Premio Bontà dei Cavalieri d’Italia
per il sarnanese Auro Caraffa

Il professore, direttore della Clinica di Ortopedia e Traumatologia dell'ospedale di Perugia, ha ricevuto il prestigioso riconoscimento a Gubbio: “Dedico questo premio a mia moglie Manuela, a mio figlio Alessandro, a mia madre e a tutti i miei collaboratori”

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Auro Caraffa

Auro Caraffa

di Maurizio Verdenelli

E’ un maceratese (di Sarnano) che non dimentica le proprie radici ‘buone’. Uno dei pochissimi ‘luminari’ (sussurrano in ospedale a Perugia) che pure la domenica mattina va a trovare i ‘suoi’ pazienti, ad accertarsi delle loro condizioni e magari a sdrammatizzare con una battuta, con il tratto umanissimo, ‘familiare’. che lo definisce inequivocabilmente. Non un barone ma un amico di famiglia, Auro Caraffa, 57 anni, professore universitario e primario all’ospedale regionale S.Maria della Misericordia, nel capoluogo umbro dove risiede da 35 anni, facendo il pendolare ogni settimana con la sua carissima Sarnano dove vive la madre Regina e dove l’attendono per essere visitati i pazienti marchigiani.

Il prof. Caraffa, direttore della S.C. di Ortopedia e Traumatologia, è stato insignito nei giorni scorsi del Premio Bontà, a Gubbio, dall’Unci (l’associazione che lega insieme i Cavalieri d’Italia) per le doti professionali connesse al profilo di grande umanità. Le une e l’altro, in misura grandissima. Un luminare dal cuore d’oro per il quale il signor Rossi non è solo il signor Rossi ed è sopratutto uguale alla stella del cinema (come di recente Serena Autieri) o al grande calciatore (a cominciare da un drammatico Perugia-Milan di tanti campionati fa) che sfila davanti a lui chiedendo di mettergli finalmente a posto il ginocchio, la caviglia, l’articolazione da sempre dolente. A Gubbio, a fare di Caraffa l’elogio pubblico a conclusione del XI. congresso nazionale dell’Unci è stato il past president della facoltà di Medicina, prof. Binaglia.

“Dedico questo premio a mia moglie Manuela, a mio figlio Alessandro, a mia madre e a tutti i miei collaboratori” ci ha detto il detto il prof. Caraffa. Un primario, allievo del celebre prof. Giuliano Cerulli (un sodalizio durato dieci anni, dal ’90 al duemila) che certo non ha tempo da perdere. Chiamate da tutt’Italia, il suo cellulare squilla in continuazione, ma difficile è sperare che il ‘professore’ possa rispondere. Impegnato in sala operatoria a Perugia e negli ospedali di Pantalla ed Umbertide (600 interventi l’anno da parte sua, 4.000 interventi complessivamente  della sua equipe, di cui con merito ha fatto parte il dottor Fiacca, primario ora a Civitanova Marche),Auro non si risparmia neppure nel suo ruolo di docente e divulgatore di scienza ortopedica (350 articoli su riviste nazionali ed internazionali) tenendo in ogni caso presente da buon marchigiano che in fondo, anzi no, per prima viene sempre la famiglia. “Mi manca molto la mia terra, la sua tavola, a cominciare dai vincisgrassi, la dolce inflessione dialettale, però c’è mia moglie, sarnanese come me a ricordarmela ogni giorno” fa. Gli manca il padre Primo, deceduto da qualche anno e gli amici, a cominciare dal carissimo Mario Forti, già dirigente della sanità fermana, scomparso relativamente di recente. “Le Marche mi hanno reso così: tenace ed umile. Per me un paziente non è un numero e vale di più per la sua eventuale notorietà”.

Nel 2010 fu designato da una giuria di giornalisti (Cronache Maceratesi, l Resto del Carlino, E’Tv)  tra i dieci ‘maceratesi dell’anno’ e lui, presente, venne premiato al teatro dei salesiani di Macerata. Due anni fa, insieme con il maestro di sci sarnanese Benito Moriconi -“Per me come un padre, mi fece rinascere” disse di lui in quell’occasione la campionissima Manuela Di Centa- e tra gli altri l’ex campione del mondo dei medi junior, Rocky Mattioli e il generale Augusto Staccioli, perugino d’adozione, Auro Caraffa è stato insignito del titolo d’Ambasciatore di Sarnano’ nel corso di una cerimonia organizzata dal comune. Quella volta non c’era: Auro, eterno pendolare (lui va dove lo portano il cuore e la scienza), era in viaggio tra la sua amatissima cittadina, un gioiello incastonato tra i Sibillini e la sua città d’adozione, Perugia. “Un capoluogo -dice- che ho imparato ad amare anno dopo anno, dal tratto gentile ed accogliente, e dal tessuto culturale ampio dovuto alla sua splendida università”.



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