Operai senza stipendio da mesi:
«Dopo la tragedia del sisma,
chiediamo solo il giusto»

IL REPORTAGE - Niente paga per i dipendenti che hanno lavorato nei cantieri della ditta Siar, appaltati dall’Anas, a Visso e a Macchie. Ermenegildo Venturini, 62 anni, terremotato di Castelsantangelo da gennaio attende di venire pagato. Alessandro Saitta, di Catania: «Ero partito per dare da mangiare ai miei figli. Invece da mesi non percepisco il salario». Sebastiano Lupica: «Non ho nemmeno i soldi per farmi la spesa». Massimo De Luca, Fillea Cgil: «Situazione che riguarda una ventina di persone»

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Ermenegildo Venturini

di Federica Nardi

«Il terremoto è stato una tragedia che se non la vivi, non ci puoi credere. Io pensavo che ci avrebbero un po’ aiutati, che lavorando i soldi te li guadagni. Ma è il contrario. Chiediamo il giusto, così non va bene». Ermenegildo “Gildo” Venturini, 62 anni, terremotato di Castelsantangelo, aspetta lo stipendio da gennaio dopo aver lavorato giorno e notte nei cantieri della ditta Siar, appaltati dall’Anas, sia a Visso che a Macchie, una piccola frazione di Castelsantangelo, dove i lavori sono ancora in corso per un valore di quasi 3 milioni e mezzo di euro. Come lui gli altri operai: dal primo gennaio, spiega la Fillea Cgil di Macerata che li sta seguendo, nessuno è stato pagato.

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La pec inviata all’Anas dalla Fillea Cgil per chiedere la responsabilità in solido

E molti di loro, che vivono in Sicilia, sono stati obbligati dalle circostanze a tornare indietro per andare in malattia o tentare qualche altra strada in modo da poter sfamare le famiglie. La Fillea Cgil ha cercato un confronto sia con l’azienda, che ha sede in Sicilia (a Gioiosa Marea) e fa parte del consorzio Vitruvio, sia con l’Anas. Qualche giorno fa l’ultimo avviso: una pec dalla Fillea Cgil all’Anas per chiedere la responsabilità in solido. Cioè che l’ente si prenda cura degli stipendi ancora non pagati. Ma non è arrivata risposta. Per questo alcuni operai hanno deciso di parlare per denunciare cosa accade nel cuore del cratere dei terremoti del 2016. Venturini ha perso due case, una Nocria e una di famiglia a Vallinfante. Per oltre 10 anni aveva avuto una piccola azienda, chiusa con la crisi. Dopo il sisma è vissuto due anni in roulotte, campando di risparmi e qualche donazione e senza poter lavorare. Ha un’esperienza in cantiere trentennale, compreso il sisma del ’97, ma il suo contratto «è da muratore di primo livello – racconta, seduto nella sua sae -. Mi hanno assunto il 25 settembre del 2018. A un certo punto non ho passato la visita medica e mi sono dovuto licenziare. Poi l’ho passata e mi hanno riassunto questo aprile. Aspetto quattro mesi di stipendio, sia per il cantiere di Visso che per quello di Macchie». Venturini non ha molte alternative. Prima faceva «manutenzione alle case dei paesi qui intorno ma ora le case non ci sono più. Quindi è difficile trovare lavoro. Non so uno che deve fare per vivere. Almeno i soldi che uno si è guadagnato. Sono stato sempre reperibile, anche di notte, per cambiare le batterie dei semafori al cantiere di Visso. Ho realizzato praticamente tutti i salici che servivano per i muretti stradali. Abbiamo lavorato anche con la neve e nemmeno ci pagano. Ho chiesto anche all’Anas degli stipendi, all’ingegnere. Però ti rispondono: “speriamo”. Insomma, chi vive sperando ci muore pure sperando». Venturini indica una pergamena incorniciata e appesa al muro. È un attestato per il nonno Gildo Venturini, caduto da partigiano. «Questi sono quelli che hanno fatto l’Italia – dice sospirando -, e noi la stiamo distruggendo».

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Alessandro Saitta

Alessandro Saitta ha 38 anni e viene dalla provincia di Catania. Parla al telefono perché dopo mesi senza stipendio è dovuto tornare a casa sua. «Ho lavorato dicembre e gennaio e mi hanno fatto una truffa dicendomi per quattro volte che ero in cassa integrazione metereologica – racconta Saitta -. Chiamavo invano il capocantiere che mi confermava e invece all’ultimo mi hanno detto che è stata dimenticata la mia posizione per la cassa integrazione. Così come quella di tutti gli altri operai. Tanto che all’ufficio di collocamento mi hanno detto che non ero sospeso, quindi ho chiesto di pagarmi il mese di gennaio. Mesi senza stipendio, sia per i lavori a Visso che a Macchie. Purtroppo vengo da un’altra bella botta, da sette mesi non prendevo gli stipendi e ho trovato questo lavoro, che adesso maledico. Ero uscito da Catania per portare da mangiare a casa, perché ho anche due bimbi. Ora sono tornato giù per fortuna. A febbraio ho finito perché ho capito com’era la situazione e ho detto basta. Quasi tutti i giorni ho chiamato gli uffici per gli stipendi e il ragioniere mi rideva in faccia. Poi mi ha detto che con i soldi della strada la ditta ha pagato i fornitori. E mi sono arrabbiato molto. Mi vergogno di essere italiano, che nel 2019 ci siano persone del genere in giro». Saitta è un «manovratore di mezzi pesanti – spiega -, ma mi sono ritrovato con un contratto, che non ho mai firmato, da muratore di secondo livello. Ma che cosa si sono messi in testa? Che dobbiamo andare a rubare? Ci andassero loro. Non funziona che pagano prima i fornitori, prima viene l’operaio, che è quello che fa il lavoro. Sono stanco. Come credo che sia stanco Gildo. Perché non è bastata la botta del terremoto, ci volevano pure loro. Lo hanno aiutato a cadere ancora più giù nel fosso. Non funziona così. È un grande lavoratore, umile, una persona d’oro. Dobbiamo ribellarci noi operai. Loro se ne fregano. Sono in regola con il Durc? Come fanno a ricevere i soldi dall’Anas se non sono in regola?». Sebastiano Lupica, 48 anni e residente in provincia di Catania e anche lui raggiunto al telefono, è al limite: «Non ho nemmeno i soldi per farmi la spesa – spiega -. Non sono più potuto venire a lavorare. Se non prendo lo stipendio come faccio a vivere?».

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Gabriele Parolari

Oltre a Venturini, l’altro operaio che proviene dalle vicinanze è Gabriele Parolari, 28enne di Preci che vive in sae a Castelvecchio. Per lui è stata la prima esperienza da operaio. Appena tornato da un volontariato europeo aveva cercato qualcosa per mantenersi e ha lavorato per la Siar in un cantiere di Pieve Torina. «Sembrava tutto perfetto ma poi ho iniziato a sentire altri operai che si lamentavano dei mancati stipendi e mi si è accesa una lampadina. E infatti non sono stato pagato. Dopo un mese me ne sono andato e per fortuna ho trovato un altro lavoro. Così respiro un attimo: dopo la sospensione iniziano ad arrivare di nuovo le bollette, di tutto e di più. Dopo il terremoto, farsi pure prendere in giro con lo stipendio, direi proprio di no». Massimo De Luca, della Fillea Cgil, sta seguendo la situazione: «Attualmente in cantiere ci sono 13 lavoratori a libro paga, ma da dicembre a oggi che devono prendere i soldi sono una ventina. La ditta, da gennaio, non paga nemmeno la cassa edile».

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Massimo De Luca

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L’attestato per il nonno di Venturini, partigiano



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