A 28 anni si imbarca per salvare migranti:
«Dietro ai numeri ci sono storie,
non si può rimanere impassibili»

APIRO - Marie Moeller, infermiera di origini tedesche, ha passato il mese di dicembre a bordo della nave Sea-Eye dell'organizzazione non governativa. Il racconto dei momenti più belli dell'esperienza e delle difficoltà nel trovare un porto sicuro: «In due giorni quattro salvataggi al largo delle coste libiche, 223 persone a bordo, tra cui 8 donne incinte, una decina di bambini, 40 minori non accompagnati. Vorrei un'Europa più giusta»

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Marie Moeller a bordo della nave Sea-Eye

di Leonardo Giorgi

«Le persone a volte leggono le notizie, ma non riescono a vedere le facce oltre i numeri. Spesso non si riesce a comprendere che dietro ogni numero c’è una storia, una famiglia, la ricerca di un futuro migliore. Una volta che fai questa esperienza, una volta che vedi certi cose, sai che nessuno potrebbe essere impassibile a tutto questo». Marie Moeller, ragazza 28enne di Apiro e originaria della Germania, anche per conoscere queste storie si è imbarcata volontaria sulla nave della organizzazione non governativa tedesca Sea-Eye, che dal 2015 si occupa di salvare i migranti in mare aperto che dall’Africa tentano di attraversare il Mediterraneo per arrivare in Europa. Ma prima di tutto, Marie, che ha studiato per diventare infermiera, voleva aiutare più persone possibili. E ci è riuscita. È il regalo di Natale che lo scorso dicembre ha voluto fare agli altri e a se stessa.

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Un momento di un salvataggio

«È stato tutto molto spontaneo, il pensiero di fare salvataggio in mare ce l’avevo già da un po’ – racconta la giovane -. Sono infermiera e quindi avevo voglia di partire come volontaria in una di queste missioni. A ottobre avevo visto un annuncio della Sea-Eye in cui cercavano urgentemente un paramedico per la missione successiva. Dopo due giorni mi hanno presa, e a inizio dicembre sono partita». E di lavoro da fare, effettivamente, ce ne è stato subito tanto. «In due giorni quattro salvataggi al largo delle coste libiche, 223 persone a bordo, tra cui 8 donne incinte, una decina di bambini, 40 minori non accompagnati. Siamo rimasti un mese lì. Durante i salvataggi facevamo il primo check della situazione. Le persone erano tutte disidratate, la maggior parte non avevano mangiato. Ecco, avevamo emergenze di questo genere. Avevamo poi persone che arrivavano con ossa rotte perché picchiate nei centri di detenzione in Libia. Abbiamo fatto i primi controlli alle donne incinte nonostante i pochi mezzi a disposizione. Nei giorni successivi alle prime emergenze, anche problemi più semplici, come febbre e tosse».

Ma Marie Moeller non si è mai persa d’animo. E in effetti, se provate a chiederle quali sono stati i momenti più difficili, lei prima di tutto vi ricorderà la bellezza di quest’esperienza, l’importanza di aver condiviso il viaggio della vita con persone che tutto quello che hanno, ce l’hanno addosso. Solo dopo emergerà l’amarezza per le mancanze europee. E, ancora di più, i giorni di attesa, bloccati dentro una nave, sperando in un porto sicuro. «È stato bellissimo poter conoscere le loro storie – sottolinea Moeller -. Ti rendi conto di quello che hanno passato, la forza di intraprendere questo viaggio, capisci la potenza del mare. Nessuno si metterebbe facilmente in imbarcazioni come quelle che usano queste persone, se non si è costretti a farlo. Abbiamo passato momenti molto belli, semplici. Anche nella quotidianità: penso al lavaggio dei vestiti. Abbiamo messo delle bacinelle enormi e mentre li lavavamo ascoltavamo la musica a tutto volume. I loro sorrisi, la loro fiducia. Dopo tutto quello che hanno passato, si fidano di te. È una bellissima cosa. Condividere le storie di queste persone significa dare loro il giusto valore».

Marie-Muller2-325x217Un mese in mare che ha fatto rendere conto alla giovane, appunto, il significato di parole come “nave Ong in attesa di un porto” che si leggono quasi quotidianamente nei giornali. «Abbiamo dovuto aspettare una settimana per un porto sicuro in Italia – spiega la volontaria -. È tutto un gioco politico: l’Italia che dice “no, questo è un problema di Malta”, poi Malta che dice un’altra cosa, e così via. Alla fine, sotto le feste, all’ultimo ci è stato assegnato un porto sicuro a Pozzallo, in Sicilia. Abbiamo fatto sbarcare le persone il 24 dicembre. Quasi un miracolo di Natale». Attraccata, la nave saluta le persone salvate dalla furia del mare. «Una volta scese, queste persone vengono fatte scendere e vengono raccolte nei centri. Noi volontari non sappiamo che cosa ne sarà di loro».

E che succede invece a chi, invece di finire a bordo di una nave come la Sea-Eye, viene recuperato dalla guardia costiera libica? «Un ragazzo africano mi ha raccontato che ha tentato sette volte di fare questo passaggio dall’Africa all’Europa. Negli ultimi sei tentativi è stato sempre intercettato dalla guardia costiera libica ed è stato messo ogni volta in questa specie di prigioni in situazioni catastrofiche, con molte violenze. Una volta uscito, ha dovuto ogni volta riguadagnarsi il passaggio. Tutto questo per sei volte. Una persona che non è motivata, che viene a fare “turismo”, come a volte si legge in certi giornali, non fa una cosa del genere». Un’altra situazione che ha colpito Marie Moeller «è stata quella – racconta – di un bambino di 5 anni che noi abbiamo preso sulla nave. Non riusciva più a camminare perché è stato quattro notti e tre giorni sulla barca con le altre persone migranti, senza mangiare, completamente fermo. Facendo gli esercizi e giocando con lui, è riuscito a recuperare. Viaggiava con due fratelli di 15 e 16 anni, fuggiti dal Sierra Leone per la guerra civile».

Marie-Muller4-325x183L’ultimo Natale, insomma, resterà indelebile nei ricordi della ragazza. «Anche solo il fatto di stare in una nave con 25 persone in 56 metri, in mezzo al mare, con volontari da tutto il mondo, è un’esperienza forte – ammette la ragazza – Poi i salvataggi, le storie, i piccoli momenti. Sei in condizioni assurde, se ci pensi bene. Quello che mi ha lasciato è la conferma della mia volontà di un’Europa più giusta. Io penso che se noi nel nostro piccolo facciamo qualcosa la situazione migliorerà. Spesso ci si chiede “io cosa posso fare?”. Ecco, il primo passo è informarsi. È fondamentale informarsi su quello che succede. Perché succede qui, in Europa, nel 2022. Davanti ai nostri occhi. Quindi l’esperienza mi ha lasciato non solo tristezza e rabbia per la politica e per tutto quello che vuoi cambiare. Mi ha lasciato anche tanta positività». E chissà se Marie Moeller, tornata a casa da qualche giorno, il prossimo Natale sarà ancora a prendersi cura di chi a casa non ci può tornare più. «Io personalmente spero di ritornare. Se non questa estate, entro fine anno».



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