Le lacrime di una terremotata:
«8 anni in container e ora la casa non c’è.
Mi è crollato il mondo addosso»

TOLENTINO - Lina Fabiano, 61 anni, aveva avuto rassicurazioni dalla precedente amministrazione che le era stato assegnato un appartamento. «Adesso dicono che dovevo fare domanda, ma mi era stato detto non serviva. Ho incontrato l'assessore Flavia Giombetti e il sindaco. La proposta è stata di condividere una abitazione con una sconosciuta. E' umiliante. Mi hanno detto che se non accetto arrivano le ruspe. Spero in un minimo di umanità»

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L’area container

di Francesca Marsili

«Mi era stata assegnata una casa in sostituzione alla Sae dalla precedente amministrazione. Ora mi dicono che quella casa per me non c’è, che non ho inoltrato la richiesta. In alternativa mi hanno proposto di condividere un appartamento con una sconosciuta, e detto che se non lascio l’area container arrivano con i carabinieri», nel raccontarlo piange, Lina Fabiano, terremotata di 61 anni, mentre confida a Cronache Maceratesi quello che a suo avviso è un dramma che le toglie la dignità. Vive nell’area container – in procinto di essere definitivamente smantellata – dal 2017, da quando la sua abitazione in centro storico è stata dichiarata inagibile a seguito del sisma del 2016. «Non posso lavorare, ho subito una operazione e un’altra dovrò affrontarla a breve – spiega -. Ho diverse patologie, certificate da un medico dell’Ast che ha dichiarato che ho necessità di vivere in un contesto abitativo adeguato. Attendevo da 8 anni quell’appartamento – aggiunge – mi era stata data persino la piantina della casa che mi era stata assegnata». Poi la doccia gelata: «Come è possibile condividere un appartamento con una persona che non si conosce, senza un minimo di privacy, dove non potrei ospitare nemmeno mia figlia quando viene ad aiutarmi con le terapie?». Mostra i documenti e ripercorre la vicenda. «Nel 2018 uscì la graduatoria dove ero assegnataria di un appartamento in sostituzione alle Sae, in piazzale Battaglia». Nel frattempo la donna continua a vivere nel villaggio container in attesa che gli appartamenti vengano ultimati. «Il 3 agosto del 2023, dato l’aggravarsi delle mie patologie e l’ulteriore problema dove il blocco degli appartamenti in cui c’era quello a me assegnato aveva ritardi nella consegna (tutt’ora non sono ancora stati ultimati), ho chiesto e protocollato la richiesta per poter ottenere un cambio con un appartamento, sempre in sostituzione alle Sae, in zona Oasi, più avanti con l’ultimazione dei lavori – racconta Fabiano -. Il 30 agosto mi viene confermato che la richiesta di cambio era stata accettata e ad avvalorare tutto questo mi è anche stata fornita una piantina dell’appartamento in cui sarei andata a vivere, classificato col codice N5. In quell’occasione ho chiesto se dovessi presentare altra domanda, ma mi è stato detto di no».

Fabiano sottolinea che successivamente a quella conferma, consapevole dell’imminente chiusura del villaggio container oltre al fatto che vedeva riempirsi gli appartamenti in zona Oasi, ha iniziato a fare delle telefonate per avere aggiornamenti sullo stato dell’appartamento dove era ansiosa di andare ad abitare.

«Chiamavo in Comune e mi rispondevano che mi avrebbero fatto sapere, ma nulla. Andavo in Comune e venivo liquidata in malo modo, senza avere notizie. Ad aprile, dopo che l’assessore alla Ricostruzione Flavia Giombetti si negava al telefono, ho preso un appuntamento col sindaco Mauro Sclavi, che mi ha risposto di non avere tempo. Fino a quando sono riuscita a parlare con Giombetti – prosegue – che mi ha detto che non avevo presentato la domanda e non avevo più diritto a un appartamento. Ero stata rassicurata che non serviva ulteriore domanda, il dipendente comunale mi aveva detto che era tutto ok. Mi è crollato il mondo addosso». Il 6 maggio scorso le viene fissato un appuntamento per un colloquio col sindaco alle 8,30, e riceve la notizia. «Mi sono presentata. C’erano sia Giombetti che due dipendenti comunali. “Abbiamo deciso che vi mettiamo in coppia in un appartamento a Borgo Rancia”, questo mi sono sentita dire».

Per la donna, che da 8 anni attendeva di poter entrare in un appartamento e avere finalmente una situazione adeguata anche alle sue molteplici patologie, «è stato un pugno nello stomaco. Naturalmente ho rifiutato – spiega Fabiano -, è una situazione surreale che dopo anni in un container io debba condividere un appartamento con una persona che non conosco. E’ umiliante. Mi è stato detto che se non accetto arrivano le ruspe e le forze dell’ordine». Lina Fabiano, che oltre ad essere terremotata è anche percettrice del reddito di inclusione perché inoccupabile e soggetto fragile, non trova una logica in tutta questa situazione «mi sento abbandonata – dice -. Sarei anche disposta ad andare a Borgo Rancia, ma da sola. Mi è stato risposto che non ci sono solo io. Non so nemmeno se l’appartamento in zona Oasi è stato assegnato a qualcuno. A breve sarò mandata via e non ho una appartamento in cui stare. Non so cosa fare. Spero in un minimo di umanità».



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