Ugo Bellesi
di Ugo Bellesi
La speculazione messa in atto da coloro che governano i mercati delle materie prime nel mondo ha fatto scattare l’inflazione che è salita al 6,7% (mai così in alto dal 1991). E’ soprattutto il costo dell’energia che ha fatto aumentare anche i prezzi dei generi alimentari mettendo in crisi anche i bilanci di numerose famiglie. Secondo i calcoli della Coldiretti la verdura fresca è aumentata del 17,8%, il burro del 17,4%, la pasta del 13%, i frutti di mare del 10,8%, la farina del 10%, la carne di pollo dell’8,4%, la frutta fresca dell’8,1%, il pesce fresco del 7,6%, i gelati del 6,2%, il pane del 5,8%. Gli aumenti dei prodotti agricoli sono la conseguenza dei rincari che hanno subito le aziende agricole con i costi dei concimi chimici cresciuti del 170%, dei mangimi saliti del 90% e del gasolio che costa il 129% in più. Tutto ciò ha comportato l’aumento di oltre 15.700 euro di media il costo delle stalle di mucche da latte (con punte di 47.000 euro) mentre gli allevamenti dei polli hanno subito incrementi fino a 99.000 euro. Sono cifre incredibili tenuto conto che l’Italia (sostanzialmente come le Marche) è grande esportatrice di prodotti agricoli. Senonché proprio adesso ci siamo accorti che l’Italia negli ultimi 25 anni ha perso un quarto della superficie coltivabile ed oggi è costretta ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% del grano duro necessario per la pasta e il 53% del mais che serve per l’alimentazione del bestiame ma anche per fare l’olio di semi. Secondo il Codacons l’aumento dei prezzi farà crescere la spesa annua delle famiglie di 2.674 euro.
Il prezzo del pane è cresciuto del 5,8%
Ci si chiede: “Perché mai abbiamo preferito importare questi alimenti anziché produrli in proprio?” La risposta è semplice: perché gli altri paesi li producono a prezzi più competitivi dei nostri. Ma ci siamo chiesti se quei paesi rispettano tutte le norme che sono in vigore in Italia per evitare l’impiego di concimi chimici pericolosi o altre pratiche agricole non consentite? L’unica soluzione quindi sarà soltanto quella di tornare, per quanto possibile, all’autosufficienza alimentare puntando all’agricoltura di qualità. L’aumento dei costi ha messo in crisi non soltanto le famiglie ma anche le aziende e i settori più colpiti non sono soltanto quelli agricoli ma anche le calzature, i trasporti, e le piccole imprese artigiane. Secondo Confartigianato in queste condizioni le scelte possibili delle aziende sono soltanto due: o indebitarsi per continuare a lavorare o chiudere. Infatti le piccole e medie imprese non hanno disponibilità finanziarie per fare investimenti perché spesso non sono in condizioni di pagare i dipendenti e i fornitori. La bolletta dell’energia elettrica è salita vorticosamente anche perché molti esercizi commerciali hanno il bancone e i frigoriferi da mantenere accesi. E d’altra parte la clientela ordinaria ha ridotto le spese per cui anche gli incassi dei negozi sono diminuiti. Alcuni esercizi, proprio per questo, hanno rinunciato ai dipendenti per sostituirli con qualche familiare.
Un tratto della ferrovia Adriatica
Nelle ultime settimane un altro grosso problema si è presentato perentoriamente sul sistema ferroviario della linea Adriatica. Infatti il Ministero delle infrastrutture, su istanza dell’Europa che invita a potenziare entro il 2030 le più importanti linee di trasporto, ha deciso di investire cinque miliardi di euro per velocizzare la ferrovia Adriatica portandola a 200 chilometri orari. Questo per potenziare il trasporto delle merci provenienti dai porti di Taranto e di Gioia Tauro. Nel frattempo sono stati già impegnati 2,7 miliardi per migliorare il trasporto passeggeri e merci per guadagnare 30 minuti sui tempi di percorrenza. A lavori ultimati si calcola che la linea Adriatica sarà percorsa da 176 treni merci al giorno: in pratica uno ogni otto minuti. Il che imporrebbe la creazione di barriere antirumore per evitare che gli abitanti delle aree circostanti la ferrovia si trovino in una situazione invivibile. Anche perché ai treni merci ci sono da aggiungere i treni passeggeri. Le barriere antirumore però danneggerebbero il paesaggio per cui è stata avanzata l’ipotesi di un arretramento della linea Adriatica. Tale progetto però comporterebbe una spesa di 50 miliardi di euro con il rischio concreto di creare un’incompiuta. Altra proposta è quella dell’interramento, non di tutta la linea ma delle stazioni ferroviarie. E su questa ipotesi il diniego del Ministero è stato categorico. Quello che sorprende è che il dibattito si sia concentrato soltanto tra i Comuni che si trovano lungo la costa e che sono attraversati dalla ferrovia Adriatica. Il problema invece deve essere affrontato ascoltando anche i sindaci dell’entroterra. Quello della più importante ferrovia delle Marche è un problema che riguarda tutti a partire da Ascoli ma anche da Macerata, da Jesi, da Fabriano e da Urbino. Per non parlare dei Comuni a ridosso della costa. Come si fa a parlare di arretramento della ferrovia quando a pochissima distanza ci sono ad esempio Fermo, Potenza Picena, oppure Loreto ma anche Recanati e via elencando? Tutti questi Comuni certamente non vedranno con molto favore l’arretramento della ferrovia. Per ora il progetto andrà avanti soltanto per Pesaro la cui progettazione specifica è già pronta da quattro anni con relativo finanziamento per la nuova stazione centrale. Sul tappeto c’è anche la proposta di un esperto di infrastrutture ferroviarie come Lorenzo Catraro, il quale sostiene che occorrono due nuovi binari nell’entroterra, destinati al traffico passeggeri a lunga percorrenza e alle merci, lasciando i due esistenti, che corrono lungo il mare, al trasporto locale e interregionale.
Il sopralluogo di Sandro Parcaroli e Francesco Acquaroli alla Pieve ad agosto 2020 per il nuovo ospedale di Macerata
E’ sempre d’attualità il problema della sanità pubblica, non solo per quanto riguarda il nuovo ospedale di Macerata («appare insopportabile – hanno dichiarato Cgil, Cisl e Uil – l’incertezza sul futuro del nuovo ospedale di Macerata») ma anche in merito all’entroterra e quindi all’area terremotata. «I medici di famiglia e i pediatri sono pochi e male organizzati – sostengono sempre Cgil, Cisl e Uil – in molti Comuni i cittadini non hanno un servizio indispensabile come quello della continuità assistenziale». In proposito c’è da sottolineare anche l’iniziativa dell’arcivescovo di Camerino Francesco Massara, che ha riunito i comitati che si occupano di sanità a San Severino, Fabriano e Matelica, sottolineando la necessità di «mettere al centro la dignità del malato che ha diritto ad essere curato». Si è parlato del punto nascite, della pediatria, del 118 senza medico, delle liste d’attesa. E ovviamente anche dell’ospedale di Camerino che va potenziato. Non va però dimenticato che nel frattempo la costruzione dell’ospedale di Fermo a Campiglione, va a gonfie vele, mentre ad Amandola sta sorgendo un mega ospedale che qualcuno ha definito “Un ospedale per tre province: Ascoli, Fermo e Macerata”. Per “amor di patria” preferiamo non commentare evitando polemiche inutili.
Mareggiata a Scossicci di Porto Recanati
E infine c’è il problema della difesa della costa dalle mareggiate. Va dato merito alla Regione di aver stanziato 43 milioni per realizzare nuove scogliere e ripascimenti. Di questo prezioso finanziamento sono andati a Porto Recanati, per la difesa della martoriata zona di Scossicci, soltanto 187.000 euro, mentre il Comune aveva presentato un progetto di appena 650.000 euro (di cui 500.000 da parte della Regione e 150.000 con finanziamento comunale). Ebbene bisogna dire che Scossicci non ha più la spiaggia. Gli stabilimenti balneari non sanno dove piantare gli ombrelloni. I bellissimi villaggi turistici che arricchiscono la zona si stanno svalutando. I turisti, quando vedono che la spiaggia non c’è più, scappano via. Si vuole proprio questo? O si teme la concorrenza di Porto Recanati con le spiagge di Numana e Sirolo che peraltro marciano a gonfie vele? Speriamo che non sia così, ma se non è per questo allora perché a Porto Recanati arrivano solo le briciole?
L'inflazione erode gli stipendi? Basta raddoppiarli!!! Vero Sindaco?
E ci porta verso un regime di vita + medesto e + povero,questo pure andrebbe scritto,sara' difficile digerirlo perchè siamo stati,noi tutti,abituati a vivere credendo che la ns. societa' fosse il pozzo di S,PATRIZIO
Da uno che ancora propone i ripascimenti che vogliamo aspettarci ..
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Illustre Bellesi. La sua analisi, pur nei limiti degli spazi disponibili, è condivisibile. Tuttavia la politica la fanno gli uomini, che spesso sono accecati dalla continua paura del consenso. Il nostro presidente di provincia, nonché sindaco del capoluogo, prevede di utilizzare fondi del PNRR per una pista da sci in sintetico nella sua città. Ecco, lei analizza la drammatica situazione sociale e economica, la sanità, le scogliere… Spero che questo suo articolo sia letto da quell’amministratore della cosa pubblica e che lo induca a più saggi pensieri.
Per qunto riguarda il problema economico in generale credo sia giunto il momento di rivedere il meccanismo del modello che affida tutto all’iniziativa privata.Alla luce delle esperienze fatte in un passato non così lontano che consentono di capire quali sono le inefficenze da eliminare,riprenderei in considerazione l’intervento pubblico nel processo economico,magari in settori fondamentali,e con logiche diverse da quella recente,che pure con interventi massicci,è stata adottata nell’emerrgenza della pandemia.Reesta sul tappeto tutto l’enorme problema della nuova economia internazionale con i suoi nodi della specializazione come risposta alla divisione internazionale del lavoro.Una battuta,infine,sull’inflazione e l’aumento dei prezzi : c’è stata una massiccia ondata di liquidità per fronteggiare i gravi danni ecconomici della pandemia.
talvolta non sarebbe il caso per valorizzare questi siti,uno dei pochi strumenti di confronto e dialogo, di argomentare,anzichè limitarsi al pollice verso,che presuppone comunque un pensiero? sarebbe di giovamento per tutti.
@ GIOVANNI BONFIGLI (2):
Non condivido il suo commento con il quale dichiara che il modello economico italiano sarebbe tutto in mano privata auspicando, altro errore, un maggiore intervento pubblico per aumentare l’efficienza con logiche diverse da quelle recenti…
Purtroppo è vero il contrario, l’inefficienza è una pratica diffusa proprio dell’impresa pubblica che continua ad essere mantenuta artificiosamente in vita con l’iniezione di miliardi di risorse pubbliche create dai contribuenti e che potrebbero essere destinate a migliori soluzioni, mentre l’impresa privata inefficiente viene eliminata dal mercato a favore di quelle efficienti per migliore gestione e capacità.
Ha presente la ex ALITALIA oggi ristrutturata con forte diminuzione di aerei, rotte e personale…??? Sembrerebbe di no da quello che vorrebbe…!!!
ALITALIA avrebbe dovuto fallire già da oltre 20 anni come è successo ad altre compagnie aeree pubbliche europee, avremmo risparmiato decine di miliardi per dare retta a politici ed amministratori incapaci che hanno avallato stipendi assurdi da 20.000 euro al mese molto più di altre compagnie ed anche per colpa dei sindacati che sono stati in silenzio ma hanno strillato inutilmente alla fine del magna magna rivendicando una falsa occupazione.
Giovanni Castellucci.
Io non ritengo fatale ed inevitabile la negativa gestione economica pubblica.Si tratta di puntare sul concetto di responsabilità,che in questo caso deve far capo al senso dello Stato,in Italia sempre carente.
@ GIOVANNI BONFILI:
I fatti dimostrano che troppo spesso il senso di responsabilità e dello Stato di alcuni nelle imprese pubbliche viene sopraffatto da altri interessi, politici ed anche personali, a danno della collettività.
Giovanni Castellucci.
Questo,purtroppo,è molto vero,ed io me ne rammarico molto perchè non trovo per niente tranquillizzante affidare le sorti economiche di una comunità alle sole spinte del mercato che,come diceva Einaudi,famoso economista liberale,non ha morale.