana e renderla pronta all’uso, frullatori per miscelare la droga con sostanze da taglio, bilancini di precisione, capsule per la cocaina, bustine di cellophane e macchinette per l’impacchettamento sottovuoto delle singole dosi.
Per lo spaccio al dettaglio, oltre agli extracomunitari di fresco arrivo in zona (in genere, albanesi, nordafricani e nigeriani), vengono utilizzati anche ragazzi italiani, scelti tra i più giovani, che generalmente iniziano incoscientemente a spacciare per pagarsi le dosi, quasi pensando di giocare a guardie e ladri, ma poi ci prendono gusto, perchè con quei soldi facili, che puzzano di morte, ci si possono pagano le ricariche telefoniche, gli ultimi modelli dei cellulari, qualche capo griffato, qualche vacanza. Ben presto anche loro imparano i trucchi del mestiere: cambiare spesso il numero di cellulare; adottare un linguaggio criptato nei dialoghi telefonici o in quelli su facebook; nel fare le consegne, mai portare addosso più di due o tre dosi, perché così, se fermati, si potrà sempre dire che sono per uso personale; effettuare le consegne sempre in luoghi diversi, per non dare nell’occhio; non nascondere mai a casa le dosi residue da piazzare (perché la perquisizione domiciliare, quando si viene beccati, è d’obbligo, e l’esito negativo della stessa consentirà di tranquillizzare i genitori terrorizzati, dicendo loro che si è trattato solo di un uso personale del tutto occasionale, giusto per fare un’esperienza nuova); informarsi presso i propri compagni o amici extracomunitari se, per caso, conoscono qualcuno che, anziché quelle dieci, quindici dosi per volta, potesse cedere loro qualcosina di più, almeno venti o trenta dosi, possibilmente di sostanze diverse, magari un panetto…
Non rivelo niente di nuovo, perché le istruzioni per il confezionamento delle dosi e per lo spaccio al minuto viaggiano ampiamente nel passaparola, su internet, nei social network. Si parla di queste cose tra ragazzi come se, anziché discutere di solidarietà criminale, di droga e di morte, si conversasse amabilmente delle prime esperienze lavorative nel mondo del commercio e dei servizi.
E così diversi ragazzini e adolescenti, appena usciti dalle parrocchie e dall’ala protettiva delle famiglie, vengono a poco a poco risucchiati nell’industria della droga, “che distrugge i giovani (n.d..a.: sia quelli che spacciano che quelli che consumano), distrugge le famiglie, porta alla violenza e minaccia il futuro di intere generazioni” (Benedetto XVI°, Luce del Mondo, 2010, pag. 94).
* Avvocato e Presidente dell’Associazione onlus “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza)
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Nei prossimi giorni partirà il forum sui vari argomenti trattati negli interventi dell’avvocato Bommarito che risponderà alle domande dei lettori entrando nel vivo del dibattito.
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E purtroppo di questo problema i nostri politici Provinciali non si interessano perniente.Tra i vari punti programmatici dei vari candidati mi sembra che non si parli di risolvere i problemi legati alla droga.Se sbaglio qualcuno mi corregga.
Continua la campagna di (dis)informazione sulle droghe e i giovani a Macerata.
L’articolo è pieno di luoghi comuni e di descrizioni di situazioni che fanno capire chiaramente che l’autore non ha altro che una vaga idea di quello che succede veramente nel mondo che descrive.
Dopo il “bronx” in Corso Garibaldi (ma dove? ma siete mai usciti fuori da macerata? lo sapete cos’è il vero degrado?) arriva il “Tritaerba” venduto rigorosamente assieme a “capsule” per la cocaina!!!!
Ma su che siti si è informato avvocà?
Caro Kenij,
‘sto giro ti dice proprio male: l’amico Giuseppe Bommarito è uno che porta inciso nella carne il dolore provocato da questa malapianta che è l’indifferenza (o la minimizzazione, come fai tu, di un “lavoro” che poggia sulla morte altrui).
Sinceramente provo un grande imbarazzo per la gaffe che hai preso attaccando l’avvocato, come lo chiami tu, su questo argomento. E mi domando, al contempo, in quale giardino incantato vivi tu per non accorgerti di quanto sia diffusa e ai livelli cittadini più insospettabili questa piaga della nostra generazione. O forse te ne accorgi e non ti piace che se ne accorgano anche altri. Forse lo pseudonimo ti serve proprio per confondere le acque – su quel che circola infamemente a danno dei più indifesi -, o forse finanche su di te che magari questo secondo lavoro lo pratichi con soddisfazione. Mi auguro per te che non sia così, perché tanto, alla fine della giostra, credo convintamente che anche la più beota incoscienza non riesca ad azzerare il sensuum vacui, il rimorso profondo – per quanto occulto e occultato -, l’abbrutimento della dignità.
Affiancandomi invece all’articolo di Bommarito, mi colpisce il suo tono apparentemente dimesso, piano (e dunque maggiormente dolente, anche se sulle prime non parrebbe) con cui – quasi una telescrivente – denuncia il sommerso della nostra presunta isola felice.
E’ ancora il dolore di un padre che guarda esterrefatto il figlio morto per questa causa (capito, Kenji, la gaffe che hai fatto?) ma non si piega alla sepoltura del problema. Sono con lui. Totalmente.
L’avv. Bommarito ci ha spiegato qual’è il mercato nonchè la filiera, corta o lunga che sia, che si cela dietro il consumo di sostanze illegali. Mi sembra quindi di capire che trattiamo dell’aspetto socio-economico che “lo spaccio” genera, fino a creare una sorta di economia sommersa che coinvolge addirittura interi nuclei familiari.Cercherei allora di approfondire la questione da quasto punto di vista. E’ un fatto che da sempre il commercio di sostanze illegali crea enormi interessi economici, lo era la vendita e produzione dell’alcool negli USA durante il “proibizionismo” lo è oggi lo spaccio nelle nostre città ed a ogni livello sociale.E’ ovvio che difronte a questo giro d’affari gli stati o meglio gli ordinamenti giuridici abbiano nel tempo adeguato la loro azione di controllo e repressione aumentando sempre più le risorse finanziare destinate a tale scopo,lasciondone però assai poche all’attavità di prevenzione. E’altresì un fatto che le risorse finanziarie dedicate al contrasto del fenomeno sono sempre scarsine rispetto al volume d’affari generato dal commercio delle sostanze illegali e ciò lo confermano tutti i sindacati di polizia italiani ed europei, tralascio volutamente gli USA in quanto essendo il paese con il maggior consumo e con il maggior produttore ai confini (Messico)(a tal proprosito suggerisco la visione del reportage di current tv: Marijuana War), necessita di un approccio molto diverso, militare direi, dati gli enormi problemi di ordine pubblico che ne derivano. Si è cercato quindi di ottimizzare le risorse indirizzandosi verso un’intensa azione contro i “cartelli” e le mafie varie, lasciando inevitabilmente indietro la lotta al piccolo spaccio, l’ordinamento giuridico stesso differenzia le sostanze illegali in apposite tabelle a seconda della pericolosità e della ricaduta sociale del danno che l’uso comporta anche in ordine al costo sul sistema sanitario e giudiziario, insomma non si possono dedicare le stesse risorse finanziarie alla lotta contro i narcos colombiani come alla repressione dello studente che si coltiva la piantina di marijuana sul terrazzo di casa.E’ evidente quindi che non si può affrontare il problema seriamente se non si parla di depenalizzazione se non di addirittura di legalizzazione dell’uso di almeno alcune sostanze.Ritengo che tutti conoscano l’esperimento olandese che dopo 30 anni di legalizzazione dell’uso di droghe leggere ha visto scendere il consumo nella fascia d’età 14anni/35anni al 2% rispetto al 75% e più che si riscontra in Italia.L’approccio Olandese a questi temi è semplicemente pragmatico e si riassume nel principio secondo cui “se un problema si è dimostrato irrisolvibile è meglio cercare di controllarlo” piuttosto che promulgare leggi che non portano ad alcun risultato apprezzabile. Il modello Olandese ha generato non pochi contrasti con altri stati dell’unione europea ma negli ultimi anni tuttavia sembra divenire sempre più frequente il tentativo di alcuni paesi (Germania, Svizzera,Danimarca, GB e altri)di affrontare tale problema dirigendosi proprio verso il modello Olandese. Esso si basa su 2 principi fondamentali primo: l’uso di droghe non è materia criminale ma che riguarda invece la salute pubblica e secondo che esiste una differenza fondamentale tra droghe leggere e pesanti. Tale linea di demarcazione è tracciata tra droghe che sono moderatamente addittive dal punto di vista psicologico e droghe che invece portano e vera dipendenza fisica. Tale separazione ha il duplice scopo di dividere i due mercati, riducendo così le chance per i consumatori di droghe leggere di venire in contatto con quelle pesanti e, allo stesso tempo,togliere il mercato delle droghe leggere dalle mani dei trafficanti, portando così ad una riduzione della criminalità, consentendo anche alle forze dell’ordine di dedicare maggiori risorse al contrasto verso i grandi spacciatori.Ovviamente questi principi fanno capo a quello più generale di auto-determinazione del proprio corpo secondo cui non è illegale danneggiare il proprio corpo (si pensi solo al numero di fumatori e bevitori) ma si è comunque responsabili delle proprie azioni.Uno dei più alti funzionari di polizia inglesi Tim Hollis, capo della polizia di Humberside spiega come la giustizia penale non sia riuscita a risolvere il problema della droga nel Regno Unito. L’intervento di Hollis arriva mentre il governo sta riesaminando la sua strategia contro la droga. Tim Hollis, presidente dell’ “Association of Chief Police Officers drugs committee”, spiega che la sua proposta mira a non criminalizzare più i giovani sorpresi con piccole quantità di sostanze stupefacenti che una volta portati davanti ad un giudice rischiano di accumulare precedenti penali sproporzionati a persone che ancora devono iniziare la carriera lavorativa. Hollis aggiunge anche che i tagli al bilancio costringono la polizia a dare la priorità alla lotta contro reti criminali organizzate, piuttosto che agli individui che trasportano droga per uso personale.
L’agente di polizia chiede anche la revisione dell’attuale classificazione delle droghe in tre classi che mette insieme sostanze come l’eroina e l’ectasy creando non poca confusione: ”Vorremmo piuttosto investire il nostro tempo a cercare di incastrare criminali di alto livello fermando i loro guadagni illeciti. Non vogliamo criminalizzare i giovani perché, mettere un ragazzino arrestato per possesso di cannabis davanti al giudice sappiamo quale sarà l’esito”.
Hollis aggiunge ancora come i vincoli finanziari da rispettare impediscano di arrestare tutti quelli che utilizzano la droga e che magari la comprano on line, e si domanda se non sia arrivato il tempo di chiedersi se l’alcol e la nicotina, che insieme uccidono più di 120mila persone l’anno, non dovrebbero essere inclusi nella “guerra” alle droghe illegali: ”La mia convinzione personale, in termini di ampiezza del danno e che è uno delle droghe più pericolose in questo paese sia l’alcol che è una droga legale. Allo stesso modo, la nicotina è una droga legale, ma le sigarette possono uccidere “, ha detto.” Non c’è un ampio dibattito sugli effetti per la nostra comunità su tutti gli aspetti della droga con le droghe illecite che rappresentano solo una piccola parte del mercato”.
Hollis nel lanciare queste proposte non è solo. Uno dei principali ricercatori della Gran Bretagna, Il professor Roger Pertwee, ha sostenuto la settimana scorsa che i politici dovrebbero permettere la vendita autorizzata di mariujana per uso ricreativo, dato che l’attuale politica di criminalizzazione della cannabis è stata inefficace.
Sia David Cameron e Nick Clegg si sono dichiarati pronti a rivedere le leggi che puniscono l’uso della droga in Gran Bretagna. Anche il ministero degli Interni insiste sul fatto che la depenalizzazione sia l’approccio giusto e non vi sia neanche la prova evidente che la cannabis possa danneggiare la salute mentale. Il governo inglese sta anche studiando la legge che in Portogallo ha parzialmente depenalizzato l’uso e il possesso di sostanze tra cui l’eroina per vedere se possa essere fatto qualcosa del genere anche nel Regno Unito.
Mi scusino gli amici di CM per la lunghezza del pezzo ma trovo che sia un interessante spunto di discussione sull’argomento.
@ Tommi Gun
…quando si fa copia incolla per corettezza si cita il link cosa che non hai fatto????
@paoolo
se non ho citato qualche fonte me ne scuso, del resto non sono un giornalista professionista ma credo cmq che dalle indicazioni e dal contenuto del pezzo chiunque, appena vagamente pratico della rete, sia capace di trarre tutte le info possibili.Spero non sia l’unica curiosità che l’articolo ti ha suscitato.
L’articolo che ho riportato è tratto da un intervista della BBC del novembre 2007 ed altri argomenti correlati…buona lettura.
http://news.bbc.co.uk/2/hi/uk_news/7103413.stm
la crociata non si arresta e non fa prigionieri: solo chi ha i segni nella carne ha il diritto di parlare, solo chi ha provato dolore può giudicare il bene e il male. chi alza una voce non consona si schiera tra le fila dei nemici infedeli, diventa automaticamente spacciatore che lucra sulla morte, inconsapevolmente incide sul coccio telematico il prossimo nickname da ostracizzare.
pape satan aleppe non è proprio un buon viatico per il forum di bommarito
@ Tommi Gun
..oltre ai link che hai omesso …ma chiunque puo verificare con google…sono totalmente in disaccordo con quanto hai riportato.
@ paoolo,
per fortuna le mie idee, ancorchè discutibili, hanno lo stesso diritto di cittadinanza delle altre, comprese le tue e a questo proposito vorrei sapere quali sono..le tue…quali i motivi di disaccordo o si tratta solo di un niet preconcetto?? hai scritto 2 post e nessun contributo….
…bisogna incominciare a colpire anche il consumo di stupefacenti, non solo lo spaccio…
…mi si potrebbe contestare: si, ma l’alcol è legale, pubblicizzato …
ok, premesso che non sono favorevole all’alcol, però c’è una differenza sostanziale: per l’alcol lo stordimento è eventuale e solo se c’è un abuso, un bicchiere di vino, o di birra, lo si beve per il semplice piacere di gustare il sapore del vino o della birra (diverso il discorso per i superalcolici) … per le droghe l’unico effetto che si cerca è lo stordimento, non c’è un piacere intermedio che ti consente di gustare una sostanza senza perdere il controllo delle tue facoltà mentali …
spero di aver reso l’idea …
@ v.allegrini
sacrosante differenze tra droga e alcol. Fermo restando che, specie a livello giovanile, è impressionante e sconcertante quanto il divertimento possa dipendere dall’obnubilamento della coscienza. Me ne accorsi all’inizio degli anni ’90 quando, organizzando una festa a sorpresa per un giovane amico che tornava da lontano, i suoi compagni di scuola protestarono vivacemente per l’assenza di superalcolici nel locale e dunque per l’impossibilità di divertirsi come volevano. Ma perché – mi chiedevo e ancora mi chiedo – per stare bene bisogna non pensare? Passi l’allegriòla da bicchiere-di-troppo, ma spingere per arrivare al tracollo, al vomito, etc., che divertimento può essere? Quella volta capii di essere, per così dire, invecchiato; che c’era già stato il salto di una generazione, nonostante la prossimità anagrafica. Sulle cause bisognerebbe imbastire un discorso molto più ampio e articolato, di cui questa non è la sede preferibile. Sta di fatto che il problema – e grave – esiste.
E non è di certo il bastian contrario di turno – come tenta di mettermi in bocca avit – a farmi agitare, quanto piuttosto il rendermi conto che le forze di ricambio della società se ne vanno in malora per un’allegria così fasulla, forse cercando con tutte le forze la propria identità in un mondo spersonalizzante e finendo – beffa delle beffe – in una dipendenza senza ritorno. C’è da arrabbiarsi molto: non con loro, ovviamente.
Un mio amico mi ripete spesso “per troppo tempo ho pensato che era una ragazzata …poi mi sono vergognato di ammetterlo e non ne parlavo neppure con mia moglie. Ora che forse e’ troppo tardi guardo negli occhi i genitori degli amici di mio figlio e vedo in loro la mia stessa vergogna e fanno finta di niente”. Ci sono famiglie che una volta alla settimana si ritrovano semplicemente per parlarrne e non importa di cose sensazionali ….e’ importante affrontare il problema e superare la vergogna.