di Silvano Iommi
Si tratta di un controverso sito archeologico già noto ad alcuni studiosi sin dalla fine dell’800, poi dimenticato e oggi ritrovato sotto un querceto cresciuto spontaneamente insieme ad una fitta vegetazione che l’ha irrimediabilmente danneggiato. (f.to 1, 2,3,4,5).
La zona è quella del crinale compreso tra “Madonna del Monte” e contrada Isola-S-Pellegrino a Macerata, un’area a nord dell’evocativo torrente “Trutica” che alcuni studiosi locali considerano il “vallo Longobardo”; un territorio da sempre molto conteso e che in epoca tardo romana era sottoposto all’esarcato bizantino di Ravenna. Nei documenti del XI e XII sec. raccolti nel “Liber iurium dell’Episcopato e della città di Fermo” risulta ben documentata la serie delle “controversie” e “concordie” provocate a danno dell’Abbazia di Sant’Apollinare in Classe, da parte della potenza espansionistica della principesca corte vescovile di Fermo. In ogni caso, a testimoniare l’antica presenza dell’Abbazia ravennate nella zona c’é anche l’esistenza, fino al 1800, di una chiesa intitolata S. Apollinare, mentre nel catasto del 1873 è attestato il toponimo “contra Sant’Apollinare” associato a quelli di “S. Pellegrino” e “Isola”.
Questa lunga premessa per arrivare a ricordare che il primo a descrivere dettagliatamente la “grotta del diavolo” come monumentale tomba ipogea all’interno di una zona di conflitti storici, fu l’avv. maceratese Raffaele Foglietti che, avendo ereditato il “casino di campagna” posto nelle vicinanze del sito (f.13), ebbe modo di osservare direttamente i reperti e raccogliere testimonianze. Il Foglietti, prima nella sua pubblicazione intitolata “Saggio sui nomi locali del Piceno” edita a macerata nel 1880, poi nella pubblicazione delle sue “Conferenze sulla storia antica…” del 1885, descrive la struttura ipogea nel seguente modo: “A poca distanza da Madonna del Monte e da S. Pellegrino c’è un sepolcreto, questo monumento è una specie di corridoio voltato lungo 21 mt., che conduce ad un vano coperto a volta di mt. 2,20 x 3,50 e alto 4,80 circa, lo spessore del muro varia da 50 a 60 cm., internamente è intonacato ed è formato da impasto di calce, breccia e scaglie di pietra… .
Nella lunetta inferiore rimangono tracce di antica colorazione a fondo rosso, pochi anni fa nella parte opposta alla lunetta superiore…, secondo i contadini del luogo fu trovato uno scheletro umano e molte ossa di animali insieme a pezzi di terraglie di vario genere. Dagli abitanti locali il luogo viene chiamato il Tesoro e la costruzione Grotta del Diavolo. Alcuni obbiettarono che la costruzione fosse di epoca romana, ma noi riteniamo che risalisse al IX-VIII sec. a.C. (epoca etrusca)…”. (f.to 14,). Vale la pena precisare che “l’impasto” descritto è abbastanza simile a quello della monumentale “stele funeraria” del VI-V sec. a.C. osservabile nella adiacente contrada Cervare. f.to 15.
Dopo oltre un secolo lo studioso locale L. Paci, in “Storia di Macerata, le origini e le vicende politiche”, vol. I, 1986, descrive il medesimo luogo e il manufatto nel seguente modo: ” Pagus in località S. Pellegrino-Isola. Qualche anno fa …i coloni della zona rinvennero alcuni vasi greci a figure rosse che si possono datare al V sec. a.C. quando i Piceni, … . Questi vasi appartenevano ad una necropoli picena che, con l’andar dei secoli, è stata dispersa… .
Alla civiltà picena si sovrappose quella romana, della quale abbiamo qui una traccia nella cosiddetta Grotta del diavolo …, forse una conserva d’acqua, in opus coementicium, …”.
Personalmente ritengo debole l’ipotesi di una cisterna romana sulla sommità di un crinale, sia per ragioni tecnico-costruttive che idrologiche, mentre credo più argomentata e convincente l’ipotesi del Foglietti che oggi, tra l’altro, appare essere rafforzata anche dalla recente scoperta del sepolcreto Piceno in c.da Burella (nov. 2019 f,to ). Ricordando, infatti, che il Foglietti sosteneva la tesi dell’esistenza di sepolcreti lungo la linea del confine nord-orientale dell’odierno Comune di Macerata, tesi basata prevalentemente sull’analisi filologica dei toponimi prevalenti nella zona (Bura, Burella, Cerbaria, Botonto ecc., le cui radici sarebbero tutte riconducibili a luoghi di sepoltura), quest’ultima scoperta sembra completare, con un perfetto allineamento rettilineo nord-sud, la serie dei sepolcreti già noti e riportati in mappa:
la tomba di M. del Monte a nord, la stele funeraria delle Cervare al centro e il sepolcreto della Burella a sud. (f.10) A questo punto potrebbe non essere caso se anche il “thesaurus di Apollo” (un cilindro in cotto contenente migliaia di monete d’argento rinvenuto nel 1878) è stato ritrovato nei pressi di questa ideale linea cultuale, che avrebbe costituito anche un “limes” interno della fascia sub-costiera dove si sarebbe molto combattuto sin da epoche protostoriche contro le invasioni provenienti dal mare.
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Indiana Jones
Abbiamo una Storia antica pre romana e post romana da studiare. Nelle ricerche archeologiche ci fermiamo alla sola Storia romana di queste zone, considerando poco interessanti i Piceno e ciò che è avvenuto dopo la caduta dell’Impero romano. Abbiamo ricominmciato a studiare la Storia con i Comuni. Eppure, sia con i Piceni, sia con i Longobardi e i Franchi, si è fatta la Storia italica, pure se i Romani e il Medioevo hanno cercato di cancellare il ricordo di quelle civiltà. A me piace molto ciò che fa l’amico Silvano, ringraziando CM per lo spazio che accorda a questi studiosi. Però penso al turismo, che è il nostro “petrolio”. Quando sarà passato il virus cinese, perchè è stato esportato dalla Cina, che ci piaccia o meno (almeno lo crediamo tutti) dovremo pensare politicamente e come amministrazioni comunali ad organizzare un piano turistico privo di pregiudizi. Spero che le Univeristà di Macerata e di Camerino si muovano in tal senso… Non basta riportare alla luce qualche villa romana, quanto di avere il coraggio di riscrivere la Storia, costi quel che costi, tenendo in conto i reperti archeologici e monumentali che abbiamo in abbondanza. Certo, mi riferisto in particolare alla Cappella Palatina di Carlomagno, oggi Abbazia di San Claudio e a tutto il percorso delle abbazie carolinge che vanno dall’Adriatico ai Sibillini e qui portare il turismo in ogni suo aspetto, non ultimo quello dei piatti tipici della cucina contadina, che affonda le sua radici all’epoca carolingia. In parole semplici, a me interessano i quattrini per i nostri operatori turistici e per la nostra agricoltura. Non possiamo più in futuro affrontare certi argomenti con la puzzetta sotto il naso come ce l’avevano gli eruditi storici di qualche anno fa. I Tedeschi nulla hanno di Carlomagno… Eppure con la bugia di Aachen ci hanno fatto la loro fortuna storica e turistica. E noi che il Sacro Romano Impero lo abbiamo avuto qui facciamo le vergini dai candidi manti? Spero che qualche partito politico cominci ad impegnarsi in tal senso. Terminato il virus cinese.