Il procuratore Giovanni Giorgio con il luogotenente Nicola Antonini (il secondo a sinistra) della Compagnia dei carabinieri di Civitanova e il maresciallo Massimiliano Del Moro della stazione dei carabinieri di Potenza Picena
di Marina Verdenelli
(foto di Lucrezia Benfatto)
Si chiama Saverio Caputo l’uomo arrestato per l’incendio doloso del 26 giugno alla Futura Conglomerati Srl di Potenza Picena (leggi l’articolo) che ha riportato un danno di 300mila euro. Ha 46 anni, muratore, originario di Cosenza. Sposato, due figli, abita vicino all’azienda in località Molino Gatti, l’ex ditta Maceratesi che ha ceduto l’attività. A Potenza Picena vive da circa 10 anni. I reati contestati sono per incendio doloso, tentanto incendio doloso aggravato e detenzione e porto abusivo di materiale esplosivo micidiale. Stando all’accusa nei suoi confronti avrebbe appiccato le fiamme perché disturbato dai rumori e dall’inquinamento che sosteneva di subire dall’azienda vista la vicinanza della sua abitazione. Prima del rogo c’erano state anche delle minacce ai dipendenti. «Sono calabrese – avrebbe intimato ad alcuni di loro – prima o poi risolverò a modo mio questo problema». Ad incastrarlo sarebbero state le le immagini delle telecamere di un distributore di benzina, sulla statale 16, nel comune di Potenza Picena, all’altezza dell’incrocio con la Regina, dove si era recato il giorno prima, due volte, in un caso portandosi anche uno dei due figli. Le telecamere lo hanno ripreso in entrambe le volte, una al mattino e una al pomeriggio. Abile l’intuito dei carabinieri, l’attività d’indagine e l’arresto avvenuto questa mattina sono state effettuate dalla compagnia di Civitanova e dalla stazione di Potenza Picena, che con un lavoro certosino hanno controllato tutti gli impianti di carburante presenti nella zona e nelle aree limitrofe per accertarsi se qualche cliente aveva acquistato quantità elevate di carburante.
Un’attività d’indagine eccellente sottolineata anche dal procuratore del tribunale di Macerata Giovanni Giorgio che ha commentato: «Non ci sono mai stati dubbi che l’incendio fosse doloso, gli esiti delle indagini ci hanno dato ragione. Quanto accaduto all’azienda di Potenza Picena però non ha nulla a che vedere con il resto degli incendi che hanno colpito altre attività e altre zone e sulle quali ci sono in corso indagini diverse». In questo caso si esclude dunque un legame con infiltrazioni malavitose.
Nelle immagini delle telecamere si vedeva una delle due taniche che poi sono state rinvenute all’interno dell’azienda andata a fuoco. Una tanica particolare, bianca con i manici neri. Questo ha fatto partire l’indagine su Caputo. È stato fatto un esame organolettico (lo stesso perito che ha seguito il caso Sarchiè) sui resti di carburante delle lattine trovate nella fabbrica e che contenevano 80 litri di benzina. L’esito ha evidenziato che era lo stesso accelerante erogato dal distributore dove si era recato Caputo. Poi c’è stata un perquisizione a casa. Fuori dall’abitazione, in un’area di pertinenza di Caputo, i carabinieri hanno trovato delle micce e un ordigno simile ad altri trovati nella fabbrica la mattina dell’incendio. Ordigni che non si trovano più in commercio.
Alla Futura Agglomerati le fiamme avevano interessato solo un capannone, il magazzino. Nell’altro i carabinieri avevano trovato sei ordigni pirici di natura artigianali e una palla sempre con esplosivo collegati tra loro da un filo per un totale di 1 chilo e 600 grammi di polvere esplosiva. Tutto materiale inesploso ma che a contatto con le fiamme del capannone vicino avrebbero fatto saltare in aria l’azienda. Importante la testimonianza di un residente che aveva sentito tre esplosioni e che ha confermato quindi sin da subito l’atto doloso e quella di altri testimoni. «In questa provincia ci sono cittadini molto collaborativi con le forze dell’ordine – ha commentato il procuratore Giorgio – che non solo parlano ma che si prodigano per essere il più utili possibile».
In passato Caputo aveva denunciato i vecchi proprietari della azienda, sempre per rumori e questioni di inquinamento, ricevendo un risarcimento danni di 40mila euro. Cambiata la proprietà aveva lamentato gli stessi problemi interessando l’Asur che aveva fatto un sopralluogo ritenendo infondate le proteste di Caputo. Stando sempre alle accuse nei suoi confronti erano seguite richieste minatorie alla nuova proprietà che non aveva mai ceduto. La perquisizione domiciliare è avvenuta questa mattina e sempre questa mattina è scattato l’arresto. Le indagini sono state coordinate dal pm Enrico Riccioni mentre la richiesta della misura cautelare è stata fatta dallo stesso procuratore Giovanni Giorgio che ha ritenuto di chiedere l’arresto in carcere visto che Caputo abita nelle vicinanze dell’azienda. Il gip Domenico Potetti ha deciso però per i domiciliari con obbligo del braccialetto elettronico che deve ancora pervenire all’interessato perché al momento non è stato ancora distribuito a Macerata. Il procuratore si è riservato di impugnare il provvedimento. L’avvocato che difende il 43enne parla di persona estranea ai fatti contestati. «Non ha mai trattato con ordigni pirotecnici – Eleonora Verdini, legale nominato di fiducia – anche la benzina presa era per curare il campo perché possiede un terreno e ha anche una motozappa alimentata a benzina. Aspettiamo che venga fissato l’interrogatorio di garanzia».
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Si potevano riportare i fatti senza riportare il nome dell’imputato. A che e a chi servirebbe?
Il Collegio difensivo mi sembra un po’ debole. Avrei detto che la benzina serviva per ricaricare un accendino ” Zippo “, notoriamente a benzina.
originario di Cosenza. proprio dal rumore era infastidito. non è che la ndrangheta ormai è più che presente sul territorio. fateli stare a casa loro