Sindaci del cratere al bivio:
“Emendamenti o dimissioni”

SISMA - I primi cittadini sperano che i vincoli di bilancio che manderebbero in default i Comuni vengano superati con il decreto governativo dedicato agli enti locali. Se così non fosse molti sarebbero pronti a riconsegnare le fasce: "Siamo seppelliti non dalle macerie ma dalla burocrazia"

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I sindaci del cratere a gennaio con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella

 

L’ordinanza sulla ricostruzione pesante e il decreto governativo sugli enti locali. Sono questi i due provvedimenti che i sindaci del cratere aspettano al varco prima di decidere se riconsegnare o no le fasce tricolori in prefettura. “Dimettiamoci”, ha detto il primo cittadino di Caldarola due giorni fa ai suoi colleghi stanchi come lui di aspettare provvedimenti che ormai le amministrazioni ritengono non più rimandabili. E in una nota oggi il sindaco di Treia Franco Capponi si è fatto portavoce del territorio, ribadendo punto per punto quali sono le modifiche chieste insieme all’Anci per evitare la peggiore delle ipotesi prospettata dalle amministrazioni: il dissesto di bilancio a causa dei vincoli di legge che non tengono conto, perché precedenti al sisma, delle spese enormi necessarie per l’emergenza.

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Le macerie nella frazione di Tempori, Ussita

Le proposte di modifica: consentire ai Comuni di contabilizzare le tasse sospese a causa del terremoto, compensare la perdita delle entrate della Tari (drasticamente ridotte per le molte case inagibili) e consentire una gestione flessibile del tributo, permettere l’anticipazione di tesoreria per i Comuni che avevano una contabilità virtuosa prima del sisma in modo da avere maggiore liquidità per far fronte alle molte spese, sospendere le regole di finanza pubblica almeno fino al 2018 così come le rate dei mutui, istituire una Zona economica speciale (Zes) e infine modificare la norma sulle donazioni per evitare quella che altrimenti, dicono i sindaci, sarebbe una vera e propria beffa. Con le attuali leggi infatti tutte le donazioni, se non utilizzate nello stesso anno per finanziare progetti di ricostruzione, devono confluire nell’avanzo di amministrazione vincolato, diventando di fatto non più utilizzabili da parte dei Comuni. “Ascoltateci – dicono i sindaci in una nota – o tra poco non avremo più voce per farci sentire, seppelliti non tanto dalle macerie del sisma ma dalla burocrazia che ci impedisce di assistere i nostri cittadini come vorremmo e che ci costringerà probabilmente a chiudere in rosso i nostri bilanci”. Nel terzo decreto terremoto non ci sarà modo, soprattutto tempo, di venire incontro alle richieste dei Comuni del cratere. Ma il governo ha promesso che accoglierà gli emendamenti nel decreto dedicato agli enti locali, atteso nel giro di una decina di giorni. Se così non fosse la protesta delle fasce tricolori, con i primi cittadini che annunciano le dimissioni, dicono i primi cittadini, “diventerebbe un gesto obbligato”.
(Fe. Nar.)

Ricostruzione lenta, “sindaci dimettiamoci”



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