di Marco Ribechi
Centro anticoagulante a rischio chiusura, risponde il direttore dell’Area Vasta 3. Pierluigi Gigliucci entra nel merito della lettera di protesta (leggi l’articolo) inviata dall’Associazione Italiana Pazienti Anticoagulanti (Aipa). «Ritengo doveroso puntualizzare che non si e mai inteso né si intende modificare l’attuale assetto del servizio in questione – afferma il direttore – né la tipologia e le modalità di erogazione delle prestazioni. L’attività del centro nella struttura dell’ospedale di Macerata continuerà con le metodiche di prelievo meno impegnative ed invasive senza il ricorso al prelievo in vena». La situazione a prima vista sembrerebbe chiarita poiché Gigliucci nel suo intervento toglie anche i dubbi per quanto riguarda la disponibilità dei kit medici «trattasi di un aspetto tecnico già definito con il passaggio dalla vecchia metodica, ormai fuori produzione, ad una diversa, peraltro in uso da tempo in alcune sedi distrettuali che operano in collaborazione con il centro di Macerata». Rimane invece il dubbio su una possibile riorganizzazione della somministrazione delle cure. Da un lato il direttore sostiene che «La stabilizzazione dei soggetti maggiormente fragili avverrà nello stesso Centro di Macerata, mentre i soggetti stabilizzati saranno seguiti dai propri medici di Medicina Generale convenzionati», dall’altro emerge la perplessità dei pazienti che temono proprio di vedere riassegnato l’incarico a medici di base non specializzati. ****
Di sanità si è parlato anche in consiglio regionale dove da mesi il consigliere Marangoni sta presentando atti ispettivi sulla struttura ospedaliera di Macerata. Per Marangoni «Cinque anni di assessorato Mezzolani hanno portato allo smantellamento dell’ospedale di Macerata, tanto che è lo stesso sindaco di Macerata, dello stesso partito di Mezzolani, ad affermare pubblicamente che la Regione “sta schiacciando” l’ospedale. Da molti mesi si leggono sui giornali le grida di allarme del sindaco Carancini su reparti depotenziati o inutilizzati, ascensori rotti e tagli indiscriminati e irrazionali».
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La differenza tra fragili e stabilizzati?…….. A’ Giuliù, ma che ca…zo te stai anvetà! Co tutti li premi che ve sete spartitti poteate lascià na fetta a li pueritti che cianno bisognu. Nà vete prorpio capito ncazz.o de come amministava Andreotti. Lu prusciutto non dovete mangiarvelo tutto xchè al popolo, se gli lasci l’osso, non puoi immaginare quanto vi gratifica e quanto vi sarà riconoscente.
Come prima cosa un grazie al Dott.Gigliucci per aver risposto tempestivamente e per aver in parte rassicurato i pazienti. Non sono un medico quindi non ho la professionalità per intervenire su temi squisitamente tecnici ma dalla esperienza maturata dai pazienti e dagli operatori che si sono avvicendati nel servizio mi pare di aver compreso che proprio il concetto di stabilizzazione risulta facile a dirsi ma di difficile applicazione. Una semplice variazione nell’alimentazione o un intervento anche il più banale come l’estrazione di un dente o l’assunzione di altri farmaci comportano più di un esame entro pochi giorni per riportare a fatica il valore nei parametri previsti. Inoltre suscita timore affidare i “cosiddetti” stabilizzati ai medici convenzionati che non hanno formazione ne strumenti e forse non tutti disponibili.
Il problema della disponibilità dei kit medici, come ci viene assicurato, è risolto poichè riguarda solo il passaggio da un vecchia metodica superata ad una nuova. Quindi a questo punto non sarebbe più facile far passare il promesso potenziamento con un semplice intervento ? Quello cioè di supportare l’attuale medico e sostituirlo nei giorni di assenza con costi veramente limitati visto che si parla di 20 ore settimanali. Perchè allora mettere mano ad un servizio che funziona egregiamente apprezzato da tutti e che necessita solo di un piccolo potenziamento ? Parlare di riorganizzazione fa sempre piacere ma in questo caso fa nascere il sospetto, stante l’attuale situazione, che ci sia nella migliore delle ipotesi un depotenziamento dovuto non solo a problemi economici ma anche organizzativi. E quindi come tutti i comuni cittadini e le loro rappresentanze istituzionali chiedono da tempo: tagliate dove è giusto farlo e preservate i servizi che garantiscono prestazioni eccellenti ed indispensabili. Comunque di nuovo un grazie sincero per i Suoi chiarimenti e speriamo ce ne siano altri .
Molti Medici di Medicina Generale gestiscono già ora – e da molti anni – in proprio la terapia anticoagulante orale dei loro pazienti, ricorrendo al Centro ospedaliero solo per il dosaggio dell’INR, quando non lo effettuano, ad esempio in urgenza, con il Coagucheck (a proprie spese). Questo facilita i pazienti perché evita l’attesa per avere lo schema terapeutico e perché, soprattutto nei pazienti instabili e politrattati, solo il Medico di Medicina Generale conosce in dettaglio il quadro clinico e le variazioni terapeutiche, frequenti e spesso improvvise, che influiscono sul dosaggio dell’anticoagulante.
Dato che non di rado i centri ambulatoriali ospedalieri vengono creati per decisione unilaterale e senza confronto né coordinamento con i medici del territorio, oltre che senza un’analisi delle effettive necessità, è normale che molti medici di Medicina Generale perdano poi competenze e siano costretti, per questo e per altri carichi di lavoro a volte perfettamente inutili, a delegare i pazienti ai vari centri. Ma non è che l’assistenza nel complesso migliori, se la medicina del territorio perde competenze e viene scavalcata. E’ un percorso miope e in prospettiva devastante per tutto il servizio sanitario.
Va quindi benissimo che i pazienti decidano, in base alle proprie esigenze, alla fiducia e alla disponibilità del proprio medico, se rivolgersi a lui o al Centro ospedaliero, ma possibilmente senza conseguenze spiacevoli (come ad esempio subire sistematicamente a domicilio il prelievo venoso anziché la digitopunzione se non sono seguiti dal Centro).
La disponibilità di medici di Medicina Generale a farsi carico della terapia anticoagulante è stata in passato più volte espressa alla ASL, anche quando il Centro ospedaliero lamentava carichi di lavoro insostenibili, ma pretendeva inspiegabilmente che i medici di Medicina Generale seguissero i nuovi pazienti anziché quelli stabilizzati.
Sarebbe anche bene che fosse un po’ ridimensionato il mito del medico “specialista” in terapia anticoagulante, contrapposto al “medico di base non specializzato” (?), bilanciandolo con il principio che ci vuole uno specialista della persona, non solo di una terapia o di una patologia, anche se certo deve sempre avere professionalità, risorse e competenze tecniche adeguate.
Molto opportuna ed apprezzabile quindi l’intenzione del dr. Giugliucci di coinvolgere i medici di famiglia nella gestione della terapia anticoagulante, dando seguito peraltro ad altri progetti già in essere nella nostra ASL, che hanno messo diversi medici di Medicina Generale in condizione di fornire prestazioni che altrimenti venivano delegate e sovraccaricavano inutilmente prima i pazienti e poi le liste di attesa. Si spera che finalmente venga riconosciuto l’impegno prestato da alcuni di loro anche nella gestione della terapia anticoagulante, con altrettanta soddisfazione da parte dei pazienti, e ne venga facilitata anzi la presa in carico di un numero maggiore, avendo in mente la finalità complessiva di un servizio che deve funzionare mettendo al centro percorsi, bisogni e diritti dei pazienti e non le singole strutture – medici o centri che siano – tanto più se completamente impermeabili tra loro.
dott. Massimo Tombesi
Medico di Medicina Generale
http://www.massimotombesi.it
Sapete quante ore di ambulatorio fanno i Medici di famiglia? Sapete le ore che occorre attendere in ambulatorio? Quello che ora faccio in mezz’ora -quaranta minuti, cioè prelievo, terapia e consegna della stessa dopo quanto tempo ci vorrà?
Circa l’intervento del Dott. Tombesi, oltre a ringraziarlo per aver fatto ulteriore chiarezza, mi permetto di sottolinearne alcuni passaggi senza esprimere valutazioni tecniche che non mi competono ma rimanendo dalla parte del paziente.
1- Ha perfettamente ragione quando dice che i pazienti devono decidere in base alle loro esigenze e alla fiducia del proprio medico
2- Così come quando afferma che Il servizio deve funzionare avendo come finalità la soddisfazione dei bisogni e dei diritti dei pazienti
3- E’ encomiabile che il Dott. Tombesi ed altri colleghi si siano resi sempre disponibili pur non del tutto in sintonia con la struttura sanitaria ( impermeabilità )
Alcune cose comunque vanno meglio comprese e chiarite:
– L’attesa per lo schema terapeutico è minima nel caso del ritiro manuale. Da qualche tempo funziona benissimo l’invio della terapia tramite fax o mail
-Il concetto di stabilizzazione ( e non lo dico io ) è molto vago. Come ho avuto modo di appurare una diversa alimentazione, un farmaco aggiuntivo, una banale estrazione di un dente possono far oscillare il valore e quindi un adeguamento costante della terapia.
– Sarà pur vero che non bisogna mitizzare il medico “specialista” in terapia anticoagulante e contrapporlo al medico di base, ma resta il fatto che nel nostro caso si sono avvicendati ” medici normali” ma dotati di professionalità e competenze e in alcuni casi affiancati da altri attraverso un percorso formativo. Senza considerare il clima di cordialità e di accoglienza che non è mai venuto meno. E questo lo ritengo fondamentale per mettere in condizioni ideali il paziente.
A questo punto stante quanto sopra esposto ci viene in mente testardamente sempre la solita domanda.
Ma se nessuno si è mai lamentato. Se i tempi di attesa non sono più un problema. Se viene riconosciuto da tutti come un centro efficiente ed efficace. Se come dice il Dott. Gigliucci per quanto riguarda il kit medico si passerà da una vecchia metodica ad una nuova. Se i costi per il personale sono ridottissimi
( un medico per 20 ore sett., una infermiera e una ausiliaria ) per un servizio che copre circa 1.800 pazienti con picchi di 200 prestazioni giornaliere. Se in alternativa, senza nessuna imposizione, si può ricorrere al medico di fiducia. Se tutto questo è vero , diventa incomprensibile parlare di riorganizzazione della somministrazione delle cure. Forse era più rassicurante parlare di un miglioramento aggiuntivo, quello che in definitiva era stato promesso come potenziamento. E il più semplice dei miglioramenti può derivare da una semplice operazione: affiancare all’attuale medico un altro che lo possa sostituire in sua assenza per dare continuità al servizio e ricordo di nuovo che stiamo parlando di ridicole 20 ore settimanali.
Forse ci sfugge qualcosa. L’unica cosa che non ci sfugge è che in presenza di un sconvolgimento della struttura e un depotenziamento delle prestazioni siamo pronti a mobilitarci e a dimostrare che un servizio che funziona egregiamente rappresenta una goccia d’acqua nell’immenso mare della spesa sanitaria.
Confidiamo nel buon senso, nel dialogo e nella capacità di vestire ogni tanto i panni del paziente.
Comunque grazie al Dott. Tombesi per il suo intervento