di Fabrizio Cambriani
Il primo anniversario dell’inizio della terribile sequenza sismica che ha distrutto interi territori, non vedrà presenti tre dei suoi principali protagonisti: Fabrizio Curcio, Immacolata (Titti) Postiglione e Vasco Errani. Il primo, ormai ex capo della protezione civile, ha lasciato il suo incarico per motivi familiari. La Postiglione che era la responsabile di tutte le operazioni di emergenza, ha chiesto di essere sollevata per motivi personali. Errani, commissario straordinario alla ricostruzione, termina qui la sua corsa, non rinnovando il mandato in scadenza. Defezioni e coincidenze che assomigliano alle più bizzarre e remote combinazioni astrali, se non fosse che il montare delle polemiche sulla gestione dell’emergenza ancora in atto e sulla (mancata) ricostruzione, salgono ogni giorno di più, soprattutto in vista della prossima brutta stagione, ormai alle porte.
Gli spaventosi accadimenti iniziati il 24 agosto scorso, culminati con la scossa del 30 ottobre – ormai è chiaro a tutti – stanno diventando materia prima per la prossima campagna elettorale. Uomini, cose e idee saranno utilizzati e strumentalizzati solo in funzione delle elezioni politiche. La realtà non sarà più quella che vivranno davvero i terremotati nei loro luoghi, ma quella narrata dal sottosegretario di turno, nell’immancabile talk show televisivo. Del resto anche la nomina di Errani venne fatta in funzione tutta interna agli equilibri del Partito Democratico. A Palazzo Chigi c’era Matteo Renzi, il quale si muoveva con un piglio di arrogante decisionismo, proprio del miglior campione provinciale di flipper dentro il Bar dello Sport, che furbescamente lo nominò in virtù di una pacificazione con la minoranza del suo partito, in vista dell’imminente campagna referendaria. L’onda di emotività e di sgomento per i morti di Arquata e Amatrice prima e l’accanimento della natura sull’entroterra appenninico poi, non concedevano spazio a dubbi o perplessità alcune. All’unità nazionale, necessaria in quella circostanza, doveva corrispondere la Verità del pensiero unico rappresentata dal premier Renzi, che si avviava, solitario vincitore, a raccogliere un personale plebiscito – questo secondo la narrazione di tutti i più autorevoli organi di stampa di allora – grazie alle sue miracolose riforme costituzionali.
A nulla servì allora timidamente osservare che Errani aveva sì ben gestito il terremoto e la ricostruzione in Emilia, ma che la pianura Padana era ed è completamente altro dal cuore dei monti Sibillini. Che qua da noi non c’erano una moltitudine fabbriche di ceramiche da ricostruire nell’immediato, ma solo pecorai e bovari che cercavano un caldo rifugio per sé e per i propri animali, in vista dell’inverno. Ma soprattutto non c’erano i comodi collegamenti stradali della Bassa, quali la via Emilia, ma un west costituito da impervie mulattiere. Tutte in ripida salita, per lo più rese inagibili da frane e smottamenti.
Bisognava affrontare la drammatica e inedita situazione valorizzando la precedente esperienza del sisma di venti anni prima capitato, più o meno, negli stessi luoghi. Mantenere la struttura di quell’impianto normativo, adeguandola alle circostanze di un territorio straordinariamente più esteso. Invece la presunzione, da parte dell’attuale classe dirigente, di ritenersi infallibile, unita alla pochissima considerazione e alla scarsa stima di quanti li avevano preceduti – in una parola il desiderio di una rottamazione ossessiva e compulsiva – hanno creato un mostro giuridico. Un ginepraio di norme illeggibili e irrealizzabili che ha continuamente bisogno di essere modificato attraverso decreti successivi. Anche a livello politico abbiamo assistito, sbigottiti, a decisioni demenziali e in netta controtendenza rispetto alle pregresse esperienze: imperdonabile e ormai irreparabile la scelta di voler trasferire interi paesi sulla costa adriatica. Una vera e propria deportazione con tanto di autobus che avevo visto nel ’99 solo in Kosovo. Un’opzione miope che sta portando al progressivo svuotamento di intere comunità. Dalle pagine di questo giornale si è scritto solo qualche giorno fa di come le iscrizioni nelle scuole primarie, in taluni comprensori, siano letteralmente crollate.
Sull’inefficacia e l’inefficienza del governo regionale nel far fronte anche alle elementari necessità dei terremotati si è già amaramente preso atto. In altri tempi o solo in altre latitudini, governanti di tal fatta li avrebbero cosparsi di pece e piume, quindi esposti al pubblico ludibrio. Le immagini di quelle povere bestie ricoperte di neve e morte di freddo a causa di quelli che sono stati definiti dagli stessi pubblici amministratori “difetti di comunicazione”, hanno fatto il giro del mondo e gridano ancora vendetta. I ritardi nella costruzione delle casette, nella rimozione delle macerie, i continui rinvii di mesi e mesi per la così detta ricostruzione leggera stanno lì, tutti davanti a noi, a ribadire la totale, palese inadeguatezza di questa classe politica regionale. La ciliegina sulla torta – che da sola meriterebbe una class action da parte di tutti i marchigiani per grave danno all’immagine – è stata la strabiliante idea di una pista ciclabile da realizzare con i soldi degli sms solidali. Roba che non sarebbe venuta in mente manco a Baudelaire e alla sua compagnia di giro dopo una serata all’insegna di assenzio e oppio.
Vasco Errani, dopo aver preso le misure, ha avuto subito contezza con quale razza di materiale umano avrebbe avuto a che fare. Il 16 febbraio scorso perse la pazienza e pubblicamente rimproverò la Regione di questi ritardi e inadempienze. Chiese un cambio di passo radicale, senza ricevere nessun segnale nemmeno dal letargico governo Gentiloni. A parole massima disponibilità al coinvolgimento di tutti gli amministratori, nei fatti nulla. Nel frattempo, il referendum che avrebbe dovuto incoronare Renzi a novello Napoleone de noantri, si rivelò per lui un’autentica Caporetto. Errani, poi ha lasciato pure il Partito Democratico aderendo al neonato movimento di Bersani. Quello che a settembre era per Renzi e tutti i suoi tifosi, l’intoccabile uomo giusto al posto giusto è diventato in men che non si dica, un ingombrante ostacolo che si permetteva di bacchettare in pubblico gli uomini migliori (si fa per dire…) del Partito Democratico. Occorreva dunque scaricarlo alla prima occasione utile.
Errani che è uomo di mondo ha capito che era di troppo e benché volesse continuare nel suo lavoro (che tra l’altro doveva ancora cominciare), una volta scaduto il mandato, si è fatto definitivamente da parte. Poi è seguito il teatro della conferenza stampa col governo e le regioni e le vicendevoli, amicali pacche sulle spalle. Che dietro l’ipocrisia di facciata, nascondono in realtà tensioni e conflitti insanabili i quali si riverberano pure sui territori, dividendo gli amministratori tra chi è favorevole a dare più potere ai sindaci (quelli di centrodestra), da quelli che vorrebbero dare più potere a Ceriscioli, (quelli di centrosinistra).
Ecco, nel primo anniversario del terremoto, oltre a dover registrare un bilancio fallimentare su ogni fronte, ci tocca pure annotare l’epilogo di una faida tutta interna al Pd che ha visto soccombere l’oramai vaso di coccio Errani e prevalere le ragioni della giunta regionale delle Marche, guidata dal governatore ridens. Nel mezzo noi, poveri terremotati, che abbiamo assistito preoccupati a questa sequenza di defezioni, senza peraltro intravvedere all’orizzonte, nemmeno in lontananza, l’abbozzo di una benché minima prima ricostruzione.
ottimo articolo.
Caro Cambriani, un anno fa la verità era quella narrata da pennivendoli improvvisati ingegneri...
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Purtroppo l’articolo racconta le verità di una contaminazione politica della ricostruzione che non c’è. Il PD pensava di risolvere la questione con una ciclabile, ora prende tempo con gli avvicendamenti ed i nomi che si fanno sono emblematici dell’incapacità di progettare il futuro di territori diventati lunari.
Le prossime puntate prevederanno una lunghissima fine dell’emergenza, una ricostruzione che forse vedranno i nostri figli e un’infinità di truffe e speculazioni su tutto quanto concernerà il post terremoto, a cominciare dalla gestione delle macerie e dalle opere di urbanizzazione delle casette di emergenza, i cui costi già in alcuni Comuni sono lievitati a dismisura con il solito giochetto delle varianti. Le stesse casette, di qualità non eccelsa, costano un botto, più delle migliori che sono in commercio.
Insomma, lo spettacolo non sarà bello a vedersi.