Omaggio a Macerata la comica
(seconda puntata)

"Storia cittadina scritta molto alla rinfusa"
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di Mario Monachesi

Il centro religioso, con Curia e Duomo, è piazza Strambi. Piazza che se non fosse per l’omonimo vescovo a cui è dedicata, verrebbe da pensare che “Strambi” stesse per indicare quei geni che un tempo hanno innalzato l’orrendo muro che ancora affetta trasversalmente la basilica della Misericordia. Più “Strambi” di così…

Giunti calmi in piazza Strambi
la basilica e quel muro
ecco allora perché dentro
la Madonna ha il volto scuro.
L’autore è un architetto
con parcella me cojoni
il suo nome giace scritto
è il romano Pediconi.
Proprio qui duvia fermasse
a tajà ‘sta pora chiesa
alla stregua d’un salame?
Ma lu vescu de ‘lla orda
do’ statia per piacere
quanno ello lu progettu
lu facia un salumiere?
Ghjmo avanti e ricurdimo
‘nantru fattu prima ancora
le tragedie lli da otra
ha ‘niziato ghjà bon’ora.
Dopo quella de la peste
per cui il culto in una notte
costruì ‘stu poru tempiu
ringrazienno tutti a frotte.
Quella un luglio assai lontano
settecento quasci otto
un orrore si consuma
sale in cielo un grande botto.
I francesi con il Sacco
ferro e fuoco a Macerata
dopo i morti via con l’oro
la Basilica è spogliata.
Sono ancora in molti a dire
dei francesi ladri ad arte.
Ma postà che tutti quanti?
No, però. ..’na Bonaparte!
Dentro il Duomo benedetto
sta de casa un grande santu
pure quassù ‘n po’ macchiatu
San Gnulià’ amatu tantu.
Proveniente da lontano
espiante la sua colpa
patre e matre per u’ sbajiu
ha ‘mmazzato e fatto polpa.
Peregrinu pe’ l’Europa
in Italia finarmende
sulle rive del Potenza
treghettenne di sua mente.
Dopo l’angiulu su in cielo
con un volu conu conu
‘n po’ preghenno ‘n ‘po’ sognano
l’imo scerdu pe’ patronu.
C’era mejo de sicuro
‘n’antru tipu ce cantava
ma se brau po’ a noantri
quanno mai ce rsumijiava?

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Il quartiere delle Fosse

 

 

Alle spalle del Duomo, Borgo San Giuliano. Detto anche “le Fosse” per via che un tempo qui il grano veniva salvato dai predatori, nascondendolo in fosse scavate appositamente. Sempre qui, quando la povertà era vera, ma vissuta con tutt’altro spirito, non c’era genitore che facendo affaciare il proprio figlio dalla finestra, non gli dicesse fiero: “quello che vidi adè tutta robba tua”. Così erano ricchi anche “li fiji de li fossà”.

 

Detto vorgu sempre statu
‘n’antru munnu da lo resto
le vattaje co’ Cairoli
tra i rioni il più lesto.
Mattonate pe’ ‘gni cosa
li vardasci co’ le fionde
quarghe orda le bbuscava
jó lo sangue da la fronte.
Una strada colorata
lu vaccaju era de casa
dentro o fori sempre quello
fino a menzo era la spasa.
Che salita che discesa
li caritti che passava
o spegnenno o ‘n po’ rtenenno
tutti in coru se dannava.
Se ce vai dall’ardo in basso
con checcosa ‘gnà che treni
come quanno fai l’amore
c’hai visognu de li freni.
Se d’invece vai in salita
e la cima più non riga
sempre come fai l’amore
che sudata e che fadiga.
Li fossà è ghjente Vona
se ce parli non è finti
un peccatu che purtroppo
pure issi s’adè estinti.
Ogghji niri ed arbanesi
menzu munnu li ce svorda
ma le lute che se sente
adè quelle de ‘na orda.

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La chiesa del Sacro Cuore

 

 

Altra letteratura narra che negli anni ’70 un mezzadro uscendo dalla chiesa del Sacro Cuore, si imbatte in una signora tutta impellicciata e incipriata. La signora fermandolo gli chiede: “scusi buon’uomo, è finita la messa dei contadini?” Il mezzadro, sorpreso ma non vinto le risponde: “scine signó, bloccate subbeto, adesso ‘ncumenza la messa pe le puttane! “.

 

 

 

 

Ma facciamo un passo indietro.
Poi le guerre due mondiali
ed il sangue partigiano
si donato c’ha il potere
democratico cristiano.
Per quaranta ed oltre anni
come sudditi minghjoni
‘n’antra orda tutti in guera
chj ciaffiani e chj Tambroni.
Galoppini e capizona
sempre attivi e mai vicini
volantini e convinzioni
la spasura dei santini.
Nei settanta un’altra strada
detta sud di scorrimento
da via Roma sembra avere
l’intenzione del convento.
Ed invece senza cuore
dopo passi e passettini
arrivata sul portone
fa un bel “tiè” ai Cappuccini.
Ripartendo a capofitto
scivolando per daero
tra le braccia si ritrova
dell’ignaro cimitero.
Quanno jela per l’invece
con un volu a doppiu gustu
chj ce passa casca pianu
su la piazza de Sangnustu.
E chj ‘nvece ‘n pó’ più dorge
fa per scendere li a valle
come frena si ritrova
quasci dentro Morrovalle.
Dato che ci siamo, una capatina al camposanto…
Quanno negne al cimitero
gelo ovunque e mai va a male
come se duvria li morti
ji ghjrenno co’ le pale.
Ma poracci cusci misti
pe’ vecchjiaia o malatia
come fa a scanzà lli fiocchi
se lo vivo è ghjto via?
Solo a teste sopraffine
vène in mente ‘ste fregnacce
quanno negne chj è pagatu
deve il loco liberacce.
Rime sciolte…
Il progetto Valleverde
in un attimo un momento
lo rimbì vulia daero
quella piana de cimento.
Per furtuna che lu santu
de San Claudio sulu sulu
ai furbetti lo cimento
je l’ha misto la lu…sedere.
Ogghj adesso li pe’ otra

quattro strade tra l’erbacce
pare proprio un circuito
pe’ le serpe madoscacce.

Ricina

 

Sul toponimo “Macerata” non abbiamo ancora detto niente. La sua origine ha più scuole di pensiero. Alcuni sostengono che derivi dalle “macerie” di Ricina, altri da “macèra” cioè muro a secco. Altri ancora dalle coltivazioni della canapa. “Voli vedé’ che la prima droga è stata maceratese? Ce manchiria pure questa!” Coltivazioni dicevo un tempo molto estese nei dintorni delle attuali vie Moje e Piave. La canapa poi veniva messa a macerare.

Ultim’ora:
Per gli amanti delle onde
vive dentro una piscina
lu comune ha ditto chiaro
jate tutti a Fontespina.

Omaggio a Macerata la comica



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