Valfornace fuori dall’Unione montana:
«Gli altri si aggregano, noi siamo soli»

RICORSO - Con la riammissione di Castelsantangelo e Monte Cavallo, il borgo diventa di fatto un'isola all'interno del territorio dell'ente. L'ex vicesindaco Marchetti all'attacco: «Indirizzati verso un isolamento folle, politico soprattutto ma sociale». Sandro Sborgia, già primo cittadino di Camerino, punge Gentilucci: «Lui aveva deciso di non accogliere la richiesta di adesione all’ente presentata dei due Comuni ricorrenti: ora che fa?»

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Da sinistra, l’ex vicesindaco di Valfornace Simone Marchetti e il sindaco Massimo Citracca

di Monia Orazi

Valfornace resta isolata all’interno della zona montana, perché non ha presentato ricorso come Castelsantangelo sul Nera e Monte Cavallo per rientrare nell’Unione montana. I due Comuni hanno visto riconosciute le loro ragioni dal Tar, in paese tutto tace.

La denuncia viene da Simone Marchetti: «Mi dimisi a malincuore ad inizio 2022 dalla carica di vicesindaco di Valfornace a causa di una visione non condivisa delle scelte dell’allora sindaco Massimo Citracca – dice Marchetti – siamo da tempo indirizzati verso un isolamento folle, politico soprattutto ma che allo stesso tempo diventerà sociale. Ci siamo trasformati in un’isola, senza acqua intorno. “Sono sconcertato da questa notizia, in un periodo dove bisogna unire la zona montana già colpita dal sisma invece si divide”. Queste le parole del sindaco Citracca in un articolo del 30/12/2021 riguardante la mancata concessione ai Comuni di Valfornace, Monte Cavallo e Castelsantangelo sul Nera, da parte della Regione Marche, di rientrare nell’Unione Montana di Camerino per 10 anni».

Le parole di Citracca, secondo Marchetti non sono però state confermate dai fatti: «Parole dure, che segnarono una rottura netta con l’ente regionale e che poi furono seguite da un’ulteriore dichiarazione: “Avevamo chiesto di rientrare come segno di volontà di unire il territorio. Come Comune abbiamo già approvato il bilancio andremo avanti per la nostra strada, magari parlerò con il presidente Giampiero Feliciotti dell’Unione montana dei Monti Azzurri, per valutare di poter entrare, questo è un ente che funziona molto bene. Valfornace confina con i comuni di Caldarola e Cessapalombo”. Poi però, come spesso accade, i proverbi indicano la verità perché le bugie hanno le gambe corte». A questo punto la domanda sorge spontanea: come mai Valfornace non è rientrata nel provvedimento? La risposta è, purtroppo, semplice. «Il sindaco Citracca non aderì al ricorso presentato dai Comuni di Monte Cavallo e Castelsantangelo sul Nera. Allo stesso tempo non richiese nemmeno di poter entrare a far parte dell’Unione montana dei Monti Azzurri. Il risultato? Siamo l’unico comune che non fa parte di nessuna Unione montana – conclude Marchetti – Valfornace è circondato da comuni che hanno voglia di aggregazione, lo dimostra la loro presenza nelle unioni, noi un Comune isolato. Un conto sono le falsità, le mezze verità o l’esposizione non oggettiva dei fatti. Il temporeggiamento di Citracca lascia non poco perplessi, resta sempre nel limbo, infatti, la questione della non costituzione al processo Tar contro il provvedimento di non ammissione. Il primo cittadino si trova in mezzo al guado: da una parte non gli va bene la divisione mentre dall’altra pare voglia rimanere da solo. Questo è il trattamento che si meritano i cittadini di Valfornace?».

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Sandro Sborgia

Sulla decisione del Tar Marche di riammettere nell’Unione montana, interviene anche Sandro Sborgia, ex sindaco di Camerino: «Alessandro Gentilucci aveva deciso di non accogliere la richiesta di adesione all’ente presentata dei due Comuni ricorrenti. Il tribunale è così intervenuto giudicando illegittima quella delibera e obbligando l’ente a riconsiderare la richiesta. Cosa accadrà in futuro? Cosa decideranno il presidente Gentilucci e i Comuni di Serravalle, Fiastra e ora quello di Camerino, visto che il Comune di Muccia si era espresso favorevolmente? Proporranno ricorso al Consiglio di Stato o, come io spero, si adegueranno al pronunciamento del tribunale amministrativo e consentiranno che i due comuni richiedenti rientrino a buon diritto nel consiglio dell’Unione? Era proprio necessario decidere per l’esclusione di quei Comuni che avevano fatto richiesta di adesione?».

Sborgia analizza la situazione: «Nel corso del mio mandato di sindaco di Camerino, avevo posto come uno dei punti centrali del proprio programma, l’allargamento dell’Unione montana partendo dal consentirne il rientro a tutti quei Comuni che nel 2015 decisero di uscirne. Ritenevamo, infatti, fondamentale disporre di una Unione montana forte della presenza di tutti i Comuni dell’entroterra, per far sentire la voce, unita, di un’intera area distrutta dagli eventi sismici e che necessitava di essere risollevata. In gioco non c’era solo la ricostruzione delle abitazioni ma interessi altrettanto importanti come, ad esempio, la garanzia del mantenimento del presidio ospedaliero, degli uffici pubblici come l’Agenzia delle entrate, dei presìdi scolastici. Pensavamo si potesse persino aprire una discussione per la costituzione di una unica, vera, Unione montana derivante dalla fusione delle attuali (quella dei Monti Azzurri, quella del Potenza, Esino, Musone e quella di Camerino) ma ci sbagliavamo».

Sborgia ricorda poi la legge regionale, il cui primo firmatario è stato Renzo Marinelli: «Nel silenzio delle stanze della Regione, si apprestava a varare una leggina che avrebbe stabilito persino il divieto, per 10 anni, di rientrare a far parte dell’Unione Montana una volta usciti. Quasi che si trattasse di comminarne la condanna alla “damnatio memoriae”. Prima ancora che la leggina fosse varata, mi affrettai a telefonare al consigliere regionale Marinelli, primo firmatario della nuova norma, invitandolo a riflettere sulle conseguenze che avrebbe comportato la sua proposta. Gli chiesi di riconsiderare la questione perché in aperta contraddizione con quanto andava professando. Gli chiesi di riflettere sul fatto che il suo provvedimento avrebbe avuto quale unico effetto quello di accentuare le divisioni già esistenti tra i comuni in lotta tra loro. Dove fosse il consigliere Gianluca Pasqui non è dato sapere ma sembra alquanto improbabile che non fosse al corrente di quella iniziativa. Un bell’esempio di attenzione al territorio, alle esigenze dei cittadini, ma soprattutto un esempio di lungimiranza politica che favorisce ed accentua quelle distanze e quella cultura che guarda al piccolo orticello di casa propria, piuttosto che alle esigenze di un intero territorio che, mai come in questo momento, avrebbe bisogno di essere unito di modo da invertire la tendenza alla desertificazione che è sotto gli occhi di tutti fuorché dei nostri rappresentanti regionali».

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