Giorgio Menichelli
«Una sempre maggiore adesione della popolazione alla campagna vaccinale è l’unica arma a disposizione nella lotta contro il Covid. Convincere gli indecisi, con argomenti scientifici e inconfutabili, è la sfida che il Governo deve intraprendere. Perché il Green Pass, seppur valido strumento, è stato posto con molta confusione nella sua obbligatorietà. E questa incertezza divide gli imprenditori, rischiando di mettere in contrapposizione le loro giuste istanze». Confartigianato Imprese Macerata-Ascoli Piceno-Fermo ha nei giorni scorsi acceso una profonda discussione interna e la sua Giunta esecutiva ha formulato una serie di riflessioni. Confrontandosi anche con gli associati con un questionario. Confartigianato Interprovinciale ha infatti avviato un’ampia raccolta dati sul territorio, facendo compilare ai suoi associati un questionario anonimo circa il Green Pass e i suoi possibili obblighi. Un’occasione per dare voce agli imprenditori e per fotografare un quadro preciso e veritiero circa l’impatto della Certificazione Verde sul sistema produttivo. Il campione è fatto da quasi 500 questionari compilati e riconsegnati all’associazione nelle ultime 48 ore, e rappresenta appieno tutti i settori produttivi: dall’edilizia al commercio, dall’agricoltura alla moda/calzaturiero. Il 60% degli imprenditori proviene dal Maceratese, il 21% dal Fermano, il 19% dall’Ascolano.
Il 53% dei partecipanti al sondaggio si dice favorevole all’obbligo di Green Pass già varato dal Governo (con impiego in eventi, bar, ristoranti) e il 55% è d’accordo all’introduzione della Certificazione per i dipendenti nei luoghi di lavoro. Quest’ultimo dato va comunque contestualizzato perché le maggiori perplessità arrivano proprio da chi ha più personale in organico. In effetti, alla domanda “riusciresti a gestire le operazioni di controllo del Green Pass nella tua impresa”, il 54% è contrario a questa incombenza. In presenza di obbligo di Green Pass, gli intervistati sarebbero disposti a “frenare” i dipendenti sprovvisti di documenti impedendo loro l’accesso in struttura (45%) o sospendendo lo stipendio del dipendente non in regola (20%). Un 10% del campione non vuole comunque applicare alcun tipo di sanzione o limitazione al personale. Reputata marginale dagli intervistati la possibilità di far cambiare mansione al dipendente senza Green Pass: del resto, questa ipotesi è impraticabile per le ridotte dimensioni delle imprese interessate al questionario (per lo più MPI). Gran parte degli imprenditori è invece convinta (59%) che l’introduzione della Certificazione Verde obbligatoria complicherà il reperimento di nuova manodopera in caso di bisogno.
Enzo Mengoni
Rendere quindi obbligatorio il Green Pass? Il campione si spacca (52% contrario, 48% favorevole). «Questo nostro questionario evidenzia che il Green Pass è un provvedimento che sta dividendo di netto il settore produttivo – spiega il segretario generale Confartigianato Mc-Ap-Fm Giorgio Menichelli – e questa incertezza riteniamo sia condizionata ad una serie di rebus che attanagliano gli imprenditori. Vanno sicuramente chiariti gli ambiti della loro responsabilità. Il primo punto interrogativo riguarda proprio la privacy del singolo perché il datore di lavoro non può pretendere di sapere quali dipendenti siano vaccinati. Mettiamo caso che questo limite verrà superato legislativamente: l’obbligatorietà di Green Pass nelle aziende aprirà una serie di ripercussioni nel rapporto dipendente-imprenditore, con quest’ultimo che sarà costretto a prendere provvedimenti nei confronti di chi si rifiuta di presentare la Certificazione Verde. Come? Cambiandolo di mansione? Sospendendo lo stipendio? Addirittura licenziandolo? Tutte ipotesi che porteranno all’apertura di contenziosi. Il tessuto economico italiano è sorretto dalle micro e piccole imprese. Le ditte dei nostri associati hanno una dimensione media di poche unità (4 o 5 al massimo), sono spesso a conduzione familiare e il titolare lavora al fianco dei propri dipendenti. Il rapporto di lavoro è molto diverso rispetto ad una grande industria. L’avvio di ipotetici contenziosi aggraverebbe sicuramente il clima interno e le dinamiche spiacevoli influenzerebbero in negativo la produttività. In questo momento dobbiamo assolutamente parlare di ripresa, altro che di ulteriori rallentamenti. E sotto tale aspetto si nasconde un timore comprensibile: gli imprenditori non vogliono trovarsi nella condizione di non riuscire a reperire nel mercato, in tempi certi, manodopera specializzata e provvista di Green Pass. Lo spauracchio è dover bloccare quella produzione che è ripartita con tanta fatica».
Cosa fare? «La nostra posizione – prosegue il presidente interprovinciale Enzo Mengoni – è già molto chiara in merito alla vaccinazione, che riteniamo essere il solo metodo utile a scongiurare nuove restrizioni e l’ennesima chiusura delle attività economiche. Proteggerci, e proteggere gli altri, è una responsabilità collettiva, in primis per salvaguardare il bene primario, cioè la salute. Quindi, oltre all’aspetto sociale, siamo convinti che una campagna vaccinale capillare possa davvero evitare ulteriori tracolli economici. Ora l’introduzione del Green Pass obbligatorio sta gettando gli imprenditori in un limbo di incertezza circa la loro responsabilità sul controllo della Certificazione. Tale incombenza non può infatti ricadere esclusivamente sulle spalle delle aziende. Nei periodi più bui di questa pandemia e nei maggiori picchi di contagi le nostre imprese hanno lavorato in sicurezza, seguendo tutti i protocolli previsti dalle normative. I risultati si sono visti, le aziende sono state efficienti e non hanno alimentato la diffusione. Quindi non possiamo ora mettere gli imprenditori nella condizione di fare gli sceriffi, obbligandoli ai controlli dei Green Pass. Impegniamoci tutti a fare la nostra parte per far crescere la campagna vaccinale». Anche perché Confartigianato sottolinea un ulteriore paradosso, che discriminerebbe ancora una volta il settore privato. La domanda è: come si comporterà il Governo con la pubblica amministrazione? «A rigor di logica – le conclusioni di Confartigianato – il Green Pass dovrebbe essere vincolato ovviamente anche ai dipendenti delle Pa, molti dei quali svolgono attività al pubblico come, ad esempio, tutti gli operatori dei front office o tutti gli sportelli degli Enti per l’erogazione di servizi fondamentali».
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“È necessario arrivare ad un punto di rottura perché la rottura si realizzi. Dall’inizio della pandemia i popoli di tutto il mondo sono scesi in piazza innumerevoli volte. Gli italiani sembravano sedati da una sorta di ipnosi. Con il green pass il miracolo si è compiuto: le piazze italiane si sono riempite. Ed è interessante notare che in piazza a contestare c’erano non solo i no-vax, ma anche i vaccinati, che, per motivi di principio, protestano per tutelare le libertà costituzionali.
Lo stesso concetto è ribadito da Cacciari nell’articolo di ieri: io mi sono vaccinato, ma la democrazia è libertà di scelta e questa libertà di scelta va difesa. Nel contesto del generale risveglio si pone il pezzo firmato congiuntamente da Cacciari e di Agamben che, bisogna dargliene atto, è stato l’unico ad intervenire dai primi giorni della pandemia con i suoi interventi quotidiani su Quodlibet. Purtroppo la sua voce è stata isolata ed ascoltata solo da minoranze. Per attirare l’attenzione di un numero sufficiente di persone, bisognava esagerare. Ed si è esagerato.
La somministrazione dei vaccini è stata affidata all’esercito per sottolineare il clima di emergenza, di protezione civile in cui ci troviamo. Ma per chi ha la mia età l’idea di una scelta sanitaria imposta dall’esercito ha qualcosa di inquietante come inquietanti suonano le minacce di mandare l’esercito porta a porta a «stanare» i non vaccinati. Analogamente, per quelli della mia generazione, la morte di De Donno evoca il fantasma di Pinelli. Per la mia professione nella comunicazione il primo problema che ha attirato la mia attenzione è stato da subito la mancanza di alternativa imposta al discorso pandemico.
Democrazia significa tutela del parere delle minoranze. Questo parere è stato sradicato in nome della scienza, chi lo professava è stato zittito ed insultato nei dibattiti pubblici. Nell’articolo contro il green pass, pubblicato dall’Istituto Italiano di Studi Filosofici di Napoli, Agamben e Cacciari criticano il green pass affermando che «la discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica».
L’art. 3 della Costituzione italiana vieta esplicitamente ogni forma di discriminazione. L’affermazione dei due filosofi dovrebbe quindi essere, in qualche modo,ovvia. Invece il fatto stesso che il sito Dagospia definisca l’articolo una «bomba» solo perché dissente dalla vulgata del «mainstream» è una conferma di quanto gli autori espongono nell’articolo citato e cioè del pericolo di una deriva totalitaria. Mi sembra di assoluta evidenza che un’informazione che bandisce qualsiasi forma di dissenso, sia di per sé sinonimo di propaganda.
E la propaganda ha poco di democratico. Da quando è iniziata la pandemia la televisione ci ha abituati alla consuetudine del dibattito unanimistico. Ci sono format e programmi come il talk show che hanno bisogno per esistere di un contraddittorio. Dato che gli invitati sono tutti della stessa idea, essi non sono tenuti a confrontarsi, ma fanno gara tra loro a superarsi in ortodossia ed obbedienza ai vari Dcpm ed ora a Decreti Legge che hanno sostituito la legislazione ordinaria. Mi si obietterà che tutto questo è fatto per il bene comune, un bene comune che autorizza uno stato di eccezione, previsto però in Italia, solo per lo stato di guerra (art. 78 della Costituzione).
Tutela cioè la collettività, ma anche l’individuo. E i trattamenti sperimentali sono esclusi dal codice di Norimberga, dalla dichiarazione di Helsinki, dalla convenzione di Oviedo. Il processo di Norimberga basta da solo ad evocare il nazismo. Gli imputati si difesero sostenendo di aver obbedito agli ordini. Per evitare che queste aberrazioni si ripresentassero fu stabilito un codice a futura memoria. Tra l’altro esso prevede che la sperimentazione sia ammessa solo se «il soggetto volontariamente dà il proprio consenso ad essere sottoposto ad un esperimento».
Senza accettazione volontaria l’esperimento non può avere luogo. Il vaccino è ancora in fase sperimentale. Cito dal bugiardino Pfizer e quindi faccio parlare direttamente le case farmaceutiche produttrici, perché sia ben chiaro che non sto riferendo il mio parere personale: «Per confermare l’efficacia e la sicurezza di Comirnaty il titolare dell’autorizzazione alla emissione in commercio deve fornire la relazione finale sullo studio clinico» e a lato «Dicembre 2023».
Sino al 2023 il vaccino sarà una terapia sperimentale con esiti futuri incerti. In questi giorni la senatrice Segre, sopravvissuta all’Olocausto, è intervenuta dicendo che è folle paragonare vaccino e green pass alla Shoah. Ci sarebbe una sproporzione tra le cose. Ma la senatrice sembra dimenticare che c’è sempre un inizio e la discriminazione è quell’inizio. Per parlare di regime autoritario non è necessario poi arrivare sino ai forni crematori. Basta che la normale vita democratica ed i diritti dei cittadini subiscano delle limitazioni.
In senso opposto va invece l’intervento di un’altra sopravvissuta all’Olocausto che milita invece sul fronte opposto, la signora Vera Sharav. «Conosco le conseguenze – dice la sopravvissuta – di essere stigmatizzati come diffusori di malattie». Il suo calvario è incominciato a piccoli passi con la segregazione ed il divieto sempre più esteso a partecipare alla vita sociale, a entrare in determinati contesti, a viaggiare.
La cosa che più mi ha colpito nell’intervento di Vera Sharav è la lucidità con cui collega il nazismo all’uso autoritario della medicina. In nome della scienza – ci dice – viene cancellato ogni principio morale della società.
Questa affermazione mi fa ricordare il fondamentale intervento di Agamben con la sua «Domanda» rivolta a tutti gli italiani. «Com’ è potuto avvenire che un intero Paese sia senza accorgersene eticamente e politicamente crollato di fronte ad una malattia?». In nome della sopravvivenza e di quella che Agamben chiama «nuda vita» (una vita privata di ogni valore che travalichi la sopravvivenza biologica ), gli italiani hanno accettato di lasciar morire i loro anziani in solitudine negli ospedali, hanno accettato di incenerire i cadaveri senza sepoltura, hanno accettato la perdita di ogni principio morale. Ed hanno rinunciato alla vita sociale.
E questa adesione acritica da parte dei cittadini è per certi versi più inquietante dell’autoritarismo del governo. È un indice inequivocabile che i meccanismi dell’autoritarismo sono già stati introiettati da tutti noi come naturali e che appartengono ormai alla quotidianità e al nostro futuro.”
(Carlo Freccero, fonte https://www.ariannaeditrice.it/articoli/questa-adesione-acritica-dei-cittadini-e-piu-inquietante-dell-autoritarismo)
Il punto sulla responsabilità del controllo e dell’organizzazione prevederà certamente tanta fumosita’ come la responsabilità dei Dirigenti nelle scuole: dovranno essere tolleranti sulle difficoltà di gestione, ma dovranno agire in modo da evitare i contagi!! E che significa? Che il tizzone rimane sempre nelle mani dell’ultimo anello dei responsabili!! E vai con Pilato!