La protesta dei lavoratori alla Boost
di Francesca Marsili
«La situazione è pesante, io e mio marito lavoriamo entrambi qui e tra qualche giorno oltre alla mensilità di giugno che non è ancora stata pagata si sommerà quella di luglio. Andare avanti senza alcuna certezza è insostenibile. Noi lavoratori abbiamo accettato la cassa integrazione sapendo che sarebbe stato un sacrificio ma nonostante ciò la società non ha mantenuto l’accordo sottoscritto di anticiparne il pagamento». Le parole di Alessandra Pennacchietti, lavoratrice del gruppo Boost, ex Nazareno Gabrielli, arrivano dai cancelli chiusi dello stabilimento di Tolentino nella seconda giornata di sciopero e presidio di questa mattina dopo quello avvenuto lo scorso giovedì 22 luglio davanti alla sede della Prefettura di Macerata. Lei è una dei circa cento dipendenti dello stabilimento di Tolentino del gruppo Boost che attende di ricevere ciò che gli spetta. Racconta di lavorare nello stabilimento da diciassette anni, suo marito da trentuno, «ho anche pensato di andarmene a causa delle incertezze, ma alla mia età, quarantasette anni, è troppo difficile» confessa.
Alessandro Gay e Biagio Liberati
La situazione del gruppo Boost, leader nella produzione di agende, diari, notebook a livello internazionale è caldissima. Nei giorni scorsi, la direzione aziendale ha comunicato a tutti i dipendenti che non è in grado di prevedere le tempistiche di pagamento degli stipendi del mese di giugno con quelli di luglio che bussano alla porta. La stessa sorte si era verificata con la mensilità di maggio pagata con oltre un mese di ritardo. «Dopo il presidio di giovedì scorso il Prefetto ha preso in carico la nostra istanza – dichiarano Alessandro Gay e Biagio Liberati, segretari generali di Fistel Cisl Marche e Slc Cgil di Macerata intervenuti al presidio di questa mattina – grazie al suo interessamento è previsto per domani alle 16,30 un incontro video con la proprietà, le sigle sindacali e il prefetto appunto. Si va verso le due mensilità non corrisposte ai circa cento dipendenti a cui si aggiungono una ventina di altri ex lavoratori che non hanno ricevuto né trattamento di fine rapporto né il fondo di previdenza complementare, occorrono risposte urgenti non più procrastinabili». Il gruppo, nato dalla fusione nel 2019 della ex Lediberg e della ex Arti Grafiche Johnson, conta circa novecento dipendenti nelle sedi di San Paolo d’Argon (Bg), Cenate Sotto, (Bg), e Tolentino. «L’azienda ci ha comunicato che ha nel portafoglio ordini per poter lavorare, solitamente questo tipo di produzione stagionale inizia a marzo fino a dicembre – sottolinea Biagio Liberati – ma hanno un problema di liquidità che non permette loro di ripartire. Domani faremo di tutto per ottenere delle risposte».
Francesca Biagetti e Vincenzo Annunziata
La preoccupazione maggiore – per le sigle sindacali – è sul versante delle lavoratrici e lavoratori inseriti in un territorio già fortemente colpito prima dalla crisi finanziaria e successivamente dal sisma, per i quali in diversi incontri hanno chiesto alla proprietà la tenuta del livello occupazionale attuale. «Non ce la facciamo più in questo modo. Ci sono tantissime situazioni in cui moglie e marito lavorano qui e che quindi entrambi non riescono a portare a casa un solo stipendio ed hanno chiesto la sospensione dei loro mutui, ad altri le banche non lo hanno nemmeno accordato – commentano amareggiati Francesca Biagetti e Vincenzo Annunziata, rappresentanti rispettivamente della Rsu di stabilimento Cisl e Cgil – La cassa integrazione straordinaria che abbiamo sottoscritto per 24 mesi, fino a gennaio 2023, dove ogni lavoratore percepisce circa 800 euro è già un grosso sacrificio. Noi chiediamo alla società cosa intende fare con questo sito, che a parole ha sempre dichiarato di voler mantenere. Non si possono permettere di chiudere un’azienda che ha centoventi anni di storia e neppure non darci risposte chiare» concludono i dure rappresentanti.
I lavoratori della Frau che hanno portato la propria solidarietà ai colleghi della Boost
A sostegno dei lavoratori e delle lavoratrici nel presidio di questa mattina davanti allo stabilimento della ex Nazareno Gabrielli è arrivato anche un gruppo di colleghi del gruppo Poltrona Frau. «Siamo qui in segno di solidarietà – commenta il gruppo che fa parte della Rsu dello storico marchio di arredamento e design – molti dipendenti della Boost hanno mogli o mariti che lavorano in Frau e ci sembrava doveroso esserci. Storicamente poltrona Frau, Nazareno Gabrielli e la Conceria del Chienti erano chiamate “le tre sorelle” per prestigio e qualità, siamo legati a doppio filo, siamo tutti intrecciati tra noi. A loro va il nostro sostegno». Negli ultimi anni è stato fatto tutto il possibile per sostenere l’attività dell’impresa e tutelare nel contempo i lavoratori. L’ultimo accordo sottoscritto in sede ministeriale a febbraio 2021 con un piano industriale approvato, il contestuale ulteriore prepensionamento di oltre 200 persone, oltre ad un uso rilevante della cassa integrazione straordinaria, è stato l’ulteriore sforzo che tutti i lavoratori e le lavoratrici di Boost si sono assunti, con il fine unico che per sindacato e lavoratori è irrinunciabile: il rilancio industriale dell’intero gruppo. I lavoratori hanno dimostrato in questi anni difficili estrema responsabilità e senso del dovere non comuni.
«Sappiamo che oggi l’azienda si trova in una situazione molto critica sul versante delle disponibilità finanziarie che necessita di un intervento degli istituti bancari – dicono Alessandro Gay e Biagio Liberati -. Nonostante il fatturato inteso come ordini acquisiti per l’anno 2021 sia in netto miglioramento rispetto all’anno precedente, rischia di andare perduto per le difficoltà finanziarie in corso. Ad oggi, pur avendo più volte richiesto prospettive future, non abbiamo ricevuto alcuna risposta soddisfacente da parte dell’azienda, se non una assenza di una linea industriale perseguibile e concreta. La crisi finanziaria del gruppo sta pesantemente incidendo anche sulla capacità produttiva. Il ricorso massivo alla cassa integrazione non è mai stato così ampio come quest’anno. Il futuro di una delle più importanti e storiche realtà manifatturiere della nostra regione è fortemente a rischio». In relazione alla grave crisi finanziaria che il gruppo Boost sta attraversando, ulteriori dettagli arrivano dalle colonne del Corriere della Sera a cui Marzio Carrara, ceo del gruppo ha affidato nei giorni scorsi il suo sfogo. «Se vuole che le dichiari che chiederemo il concordato, le rispondo di no. In questo momento l’intenzione non è gettare la spugna, ma tentare di andare avanti», dichiarava l’imprenditore in un’intervista al quotidiano.
«Tutti gli accostamenti che ho subito nell’ultimo anno mi hanno tagliato le gambe, mi stanno rovinando» dichiarava precisando che gli accostamenti di cui fa menzione sono ad Alberto Di Rubbia, il contabile della Lega condannato in primo grado per peculato per il caso di Lombardia Film Commission. Di Rubbia è stato consulente di Carrara. «Con Di Rubba ci lavoravo anche dieci ore al giorno – ha dichiarato l’imprenditore bergamasco al Corriere della Sera – non ho mai nascosto di conoscerlo, siamo della stessa valle. Aveva iniziato ad assistermi per la prima acquisizione di Arti Grafiche Johnson, faceva il ristrutturatole, aveva deleghe e procure del notaio per operare. Quando è stato arrestato (a settembre del 202 il Tribunale ha disposto i domiciliari, abbiamo interrotto i rapporti» Ad oggi, in attesa dell’incontro previsto per domani tra le sigle sindacali, la proprietà e il Prefetto di Macerata Flavio Ferdani, l’unica certezza per i lavoratori del Gruppo Boost è un messaggio dalle tutt’altro che rosee prospettive pervenuto sui loro telefoni da parte di una dirigente «non ho nessuna novità relativa al pagamento degli stipendi di giugno. La disponibilità non c’è neppure per fare degli acconti».
«Gruppo Boost in crisi, stipendi in arretrato e poca chiarezza sul futuro»
Uno dei cartelli esposto durante lo sciopero
Coraggio ragazzi non mollate!!!
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Non vee preoccupatee, ci pensa il “Gladiatore” Landini (sigh). Prima c’era, Massimo Decimo Landini, ora il Conte Ministro Landini. Prima strillava, ora non strilla più.
ah perche adesso è colpa di landini? chiedo per un amico…
qualcuno che critica landini conosce forse un certo alberto …..aspetta…non da giussano…neanche de giussano …forse da rubba ..te rubba …booh..chiedo sempre per un amico..