Ricostruzione, gli imprenditori edili:
«Mesi di ritardo sui pagamenti,
così rischiamo il fallimento»

CANTIERI FERMI - Le piccole imprese del Maceratese di Cna e Confartigianato denunciano gli ingorghi burocratici che bloccano i pagamenti di lavori completati. «Da sei mesi a un anno per il saldo, non possiamo autofinanziarci e prendere altri impegni, servono più personale stabile all'Usr e semplificazione»

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Da sinistra: Claudio Cesari, Paolo Procaccini, Michela Rossi, Pacifico Berrè, Mauro Marchetti, Ndricim Popa, Luca Marinucci

 

di Gabriele Censi (foto di Fabio Falcioni)

«Siamo educati e non facciamo manifestazioni di piazza, anche perchè scaricheremmo mattoni invece che latte, ma chiediamo ascolto».

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Pacifico Berrè

Lo dicono in coro le piccole imprese edili in ginocchio nel Maceratese per i ritardi dei pagamenti sui lavori della ricostruzione. Le denuncia arriva dai rappresentanti di settore di Cna e Confartigianato. Attese di 6-8 mesi per il saldo dei lavori chiusi della ricostruzione leggera. Pacifico Berrè, responsabile del settore edilizia di Confartigianato Macerata con Michela Rossi, responsabile Cna Gare e Appalti presentano una situazione pericolosa portando all’attenzione pubblica le testimonianze di alcune imprese del territorio che sono rappresentative di una situazione generale. «Così non possiamo fare la ricostruzione – dice Berrè – dopo dieci anni di crisi alle spalle ora alziamo le mani non ce la facciamo più, la grande opportunità non può essere colta con questo modello, 8-9 mesi per il rinnovo dell’iscrizione all’anagrafe antimafia, più di sei mesi per essere pagati sui lavori che durano 6 mesi, non è possibile. Il collo di bottiglia sta nell’ingorgo  burocratico, e la scarsità di personale dell’Ufficio ricostruzione, pochi e precari. La normativa è fatta come se dovessimo costruire il ponte sullo Stretto, ci sono 93mila case da rifare ma sono tanti piccoli lavori, è una grande devastazione ma non una unica grande opera. Bisogna velocizzare i pagamenti».  

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Ndricim Popa

Berrè critica anche le soglie Soa di 258mila e 150mila per pubblico e privato e si rivolge al legislatore e al commissario: «Bene il codice unico delle calamità ma riguarda il futuro, ora serve semplificare, la gara con tre offerte è ridicola, si aggira facilmente e il margine di ribasso è minimo». Le storie degli imprenditori si somigliano Ndricim Popa di San Severino aspetta di avere il 50% di un lavoro consegnato a maggio scorso «Se continuiamo a lavorare per il sisma abbiamo paura di fallire producendo, per un bonifico bancario servono 60 giorni, tra privati ne bastano 2. Nella mia città  solo due grandi imprese e una terza di fuori fanno il 70% dei lavori, le altre stanno ferme eppure tutti i danni lievi sono alla nostra portata». Paolo Procaccini di Esanatoglia ribadisce l’inutilità delle gare al ribasso per i piccoli lavori e il limite dei sei mesi per i lavori di categoria B: «Non sono tutti uguali possono essere di 20mila euro ma anche di milioni, non è la strada giusta per la sicurezza. Da quella che può essere una risorsa la ricostruzione rischia di farci perdere le penne, io ho due cantieri completati per 180mila euro non ancora riscossi. Non possiamo aspettare 6 mesi o un anno, con 4 dipendenti e due soci le risorse sono finite, rischiamo il fallimento». Mauro Marchetti di Cingoli è il presidente degli edili di Confartigianato: «E’ una situazione che danneggia tutto il settore e anche l’indotto».

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Luca Marinucci

Luca Marinucci di Corridonia è il costruttore che ha realizzato il primo fabbricato totalmente antisismico della provincia: «Stiamo subendo il terremoto a livello burocratico: Soa, antimafia, white list, no subappalti, abbiamo assunto nuovo personale ma dobbiamo ancora riscuotere per lavori di messa in sicurezza per pubblica incolumità,  50 mila euro da luglio 2018. Dopo il primo lavoro completato con una esposizione di 80 mila euro c’è timore a prenderne altri, c’è chi rinuncia non avendo più liquidità. Quel poco che è stato fatto è stato fatto con i  nostri soldi. Claudio Cesari di Matelica rivendica la bontà del suo lavoro: «Venti anni di crescita anche con la crisi ma ora no, lavorando non abbiamo la certezza delle riscossioni. Siamo imprese locali e conosciamo i nostri clienti, non possiamo non accontentarli se vogliamo ripartire. Siamo persone serie, artigiani che lavorano». Conclude Michela Rossi chiedendo risposte celeri: «Un anno per un incasso non è possibile, questa situazione porta a rifiutare i lavori nei propri luoghi di residenza, nell’impossibilità di autofinanziarsi».

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Claudio Cesari

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Paolo Procaccini

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Mauro Marchetti

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Michela Rossi e Pacifico Berrè

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Mauro Marchetti, Ndricim Popa, Luca Marinucci

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