Riordino delle partecipate
Nel Maceratese tanto rumore per nulla

I piani di riordino dei sindaci non affrontano né i nodi del servizio idrico né l'esistenza di quelle società che svolgono gli stessi servizi a pochi chilometri di distanza. Oltre alla liquidazione di Smea, Macerata sembra non decidere altro. San Severino verso l'ipotesi di assumere personale in Unidra per avere più dipendenti che amministratori. Una Babele di soluzioni che non affronta i costi dell'inefficienza

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acquadi Marco Ricci
Il 31 marzo poteva essere il giorno dell’apocalisse per le tante società partecipate dalle amministrazioni e dagli enti pubblici nazionali e maceratesi, almeno negli auspici del governo Renzi (leggi l’articolo). Ma complice una normazione complessissima che non ha tenuto conto dei tempi troppo stretti concessi ai sindaci e della necessità di coordinamento tra le varie amministrazioni, gli effetti sono stati poco meno di niente, almeno a leggere i pochi piani di riordino già resi pubblici da alcuni comuni del maceratese. Ugualmente complice di tutto questo, non va dimenticato, anche una politica locale – di ogni colore – non in grado di affrontare strutturalmente il problema né di dare linee guida precise e votate semplicemente all’ottimizzazione della spesa e all’efficienza dei servizi, tra cui quello idrico. E’ dunque difficile, leggendo i piani, non definire le scelte effettuate come deludenti o prive, se non minimamente, di effetti reali per le tasche dei cittadini. I sindaci, nel migliore dei casi, prevedono infatti di dismettere quote ampiamente minoritarie di società che, alla fine della fiera, non è ben chiaro quale fine facciano.
Tralasciando il punto saliente di come le amministrazioni non siano state ancora in grado di stabilire un futuro efficiente per quelle undici società che attualmente gestiscono il servizio idrico nella nostra provincia – come se fosse ovvio che esistano undici società per portare l’acqua ad un numero di famiglie inferiore a quello di un quartiere di Roma – nei piani di riordino al momento accessibili, nessuno sembra aver minimamente ipotizzato di accorpare quelle società come Apm, Assm e Assem e Atac le quali, grosso modo, svolgono gli stessi servizi a una decina di chilometri di distanza. Viene solo da domandarsi se un privato qualsiasi considererebbe efficiente o meno una tale scelta, in barba allo spirito di qualsiasi legge ma seguendo banalmente un semplice criterio di efficienza ed economicità. Vediamo ora il dettaglio dei piani presentati alla Corte dei Conti di alcune di quelle poche amministrazioni che hanno reso pubblici i loro indirizzi.
SMEA COSMARI 0MACERATA – Il Comune di Macerata è una tra le poche amministrazioni ad aver pubblicato sul proprio sito il piano di riordino trasmesso alla Corte dei Conti. Macerata, inoltre, è forse il Comune che più compiutamente ha motivato le proprie scelte ma, se non fosse per la liquidazione della Smea, società ormai priva di personale e di funzioni il cui futuro era già segnato nel momento in cui le sue attività erano state cedute al Cosmari, per tutte le altre partecipate di cui l’amministrazione possiede una quota sembra cambiare molto poco rispetto al passato. Bisogna comunque rilevare come, nei documenti prodotti, l’attuale amministrazione abbia sottolineato tre punti importanti. Il primo, come a due mesi dalle elezioni, la scelta di come procedere vada correttamente lasciata alla prossima amministrazione comunale. Il secondo punto, più volte ribadito, la necessità di un coordinamento tra tutti gli enti e le amministrazioni che hanno quote nelle diverse società possedute anche dal comune di Macerata. Il terzo punto, va anche questo ricordato, come alcune società non abbiano costi per l’amministrazione ma effettuino servizi importanti, tra cui il Centro agroalimentare e il Centro di metereologia e climatologia.
Di fatto però, a partire dal servizio idrico, su molti punti il Comune di Macerata sembra aver scelto di non decidere, mantenendo le proprie partecipazioni anche in quelle società che hanno più amministratori che dipendenti. Macerata ha invece espresso una chiara linea di indirizzo per il Cemaco, un pozzo senza fondo di perdite da vari anni a questa parte, di cui non sembra intenzionata a dismettere le quote o a porla in liquidazione (il punto appetitoso del Centro di Mattazione Comprensoriale sono i terreni prossimi al Centro Fiere di Villa Potenza). Come molti altri comuni, Macerata è anche intenzionata a mantenere in vita sia l’Acquedotto del Nera che la Task srl, la società che svolge i servizi informatici per diversi comuni ed enti, tra cui la Provincia di Macerata il cui piano di dismissioni, al momento, sembra irreperibile sul sito internet.

TOLENTINO – Venendo ad un altro comune che ha reso disponibile il suo piano di riordino, Tolentino, date le strette maglie delle leggi nazionali, si avvia a dismettere le proprie quote nella  Sig – Società Intercomunale del Gas – nella Ssm – Settempedana sosta e manutenzioni – nella Tsb – Tolentino Salute e Benessere – e nella Acom – Advance center oncology Macerata, tutte partecipazioni molto piccole e di scarso rilievo. Così come Macerata, Tolentino ritiene invece indispensabile la partecipazione in Task srl, mentre sembra non poterne più del Cemaco ed è intenzionata a disfarsi delle quote.

L'acquedotto del Nera

L’acquedotto del Nera

SAN SEVERINO – Dopo essere stato socio del Cemaco per un decennio, il comune di San Severino ha scelto come Tolentino di dismettere le proprie quote, senza però lasciar capire né chi si accollerà i debiti della società né le azioni. Il comune settempedano, come Macerata e Tolentino, vuole lasciare in vita l’Acquedotto del Nera anche perché – finalmente, verrebbe da dire – nel prossimo futuro il numero degli amministratori della società dovrebbe risultare inferiore a quello dei dipendenti. San Severino intende anche mantenere la propria partecipazione in Contram, in Contram Reti e in Ass, società che detiene la proprietà e la gestione di un’area con annesso locale tecnico che rappresenta il deposito del trasporto pubblico locale. Di più difficile lettura, almeno nell’ottica dell’efficienza, l’ipotesi di San Severino di far assumere personale ad Unidra, una delle società consortili a cui è affidato lo svolgimento del servizio idrico poi riaffidato tra l’altro alla Assem. Attualmente priva di dipendenti, l’Unidra sembrerebbe da chiudere, almeno con le nuove norme statali. E se fino ad ora ha svolto le proprie funzioni grazie al personale dell’Assm di Tolentino, “ottenendo notevoli risparmi economici” – così come scrive il sindaco settempedano – per il futuro, forse in barba proprio ai “notevoli risparmi economici”, la società andrà ad assumere personale o ad averlo in distacco dalla stessa Assm. Per “difficoltà difficilmente sanabili”, invece, San Severino dismetterà le sue quote della Sefro Acque, sempre che vi fosse necessità di una legge nazionale per rendersi conto della drammatica situazione della partecipata.
Al di là della buona volontà o meno delle singole amministrazioni, il Maceratese sembra essere davanti a una vera e propria Babele decisionale, senza che la politica sia stata in grado di dare un indirizzo chiaro o di affrontare questioni che rientrano nel banale buon senso, come l’accorpamento delle società di servizi più importanti, indirizzi che il legislatore comunitario e nazionale lascia intravedere da anni. C’è solo da immaginare il caos, davanti a una cinquantina di piani di riordino diversi, tra chi mantiene, chi dismette, chi non sa cosa fare, chi vende. A perderci, come sempre, i cittadini. I quali, come sempre, pagano i costi di queste inefficienze e di questi campanilismi in bolletta, spesso senza rendersene neppure conto e senza pretendere che la politica si faccia carico di tutto questo con lo stesso entusiasmo con cui patrocina le feste patronali. Un’occasione, quella dei piani di riordino, che andrà per adesso a cancellare poco nel maceratese, un’occasione al momento andata sprecata non essendo stata in grado neppure di aprire un vero e proprio dibattito.



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