«La Mercuri si rassegni ad essere etichettata come “figlia di” perché lo è. Le quote rosa non dovrebbero essere rispettate sulla logica di legami parentali». Non tarda ad arrivare la risposta delle donne del Partito democratico, chiamate in causa anche dalla stessa Milena Mercuri, membro del consiglio di amministrazione dell’Atac finita al centro della polemica nuovamente a seguito del rinnovo delle cariche del cda dove assieme a lei figurano di nuovo Ottavio Brini e Daniele Rossi, a sua volta fratello della consigliera Monia. Un cda della “parentopoli” come ha avuto modo di sottolineare compatta l’opposizione. E le donne del Pd incalzano: «che la Mercuri si appelli alla dignità di donna e alle quote rosa per giustificare la sua presenza nel Cda Atac, negando la lottizzazione partitica e parentale nelle nomine delle aziende partecipate che ha caratterizzato l’amministrazione Ciarapica, è un insulto all’intelligenza dei cittadini civitanovesi – sottolineano Mirella Franco, Vera Spanò, Lidia Iezzi e Caterina Pucci – Inoltre la Mercuri dovrebbe essere più attenta nel disquisire sull’argomento delle quote rosa, dal momento che il sindaco Ciarapica, solo perché costretto da un ricorso al Tar, si è deciso a rispettare la legge sulla rappresentanza femminile in giunta, legge che aveva violato nominando solo due assessori donna su otto componenti dell’esecutivo. Questo per precisare il contesto che non consente alla Mercuri di dare lezioni di buona politica. Che lei sia “figlia di” è un dato di fatto, e che, grazie al suo certificato anagrafico, abbia avuto maggiori opportunità di altri nell’accedere al Cda dell’Atac, lo dimostrano anche le sue stesse argomentazioni. È lei, infatti, che ci ricorda che il padre (Marino) ha rifiutato l’assessorato quando gli venne offerto. Ci scuserà pertanto se a questo punto ci sorge il sospetto che la merce di scambio sia stata proprio il suo posto, remunerato, nel Cda Atac, dal momento che non ci risulta che ella possegga particolari competenze gestionali, come sarebbe opportuno per una azienda che muove milioni di euro ogni anno. Altro che donna più votata della sua lista. Nel 2017 raccolse “ben” 37 voti, con il meccanismo elettorale che consentiva di esprimere una doppia preferenza (uomo-donna), e, con il padre candidato nella stessa lista (che ha preso 83 preferenze), non è difficile immaginare il ruolo di traino esercitato dal genitore. La questione principale, tuttavia, a nostro avviso, rimane la competenza, tallone di Achille della Mercuri, che tuttavia resta nel Cda mentre vengono sostituti Borroni e Paolucci, che di competenza ne avrebbero in quanto rispettivamente commercialista e tecnico commerciale con esperienze anche in grandi aziende, e invece sono stati invitati a farsi da parte. Sono lontani i tempi in cui Ciarapica annunciava il cambiamento nel senso della competenza. La Mercuri si rassegni allora ad essere etichettata come “figlia di” perché lo è».
Nomine Atac, Milena Mercuri: «Etichettarmi come “figlia di” è un’offesa alla mia dignità di donna»
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Ciarapica sindaco e Brini vicesindaco. C sta ricostruendo una grande famiglia dove parenti o no, spera di ricompattare sotto l’egida di Forza Italia suo nuovo partito di referenza, quella Civitanova che ne aveva talmente tanto piene le gonadi da mandare tutti a spasso, prima Mobili, poi Corvatta e adesso toccherebbe a lui. Di certo per il cinquanta per cento, contribuì quella famosa foto che a due giorni dalle votazioni vedeva vicini e pronti alla sfida Mobili e il sempre grigio Ottavio Brini. Naturalmente Corvatta vinse e poi perse miseramente e chiunque si fosse presentato lo avrebbe battuto e qui C lo capì prima degli altri e si promosse a nuovo condottiero con la cupidigia di tutti i suoi progetti miseramente falliti quando dati in pasto al consiglio comunale.
Lì come non avviene dalle altre parti, fu proprio grazie alla maggioranza e parte della minoranza fatta esclusione di chi effettivamente impossibilitato a partecipare perché lì qualcuno manco e se chiedessi chi, saprebbero rispondere tutti in coro. Si riuscì comunque a stoppare lui e possibili proventi anche per altri. Forse in maggioranza mancò una volta il nome di chi sperava che alla fine sarebbe stato battezzato nuovamente assessore alla cultura e turismo e deluso nuovamente fu? Proventi di immagine, naturalmente, visto che ogni altra congettura sarebbe suscettibile di denuncia ed essere querelati da C sarebbe più offensivo che ridicolo. All’inizio della sua amministrazione risolse con quattro lire da guadagnare nei soliti posti che ad ogni elezione rimangono liberi e che, capita subito la situazione qualcuno accettò perché meglio di niente erano rispetto al rimanere in consiglio a non contare una cippa come tutti gli altri che però si vendicarono abbastanza ma non del tutto visto che comunque qualche bischerata anche gravissima è passata. Parlo al plurale ma quella importante è solo una, vergognosa perché colpisce la dignità di tutti quelli che lavorano per pagare pure le tasse per Civitanova e per C, sottratte in malo modo e ancora non odo sussulti che ti fanno salire il fegato in bocca specialmente alle sei della mattina quando hai la finanza alla porta. Parentopoli, che cos’è: “E’ solo un modo di scroccare soldi che non ti aspettano soprattutto perché non ne hai la capacità tecnica per meritarli e per poterli incamerare, chiuso tra due parentesi azzurre finché durano” e forse è rimasto poco. Comunque si sta presentando in Parlamento un nuovo progetto di legge. Dovrebbe proibire che eventuali familiari di chiamiamoli pure politici o risultato di quella espressione corale formata da una marea irrazionale, confusa, priva di ogni conoscenza politica o sociale solitamente collocati a destra che come dice Scanzi sono trecento anni che non hanno un cantante, possano essere chiamati tali quando vanno a riempire vuoti amministrativi di cui per competenza da ben altri glutei dovrebbero colmarsi. Orientamento per adesso al non si rischia niente fatto salvo per una multa di almeno cento euro da versare a chi denuncia tali sconcezze.