di Marco Cencioni
Maria Bianchi è stata colpita ripetutamente con le forbici. Un raptus quello del figlio, Michele Quadraroli, iniziato in camera da letto e concluso in bagno della abitazione in cui vivevano, che si trova proprio sopra il bar che da anni gestivano, in via Raffaello Sanzio a San Severino. Ha infierito sul volto, sfigurato con violenza.
I rilievi all’interno dell’abitazione
Poi il tentativo di bruciare il corpo della madre e l’arrivo dei soccorsi, lanciati da un medico che ha in cura il 56enne, il quale soffre di problemi psichiatrici. Soccorsi inutili per la donna di 84 anni, con gli operatori dell’emergenza che hanno portato in ospedale il figlio, in seguito accompagnato in caserma, interrogato e arrestato in serata (leggi l’articolo). Una tragedia, quella consumata nel primo pomeriggio a San Severino, che ha sconvolto l’intera comunità.
Il medico legale Antonio Tombolini
«Ha sempre rispettato la madre, mai avrei creduto che potesse compiere un gesto del genere». Sono le parole di uno dei clienti del bar Bianchi Maria, uno dei tanti abitanti della zona che oggi pomeriggio si è fermato, incredulo, dall’altro lato della strada, quello di fronte al palazzo dove c’è il locale e al piano superiore l’abitazione dove si è consumato l’omicidio. L’uomo ha sempre frequentato quel bar all’incrocio con via Dante Alighieri, «che d’estate restava aperto anche sino alle 22,30, si stava di fuori a parlare, e anche loro, madre e figlio, stavano con noi clienti».
L’ingresso del condominio di via Raffaello Sanzio, 7 con all’interno gli uomini della Scientifica
Conosceva bene Michele e Maria, perché «il locale l’ho sempre frequentato. Con lui ci avevo parlato due giorni fa, ha da poco comprato una nuova auto e me l’ha mostrata con orgoglio. Era tranquillo – sottolinea l’uomo che vive poco lontano, sulla stessa via -. Ripeto quello che è accaduto è una cosa che non avrei mai pensato potesse succedere. Ultimamente Maria scendeva meno, gestiva Michele il bar che ha sempre avuto una clientela prettamente anziana, della zona. L’attività, dalla pandemia in poi, è andata scemando ma il locale era comunque un punto di ritrovo». Tutti, in quella zona residenziale vicina al santuario della Madonna dei Lumi, tanti palazzi alcuni dei quali rivestiti dai cantieri della ricostruzione post terremoto, conoscevano Maria Bianchi e suo figlio Michele.
Il maggiore Giulia Maggi, comandante dei carabinieri della Compagnia di Tolentino
«Poco dopo le 14,15 abbiamo visto le forze dell’ordine arrivare, vigili del fuoco, carabinieri e ambulanza, non potevamo mai immaginare quello che era accaduto, sapevamo solo che il bar era chiuso da venerdì pomeriggio e abbiamo pensato che uno dei due avesse l’influenza o il covid – raccontano alcuni vicini – . Quanto successo è impensabile, sono sempre state persone tranquille, lavoravano e vivevano insieme. Lei si era sempre presa cura del figlio, anche dopo la morte del padre avvenuta diversi anni fa, prima del terremoto. Era una donna di una bontà unica».
Poco lontano dall’abitazione, in via Dante Alighieri, altri sottolineano: «Lei ha sempre fatto tanto per il figlio, non c’erano segni che potesse capitare una cosa del genere. Maria era una bravissima persona, affabile. Erano molto educati, salutavano sempre, lei spesso la potevi vedere in giro con il cane, un meticcio, per una passeggiata. Siamo rimasti sconvolti una volta appreso quanto accaduto».
Uccide la madre a colpi di forbici e prova a darle fuoco: arrestato
Anche questo si poteva evitare, le famiglie vengono lasciate sole..... Purtroppo chi non sta bene deve essere seguito di più dalle istituzioni .. Ci sono persone per le quali è fattibile la convivenza e x altre no..... Ce ne dobbiamo rendere conto ed attuare delle residenze civili in cui i famigliari possono interagire rimanendo al sicuro.
R.i.p
R.I.P. Maria
Ma se aveva problemi di salute era da tenere sotto controllo mi sbaglio??????
Orizia Paciaroni anche fosse stato in cura, purtroppo gli ambiti psichiatrici non brillano per servizio efficiente, è tutto addossato alle famiglie che rimangono sole a gestire spesso l'ingestibile...
Orizia Paciaroni purtroppo non è così semplice , avere un parente con problemi psichiatrici in Italia è difficile da gestire . Non ci sono strutture adeguate o per lo meno non ce ne sono abbastanza e prendono in carico soltanto pazienti con determinate caratteristiche la maggior parte sono esclusivamente a carico delle famiglie .
Olimpia Alina Cardelli non c'è proprio assistenza e sostegno da nessuno. Assenza delle ASL, dei servizi sociali, dello stato
Ma perché non stava in un ambiente adatto a lui?
Caterina Mularoni fosse così semplice come dirlo ! Ecco dove si deve arrivare "alle tragedie " prima che qualcuno se ne occupi . Li porti a visita medica , ti danno le cure , ma la testa dei pazienti non sai mai come ragiona . Tutti i giorni vivere con una persona malata non è facile . Ma questa maledetta sanità taglia ..... taglia ! Quando serve a loro tanto il posto è sempre assicurato .
Caterina Mularoni perché, i manicomi, li hanno chiusi
Che tristezza....
Non è un mondo evoluto se i familiari di chi ha problemi sono lasciati soli. Condoglianze
R.I.P. . Condoglianze
Ciao Maria
R.I.P. CARA MARIA
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Il grande errore di Basaglia e Ongaro fu di chiudere (o aprire?) i ‘manicomi’ – sull’onda dei movimenti dell’antipsichiatria (Laing, Cooper, etc.) – prima di risolvere il problema di come ‘ricollocare’ i pazienti che in ogni caso rappresentavano un problema sociale.
Quanto è facile parlare……Basaglia l’ aveva ideata bene, il dramma è che da 30 anni si sta depredando la sanità pubblica, quella privata non esiste per queste patologie….casi sporadici di igiene mentali gestite con responsabilità…..i fatti che si susseguono ne sono la dimostrazione…
Per la signora Agostinelli. Perché da 30 anni?