di Giancarlo Liuti
Che le società europee stiano man mano invecchiando è un indiscutibile dato oggettivo dovuto a vari fattori, fra i quali l’allungamento della vita da collegarsi ai progressi della medicina e a un generale miglioramento – si chiama “benessere” – delle condizioni esistenziali , miglioramento che non riguarda tutti, purtroppo, ma il numero di coloro ne sono esclusi si va progressivamente assottigliando. Buona cosa comunque sarebbe se ci fosse quel “ricambio generazionale” in virtù del quale la cosiddetta “fascia centrale” – dai trentenni ai cinquantenni, la più attiva, tenace ed esperta – riuscisse a compensare le “partenze” di coloro che invecchiano con gli “arrivi” degli altrettanti che vi giungono dalla gioventù. La qual cosa non si sviluppa sempre nel rispetto di equilibrate scadenze cronologiche – il mestiere del destino, signori, è l’agguato – ma rientra nella quasi totale normalità.
La sto facendo lunga e ne chiedo perdono, ma sin da Adamo ed Eva il “romanzo” della vita di ciascuno di noi ha un “preambolo” o un “incipit” che consiste nella nascita di un bambino. E’ così che per miliardi e miliardi di volte la specie umana è venuta al mondo. E quanti più bambini nascono, tanto più il futuro di qualsiasi società si annuncia lungo e sereno. Come vanno le cose in Europa? Non benissimo, visto che l’anno scorso – dati Eurostat – il rapporto fra nascite e decessi ha visto prevalere, sia pur di poco, i decessi (5,1 milioni di nati e 5,2 milioni di morti). E in Italia? Peggio: 486 mila nati e ben 648 mila morti. Fortuna gli immigrati, potremmo dire scandalizzando i nostri Salvini, altrimenti fra qualche decennio l’etnia europea sarebbe estinta!
E nelle Marche? Sarà, come diceva Leopardi, per la mitezza del clima e per la purezza di un’aria che si giova della vicinanza fra i gli Appennini e l’Adriatico, e sarà anche – forse di più – per l’indole naturale dei marchigiani, così pazienti, fatalisti, diffidenti d’ogni impeto ribellistico, ma non v’è dubbio che la nostra regione non appartiene al novero – oggi piuttosto di moda – di quelle più vivaci e combattive come, ad esempio, l’idea antirisorgimentale che è tornata a circolare nel Veneto e in Lombardia col sogno di una repubblica autonoma e separata dall’Italia.
Ma basta. Noi siamo un’altra cosa: le Marche. E lo siamo anche per la questione – di fondamentale importanza per il futuro – delle nascite. Nei giorni di bel tempo frequento, a Macerata,il Viale Puccinotti, che sì affaccia sui Giardini Diaz. Ebbene, mi sembra un enorme asilo infantile. Bambini che arrivano a bordo di “passeggini” a due, tre, quattro posti spinti e “vigilati” da genitori e più spesso da nonni, dopodiché ne scendono e cominciano a “svolazzare” nel viale, correndo, inciampando, inseguendo cagnolini e dando occhiate d’orgoglio ai genitori – più frequentemente, come ho detto, ai nonni – per esibire la loro felicità. Ma allora, mi vien da dire, Macerata è una piccola capitale dei bambini? Poi mi sono informato ed ho avuto dati in proposito. Quali dati? Come ha già pubblicato questo giornale, l’anno scorso Macerata e la sua “area vasta” hanno stabilito un primato in fatto di nascite, mentre in altri “punti nascita” della regione – Osimo, Fano, Urbino, Pesaro – c’è stato un calo. Dunque è proprio vero: Macerata è la “top nascite” marchigiana. Una buona, un’ottima notizia, questa, per una città che troppi inguaribili brontoloni continuano a definire priva d’iniziative. No?
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Liuti, l’arrivo degli immigrati non impedisce, come lei scrive – l’estinzione dell’etnia europea, casomai la rende più evidente! Forse intendeva dire che l’arrivo degli immigrati combatte l’invecchiamento della popolazione.
Se poi ci si pone, aristotelicamente, a considerare che i vecchi sono due volte bambini…
quando non si è più bambini si è già maceratesi.
Dunque, Macerata, molto prolifica o proletaria? Il senso della domanda troverà chiarimento nel seguito del mio intervento. Sorvolo completamente nel merito le maggiori nascite qui che in altre province marchigiane,
poiché mi sono inceppata a metà articolo, laddove, cioè, il dottor Liuti cita Leopardi riguardo il bel clima della nostra regione. Cosa di cui non dubito abbia scritto in qualche suo passo autobiografico, che però, indubbiamente, risulta inficiata da altri suoi scritti dove risulta che , ahimé, ” D’inverno soffriva terribilmente il freddo crudo di Recanati, nel quale ne risentivano assai i reni e gli intestini ( ndr: tanto che da Roma a Pisa a Napoli, era alla continua ricerca di un clima più mite e favorevole alla sua salute già cagionevole). Parecchi erano i medici che frequentavano casa Leopardi…ma l’amico a lui più congeniale, tra i medici del natio borgo fu Francesco Puccinotti. Era, questi, un uomo di grande talento e di cultura superiore. Era nato a Urbino nel 1794; aveva cioè quattro anni più di Giacomo al quale doveva lungamente sopravvivere essendo morto nel 1874. Fu professore dell’Ateneo pisano. Si ricorda, oggi, come insigne storico della Medicina. Pubblicò infatti, tra il 1850 e il 1860, una “Storia della Medicina” in quattro grossi volumi che ha avuto moltissime edizioni e che può essere ancora consultata, con diletto e con utilità. Durante la giovinezza di Leopardi egli faceva il medico a Recanati e poiché, oltre ad essere uomo assai colto era anche cultore di bella letteratura, tra i due si stabilì una solida amicizia.
Quando il Puccinotti si trasferì a Macerata dove gli era stata affidata una cattedra di Medicina, grande fu il dispiacere del povero Giacomo che si trovò di nuovo solo senza il conforto di sentirsi vicina un’intelligenza viva che lo sapesse comprendere. Quale fosse la stima reciproca si può intendere da queste righe che indirizzava il Leopardi al Puccinotti nel 1823 da Recanati: “senza adulazione o esagerazione alcuna tu sei quel solo uomo che potrebbe rendermi gradito questo esecrato soggiorno delle Marche, se noi fossimo insieme”.
Tra l’altro Puccinotti era stato il suo medico che, dando prova di penetrazione psicologica, non aveva invitato Leopardi ad abbandonare gli studi. Cosa che sarebbe risultata inutile per un recupero della salute fisica, e che ne avrebbe aggravate le condizioni morali con l’ozio e la noia che ne sarebbero derivati.
(fonte: http://www.lideale.info/doAnteprimaConfTot.php?ArticleAn=603#.WL3yY3-GzLg)
Oh, ecco, allora, che accostando assieme un pò di toponimia locale- Viale Puccinotti, a Macerata, in prossimità di Viale Leopardi- un pò di storia, e biografie, vien fuor un quadro che smentisce l’asserzione di Liuti come di noi marchigiani dall’indole naturale diffidente ad ogni impeto ribellistico. E sì. Se, infatti, nel proseguo dell’articolo ,Liuti , nel racconto delle sue giornate al sereno passate su Viale Puccinotti che si affaccia ai Giardini Diaz, cita non volendo l’amico e medico di Leopardi, Francesco Puccinotti, che , benchè urbinate, quindi marchigiano, dopo aver ottenuto la cattedra di Patologia e medicina legale a Macerata dove esercitò fino al 1831 anno in cui, dopo aver preso parte ai moti delle Legazioni, venne allontanato dalla città e gli fu impedito di esercitare la professione medica, vuol dire che tanto mansueti e succubi non siamo. O almeno, non siamo tutti.
L’unica differenza tra allora ed oggi, è che, allora, i moti rivoluzionari erano promossi dalla la c.d. classe borghese, e quindi, per tornare alla domanda iniziale: farà differenza , in futuro, una Macerata prolifica oppure proletaria? Questa è la vera domanda da farsi per il futuro dell’Italia, perchè, se proletaria…addio speranza, visto che l’attuale classe borghese è, invece, completamente supina ai poteri di turno.
E’ indicativo della bizzarra mente degli amministratori locali l’aver dedicato la più bella passeggiata del capoluogo a un non eccelso professore di Urbino (peraltro cacciato a pedate dall’unimc perché troppo sveglio e pensante), che molti confondono con l’inventore della dinamo, e aver confinato Leopardi alle mura di tramontana, popolate solo da proprietari di cani bisognosi, lui così freddoloso in vita, dopo aver tanto sofferto per le economie della madre sul riscaldamento.
Come hai ragione , Pavoni! Aver intitolato le mura di tramontana a Leopardi, è un pò come ” Alice guarda i gatti e i gatti guardano nel sole” . Ma come è possibile scambiare il panorama che dà sull’Infinito con quello verso la sua odiata Recanati? E’ stato come fargli un torto senza fine. Mah…! Approfitto per ricordare , tanto per non far torto a nessuno dei due personaggi tirati in ballo, che anche il nostro conterraneo Giacomo Leopardi non era poi così poco incline alla subordinazione, tanto nel contesto familiare che sociale. Non era certo uno che, benché nobile , amasse il quieto vivere e si accontentasse del suo presente e di quello storico, tra fughe da casa , opere come “All’Italia” :
…Oimè quante ferite,
Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formosissima donna! Io chiedo al cielo
E al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia;
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria…
e “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani” , tanto attuale che sembra essere stato scritto non più di un’ora fa :[…] Tutti sanno con Orazio, che le leggi senza i costumi non bastano, e da altra parte che i costumi dipendono e sono determinati e fondati principalmente e garantiti dalle opinioni. In questa universale dissoluzione dei principii sociali, in questo caos che veramente spaventa il cuor di un filosofo, e lo pone in gran forse circa il futuro destino delle società civili e in grande incertezza del come elle possano durare a sussistere in avvenire, le altre nazioni civili, cioè principalmente la Francia, l’Inghilterra e la Germania, hanno un principio conservatore della morale e quindi della società, che benché paia minimo, e quasi vile rispetto ai grandi principii morali e d’illusione che si sono perduti, pure è d’un grandissimo effetto.Questo principio è la società stessa. […]Gl’italiani dal tempo della rivoluzione in poi, sono, quanto alla morale, così filosofi, cioè ragionevoli e geometri, quanto i francesi e quanto qualunque altra nazione, anzi il popolo, il che è degno di osservarsi, lo è forse più che non è quello d’altra nazione alcuna […] Certo è che il passeggio, gli spettacoli, e le Chiese sono le principali occasioni di società che hanno gl’italiani, e in essi consiste, si può dir, tutta la loro società (parlando indipendentemente da quella che spetta ai bisogni di prima necessità), perché gl’italiani non amano la vita domestica, né gustano la conversazione o certo non l’hanno. Essi dunque passeggiano, vanno agli spettacoli e divertimenti, alla messa e alla predica, alle feste sacre e profane. Ecco tutta la vita e le occupazioni di tutte le classi non bisognose in Italia.
Conseguenza necessaria di questo è che gl’italiani non temono e non curano per conto alcuno di essere o parer diversi l’uno dall’altro, e ciascuno dal pubblico, in nessuna cosa e in nessun senso…
fino allo stile di vita, ribellissimo, per i suoi e per i suoi tempi, condotto fuori dalla sua Recanati. Anzi: diciamo pure senza timore che era un vero rivoluzionario, Leopardi. Aspetto, questo, tacitato per secoli, sormontato dalla sua grandezza letteraria e sedato dalla critica per essere tramandato nei libri di scuola con l’etichetta del pessimista, dell’arrendovole alla malasorte umana, ma che, ha messo ben in luce Martone nel Giovane favoloso. Non oso pensare, se oltre a possedere le qualità che aveva e anzichè essere impedito da un corpo non all’altezza della sua mente fosse stato di sana e robusta costituzione fisica, quale iniziativa avrebbe mai preso per contribuire, fattivamente, a cambiare il sistema tutto. Chissà. Forse, passato alla storia anche lui, conte Leopardi, come lord Byron.
E scusate tutti per la divagazione dal corso principale che erano le nascite e i nascituri a Macerata, i quali comunque continueranno a nascere, e che pian piano , grazie anche alla nutrita immigrazione, concorrerano a formare la progettata città dei 100.000. E uno, magari, come nella carica di Disney.