L’avvocatessa e scrittrice Alessandra Piccinini alla fiera del libro a Salonicco
di Francesca Marchetti
«Ci siamo sentiti a casa, non ci aspettavamo tutta la calorosa accoglienza che ci hanno accordato, è stata una bella sorpresa ricevere consenso anche in Grecia», così l’avvocatessa e scrittrice Alessandra Piccinini, invitata al Salone internazionale del libro a Salonicco e poi a quello di Torino per lanciare il suo quarto lavoro, “Il signore lucente”, pubblicato dalla casa editrice maceratese Nisroch di Mauro Garbuglia. Piccinini è nata e cresciuta a Macerata e ora vive a Porto Recanati e parla della sua esperienza di autrice.
Alessandra Piccinini e Marco Bragaglia a Salonicco
Com’è stata l’esperienza ai due Saloni internazionali del libro, prima a Salonicco poi a Torino, entrambi nel mese di maggio?
«È stata un’esperienza molto positiva per me e Marco Bragaglia, che ha illustrato il libro, siamo stati invitati a tornare ad Atene e più in là anche a Istanbul. Il libro è uscito due mesi fa in greco grazie alla traduzione di Unver Alibayche che mi ha messo in contatto con la casa editrice ellenica Iason Books, ed è nata l’avventura. “Il signore lucente” inoltre è disponibile anche nella traduzione in inglese, sempre edizioni Nisroch, e addirittura in lingua turca grazie all’interesse dell’editore Paris Yayinlari. Dopo Salonicco ci siamo “trasferiti” al Salone internazionale del libro a Torino per la presentazione nello stand dell’associazione regionale di categoria “Èdi.Marca”, di cui fa parte Mauro Garbuglia. Avevo già fatto presentazioni in Italia ma per la prima volta ho partecipato a questi grandi eventi editoriali, molto divertenti e stimolanti, siamo entrati in contatto con molte persone».
Alessandra Piccinini e Marco Bragaglia al firmacopie alla fiera del libro a Salonicco
Quale evento ha ispirato il racconto “Il signore lucente”?
«Nell’aprile del 2020 la cantante e attivista turca di origine curda Helin Bolek è morta dopo un lungo sciopero della fame, per protestare contro l’incarcerazione dei suoi amici musicisti del Grup Yorum, ingiustamente accusati di terrorismo. Più che un gruppo erano un collettivo e scrivevano di antifascismo, della causa della minoranza curda, di temi come giustizia e libertà. Bolek interpretò anche la nostra “Bella ciao”. Helin, che aveva solo 28 anni, lottò con tutta se stessa per la libertà di espressione e la sua morte mi colpì molto, così le ho dedicato “Il signore lucente” che racconta della libertà e dell’identità di un popolo e del principio di autodeterminazione. Il tutto attraverso la simbologia».
In che modo la simbologia entra nel quotidiano?
«Il simbolo è qualcosa di universale che permette di narrare gli eventi anche più recenti usando un filtro che ne attenua l’impatto emotivo, quando i fatti sono eccessivamente drammatici. “Il signore lucente” è un racconto ispirato alla lotta di Bolek e del suo popolo ma scritto in forma di favola, i personaggi sono animali e ho attinto da diversi modelli culturali, dal Ramayana indù allo Sciamanesimo, fino all’antico testo egizio “Libro dei morti”. Studio esoterismo e simbologia da sempre e da queste conoscenze riesco a costruire racconti dalla vocazione universale.
Il mio precedente saggio era dedicato alla divinità Mithra e alla relativa religione, ne analizzavo la simbologia depurandola dall’interpretazione della sociologia del mito. Può sembrare qualcosa di estremamente lontano dalla nostra quotidianità, eppure ad esempio la stretta di mano era un’usanza mithraica, risalente a migliaia di anni fa, dove la sacralità del tatto, del darsi la mano, valeva come un contratto. L’usanza fu poi tramandata dai romani, come molte altre».
Marco Bragaglia, Mauro Garbuglia, Alessandra Piccinini al Salone internazionale del libro a Torino
Qual è il messaggio che vuole trasmettere il suo racconto?
«È un messaggio molto semplice: credere e non arrendersi, attuare la resistenza praticando la generosità e la gratitudine che in qualche modo portano all’evoluzione della storia in positivo, nonostante la drammaticità degli eventi. Si parla di forze interiori e identità, niente di metafisico ma anzi molto concreto. Arriva ai più giovani così come a persone che vivono in nazioni lontane dalla nostra. È così che intendo la simbologia e l’esoterismo: sono chiavi di lettura della nostra quotidianità e del nostro tempo. Le bellissime illustrazioni di Marco Bragaglia lo confermano: non ci sono codici da decifrare, i simboli e i tratti disegnati sono universali e permettono di adeguare il messaggio del libro alla propria sensibilità e al proprio contesto socio-culturale».
Marco Bragaglia è originario di Montefano; disegnatore, pittore, art director e regista di spot per grandi marchi italiani ed internazionali, è uno dei fondatori dell’associazione culturale The Egg.
Come è nata la collaborazione con Alessandra Piccinini?
«Questo è il primo libro che illustro, oltre alla copertina del precedente lavoro di Alessandra, Mithra. Ci conosciamo da tempo e mi ha chiesto di leggere il suo libro e di illustrarlo. L’ispirazione è stata istantanea, ho disegnato di getto quello che mi veniva in mente, in modo molto emozionale come mi piace fare. Ho fatto questi ritratti che sono come delle carte, il più forte, quello della scimmia, lo abbiamo messo in copertina. Tutto in bianco e nero, che è più evocativo secondo me. Condivido ciò che ha detto l’autrice sulla calda accoglienza a Salonicco, non ce l’aspettavamo, ci hanno aperto molte opportunità, mi hanno proposto di fare una mostra personale a Istanbul spero entro l’anno. Si sa, con l’arte si possono creare legami e nuove connessioni con persone anche molto lontane geograficamente».
Bragaglia, Garbuglia, Piccinini al Salone internazionale del libro a Torino
brava
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