Sanità, Calcinaro si racconta:
«Primo segnale visite anche la domenica.
E non mi vedrete mai con la cravatta»

ANCONA - Intervista al neo assessore regionale. «La contrapposizione tra destra e sinistra, da amministratore locale, mi ha demotivato sul piano ideologico. La gente ha bisogno di risposte, non di slogan. Torrette deve essere alleggerita dalle richieste ordinarie»

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Paolo Calcinaro, assessore regionale alla sanità

di Luca Patrassi

Fermano di 48 anni, laurea a Bologna, avvocato, una trafila politica iniziata come consigliere comunale, poi vicesindaco e sindaco di Fermo negli ultimi dieci anni: Paolo Calcinaro da alcuni mesi è l’assessore regionale alla sanità e ai servizi sociali. Un ruolo che, politicamente, negli ultimi decenni nelle Marche ha visto più vittime che beatificazioni.

Scusi la domanda ma lei è l’assessore alla Sanità in virtù del record di preferenze o in virtù del fatto che è una delega, per così dire, scomoda per un politico?

«Non faccio conti di convenienza, la politica è servizio e questo dovrebbe essere l’assunto principale che dobbiamo tutti sempre ricordarci, quindi, quando mi è stata chiesta la disponibilità non ci ho pensato un attimo» .

Può far meglio del predecessore, può far peggio: ognuno farà le valutazioni che ritiene più opportune ricorrendo alla demagogia o all’evidenza dei fatti. Di sicuro le sue prime mosse, i suoi primi annunci anche social danno l’impressione che conosca bene la situazione del comparto sanità nelle Marche. Tra gli argomenti trattati figura il decongestionamento (dai codici meno gravi) dei Pronto soccorso con l’utilizzo delle strutture sanitarie periferiche già attive nel territorio: qual è l’idea di base nel dettaglio?

«Le liste di attesa e la gestione dei Pronto soccorso sono tra i temi più rilevanti. È fondamentale riconoscere l’impegno straordinario di chi opera ogni giorno in queste strutture, ma dobbiamo anche garantire più posti letto per le cure intermedie. Questo sarà possibile grazie all’apertura degli ospedali di comunità. Questi posti letto consentiranno di alleggerire i reparti per acuzie, oggi sovraccarichi, permettendo di accogliere i pazienti provenienti dal Pronto soccorso e riducendo il fenomeno del boarding, cioè lo stazionamento su barelle nei corridoi per mancanza di disponibilità. L’effetto diretto sarà la possibilità di gestire alcune fragilità meno gravi direttamente negli ospedali di comunità, garantendo un ricovero adeguato per chi necessita di un periodo di degenza prolungato».

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Calcinaro in un recente incontro all’ospedale di Loreto

Ha iniziato anche ad introdurre, su base volontaria, il tema dell’erogazione a cura dei medici di alcuni servizi (visite e controlli) anche di domenica per cercare di tagliare le liste di attesa. Si inizia così per arrivare dove? Magari a un utilizzo un po’ più diffuso nella giornata anche delle nuove apparecchiature?

«Le visite nelle giornate domenicali non rappresentano la soluzione definitiva, ma sono un segnale forte per la comunità: dimostrano che il sistema pubblico non è un monolite, ma sa reagire nei momenti di difficoltà e andare incontro ai cittadini. Questo intervento evidenzia che, se la criticità persiste, il problema riguarda non solo l’offerta ma anche la domanda. Per il 2026 vorrei che questa iniziativa venga strutturata in modo più stabile, almeno per un semestre, attraverso un dialogo costruttivo con comparto, dirigenza e sindacati, così da garantire la possibilità di smaltire le liste anche nei giorni festivi. A San Benedetto ho visto medici e operatori sanitari disponibili e orgogliosi di partecipare, e una cittadinanza soddisfatta di questo passo avanti della sanità pubblica. È chiaro che serviranno misure più strutturali, che arriveranno con le Case e gli Ospedali di Comunità». 

Si parla tanto di servizi territoriali ma i medici mancano. Ci sono reparti ospedalieri in asfissia per carenza di medici e servizi tenuti aperti solo per il campanile (e spesso con pochi pazienti) facendo ricorso a medici pensionati, collaborazioni varie. La Medicina di urgenza e la Pediatria riescono a coprire i turni, in molte importanti realtà, solo con il ricorso alle coop, ai gettonisti che prendono circa il triplo dei medici dipendenti, ed hanno una tassazione agevolata, pur non occupandosi dei pazienti più gravi. Avanti così?

«La crisi di vocazione è un problema nazionale e richiede soluzioni di sistema. Non giova l’immagine di una sanità di frontiera: esiste anche una sanità fatta di grandi professionisti. Si sta lavorando con le borse di studio per favorire l’ingresso alla carriera, ma non è una misura risolutiva. Se il sistema migliora, cresce l’attrattività: lo vediamo a Fermo, dove la prospettiva di un nuovo ospedale ha reso i concorsi più partecipati. Non bastano interventi tampone: serve un miglioramento complessivo delle condizioni, con investimenti statali. Un esempio è l’aggiornamento dei contratti collettivi, che ha previsto aumenti economici coperti dallo Stato. Questo impatta anche sui Pronto Soccorso, spesso in contesti difficili. Sarebbero utili interventi legislativi, come scudi sulle responsabilità, perché non si può lasciare il peso a chi, per vocazione, opera in situazioni delicate».

Lei ha fatto il sindaco a lungo, conosce le criticità e le demagogie di un territorio. Come giocherà la partita dei nuovi ospedali e dei vari campanili all’interno delle stesse aziende sanitarie territoriali?

«Il rischio c’è: una Casa di Comunità potrebbe ridurre il tempo dedicato agli ambulatori nei piccoli Comuni che non ne dispongono. Tuttavia, dobbiamo essere capaci di contemperare le esigenze e, soprattutto, rendere le Case di Comunità attrattive. L’obiettivo è far comprendere al Comune limitrofo che, anche se il cittadino si sposta di 10 km, troverà un servizio che non avrebbe potuto avere quotidianamente nel proprio territorio. Perché, prima di tutto, viene l’interesse del cittadino: garantire cure migliori e più complete è la priorità assoluta». 

L’ospedale di Torrette resterà il luogo di riferimento dedicato alle complessità patologiche e alle eccellenze professionali?

«Torrette deve rappresentare l’eccellenza per tutta la regione, e su questo dobbiamo lavorare con determinazione. Sto cercando di aprire un tavolo di confronto con altre realtà sanitarie per definire modalità che legittimino il ruolo di ospedale di secondo livello in diverse funzioni, a partire dal Pronto soccorso e dalla radiologia. L’obiettivo è alleggerire Torrette dalle richieste ordinarie a bassa complessità, che oggi gravano sulla struttura, così da preservarne il livello di specializzazione. Confido che da questo tavolo emergano buone pratiche da recepire in una futura dar (delibera di giunta regionale, ndr), per garantire che Torrette continui a essere un punto di riferimento per l’alta qualità della cura».

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Calcinaro (il primo da sinistra) a Civitanova per il Premio San Marone

Sanità privata, il governatore Acquaroli dice spesso (e volentieri) che va ribaltata la narrazione delle amministrazioni precedenti di centrosinistra: è il pubblico che chiede al privato le prestazioni di cui ha bisogno.

«Il rapporto con il privato può essere una risorsa importante, perché è evidente che oggi il pubblico da solo non riesce a coprire tutte le esigenze. Tuttavia, il pubblico ha il dovere di controllare e ottimizzare le risorse quando escono dal perimetro pubblico, indirizzandole nella maniera più oculata possibile. In questo senso, è fondamentale aggiornare l’atto di fabbisogno, fermo da troppo tempo, che consentirà anche la realizzazione di nuove strutture. Il tema del convenzionamento, invece, è distinto: esiste sempre il vincolo del tetto di spesa. Personalmente credo nel dialogo e nel sostegno reciproco, come ho sempre fatto nella mia esperienza da sindaco a Fermo». 

Dicono che lei sia un uomo di sinistra: per dirla, o farla, con Nanni Moretti, cosa direbbe o farebbe “di sinistra?”

«Devo essere sincero: la contrapposizione tra destra e sinistra, da amministratore locale abituato a risolvere problemi concreti, mi ha demotivato sul piano ideologico. La gente ha bisogno di risposte, non di slogan. Io guardo alle persone, al loro valore e a ciò che possono fare per il territorio. In questo senso, nel presidente Acquaroli ho trovato un punto di riferimento importante. Oggi mi considero un amministratore regionale, non più solo comunale, che cerca di mettersi a disposizione per incidere sulle tematiche concrete. Su questioni più etiche o generali posso avere le mie idee, ma spesso non sono quelle che arrivano sul tavolo delle decisioni regionali». 

Qual è un risultato che spera di veder concretizzato a medio termine?

«Nel medio termine auspico che la rete delle case di comunità e degli ospedali di comunità venga completata nel più breve tempo possibile. Su questo dobbiamo lavorare subito e con grande determinazione». 

Ha preso quasi 10mila preferenze, una enormità. Sicuramente un motivo di orgoglio personale ma non è che qualcuno dei “suoi” colleghi lo vede già come un pericolo?

«Assolutamente no. Tutti hanno lo spirito degli amministratori e comprendono che si vince insieme o si perde insieme: non c’è chi si salva e chi affonda. Sono persone ragionevoli, alla mano, e per me è stata una piacevolissima scoperta conoscerle in questa avventura» 

Una domanda quasi fermana visto che, ancora per poco, è anche il sindaco di Fermo: l’attore Giorgio Montanini, recentemente ospite di un podcast comico, ha detto che la conosce quasi dall’infanzia e che oggi lei ha perso la dignità politica per essere stato eletto con l’estrema destra. Montanini ha anche aggiunto nel corso dello show che è stato il candidato più votato di tutta la regione, però in questo caso non ha detto che i 10mila fermani si devono vergognare di averla votata.

«Giorgio è un amico di lunga data e non entrerò mai in polemica con lui: conosco bene le sue idee. Io, invece, mi sono sempre considerato un mediatore. Certo, se mi si chiedesse di sostenere un amministratore mediocre solo perché più vicino alle mie posizioni ideologiche non potrei mai farlo. Per me la stella polare è l’interesse del cittadino: chi amministra bene, o meglio, chi amministra nel modo più efficace, deve essere il mio punto di riferimento» .

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La nuova Giunta Acquaroli: Paolo Calcinaro l’unico senza cravatta

È evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra” dice Giorgio Gaber in un testo celebre. Calcinaro da cosa si riconoscerà in Regione?

«Un segno distintivo sicuramente sarà quello che sempre mancherà di cravatta, perché è stato sempre così nella mia vita». 

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