di Monia Orazi
Tirano un sospiro di sollievo gli ottantatrè dipendenti del cementificio Sacci di Castelraimondo. Questa mattina i vertici dell’azienda, nell’incontro a Roma al ministero del Lavoro con i sindacati, hanno deciso di ritirare la richiesta di mobilità, che sarebbe scattata il prossimo 27 maggio (leggi l’articolo), come chiesto da tempo dai sindacati. «Abbiamo appena sottoscritto l’accordo, è un primo passo importante l’aver ottenuto il ritiro totale della procedura di mobilità, nei prossimi giorni firmeremo l’accordo per la cassa integrazione in deroga tramite la Regione, valido per almeno quattro mesi», annuncia a nome di tutti Massimo De Luca della Fillea Cgil. Ad agosto per la Sacci si riapre la possibilità di accedere a tutta una vasta gamma di ammortizzatori sociali, tra cassa integrazione ordinaria e straordinaria. A Pescara i dipendenti andranno in cassa integrazione straordinaria per cessazione attività, per gli uffici di Roma è stata richiesta la cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale. «L’azienda ha presentato lo scorso quattro maggio il concordato preventivo in bianco ed è stato nominato un commissario – spiega De Luca – l’otto luglio dovrà presentare il piano concordatario in tribunale. Nel dramma è stato ottenuto un grande risultato per i lavoratori di Castelraimondo, unico sito in cui era prevista la cessazione attività, senza questo accordo dal 28 i cancelli dello stabilimento sarebbero rimasti chiusi. E’ un primo passo, grazie all’azione sindacale, all’unità dei lavoratori di Castelraimondo e all’interessamento della Regione, Provincia, Comuni ed enti locali, siamo arrivati al traguardo che ci eravamo prefissi». Nel frattempo la sorte dell’azienda resta profondamente incerta. «Speriamo in una soluzione che dia futuro con il lavoro ed il rilancio produttivo – conclude De Luca – chiederemo nei prossimi giorni di nuovo di attivare un tavolo tecnico tramite i rappresentanti istituzionali, al ministero dello Sviluppo economico, come già annunciato». All’incontro al ministero hanno preso parte i vertici Sacci, i rappresentanti sindacali nazionali e regionali di Feneal Uil, Filca Cisl, Ugl Costruzioni e Fillea Cgil, Filt Cisl, le rappresentanze sindacali unitarie degli stabilimenti. L’azienda potrebbe accedere, dopo la cassa integrazione in deroga, a quella straordinaria per ristrutturazione che è prorogabile sino ad un massimo di due anni. Nel frattempo non si sa cosa succederà, se il gruppo sarà ceduto, dopo il no delle banche a Buzzi Unicem (leggi l’articolo). Al momento Buzzi non ha nessuna intenzione di presentare una nuova offerta per Sacci, come confermato nelle risposte ad azionisti locali, durante l’assemblea degli azionisti, lo scorso 8 maggio. «Non vi sono elementi per ritenere che a tempi brevi, si riaprirà una trattativa con Sacci Spa», la risposta dei vertici Buzzi. Durante l’assemblea, da un’altra risposta, si è appreso che la mobilità dei dipendenti Sacci è stata una scelta autonoma dell’azienda romana: «Si evidenzia comunque, che l’offerta di Buzzi Unicem non aveva alcuna connessione con i licenziamenti collettivi intrapresi autonomamente da Sacci Spa». Un punto a favore dello stabilimento di Castelraimondo è la possibilità di estrazione di materiale lapideo, alla base della produzione di cemento, con la concessione mineraria valida sino al 2039. In una delle risposte Buzzi Unicem all’azionista, questo viene confermato: «E’ più probabile che la vita residua degli impianti sia determinata dall’esaurimento dei giacimenti di materie prime». Non si sa se ci siano altri gruppi interessati, era spuntato il nome di Colacem, gruppo umbro con sede a Gubbio, stessa regione dove ha sede Barbetti, partecipata da Sacci al 37 per cento, anche se nel mercato italiano, potrebbero esserci altre acquisizioni, con il fine di concentrare la produzione e controllare i prezzi, nel mercato in crisi. Il mancato acquisto del gruppo Sacci, da parte di Buzzi, è stato causato dal no delle banche. La conferma nella nota aziendale della Buzzi Unicem, multinazionale piemontese del cemento, che riepiloga i dati di bilancio del 2014, per l’assemblea degli azionisti dello scorso otto maggio. «La nostra offerta per l’acquisto di Sacci non ha avuto successo, essenzialmente a causa della mancata risposta positiva delle banche coinvolte nella ristrutturazione – si legge nel comunicato Buzzi – Ciò è comunque indicativo di come sia difficile realizzare operazioni straordinarie che permettano quelle razionalizzazioni industriali di cui il settore fortemente necessita». Sono 18 le banche creditrici della Sacci, che tengono le fila dell’accordo di ristrutturazione del debito di 400 milioni di euro, a cui è soggetta l’azienda, il mancato accordo tra loro sarebbe alla base del no. Dopo il mancato acquisto di Sacci, i conti di Buzzi Unicem sono in miglioramento, rispetto al primo trimestre del 2014, il primo trimestre di quest’anno fa segnare una riduzione delle perdite di 12 milioni di euro, un aumento del fatturato del 3,4%, il titolo a piazza Affari è in rialzo, con il prezzo delle azioni salito da 13,5 a 14,5 euro, il margine operativo lordo salito a 27 milioni di euro, ben il 12% in più di quanto previsto dagli analisti. A trainare i conti del gruppo è il positivo andamento negli Stati Uniti, mentre in Italia il fatturato del gruppo è diminuito del 2,9 per cento nel 2014. Secondo gli esperti i risultati del gruppo, nel 2015, saranno leggermente superiori a quelli dell’anno scorso. Di fronte a dati di bilancio così positivi, l’offerta d’acquisto di un’azienda che vanta un fatturato complessivo di due miliardi e mezzo di euro è saltata. Cosa succederà adesso? A tentare di dare una risposta sono gli analisti di Mediobanca, in un approfondimento sul mancato acquisto di Sacci, sulla testata Milanofinanza.it. Se Buzzi Unicem non presenterà una nuova offerta, provvederà alla ristrutturazione della produzione.
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