Era gremita la chiesa di Santa Croce a Macerata dove oggi pomeriggio in tantissimi hanno voluto dare l’ultimo saluto a Marco Pucci, il 34enne morto lunedì sui binari alla Pieve (leggi l’articolo). “Il gesto di Marco è un grido e non vogliamo si perda nell’etere”, ha detto don Giuliano Cingolani che ha presieduto il rito del funerale, concelebrato da don Luigi Taliani. “Oggi siamo qui a chiederci il perché ma anche a chiederti scusa se non ti abbiamo aiutato con la fede”, ha proseguito il sacerdote sottolineando la presenza di tantissime persone all’interno della chiesa. Una folla che testimonia quanto Marco fosse conosciuto e stimato. “Non sappiamo dare una risposta alle nostre domande, forse il tuo lavoro ti aveva fatto capire l’inganno della ricchezza che ha prodotto questa società”. Marco, laureato in Economia, aveva lavorato per due anni a Banca Marche, poi in un’agenzia di recupero crediti di Ancona. Don Cingolani si è rivolto anche alla famiglia: “Oggi sono tutti qui con voi per salutare questo ragazzo brillante e solare”. Marco lascia i genitori Anna e Sergio, entrambi insegnanti, il fratello Luca e la sorella Eleonora, più grandi di lui. E lascia tantissimi amici, a partire da quelli “della Pista” di via Spalato, la zona dove abitava ed era cresciuto. E anche oggi una trentina di amici si sono ritrovati alla pista di pattinaggio per raggiungere a piedi la chiesa di Santa Croce. Insieme. Con Marco, per tutti Pupo, nel cuore.
Il messaggio letto in chiesa da uno di loro, ha commosso tutti. “In un colpo solo ci hai portato via un pezzo di noi”, sono le parole scritte a nome dei ragazzi “della Pista” e lette da Luca che ha ricordato una vita vissuta fianco a fianco, dall’infanzia a oggi, dalle elementari alla IV Novembre, alle medie alla Dante Alighieri, al liceo Scientifico. Poi le tante serate, i concerti dei Dannata (il gruppo composto dai ragazzi “della Pista”). Infine Federico ha letto “Ho conosciuto il dolore” una canzone di Vecchioni che tanto piaceva a Marco. “Aveva imparato a convivere con il dolore, era diventato un suo amico e forse con questo gesto ci ha voluto far conoscere il suo amico”. L’amicizia che lega un gruppo di ragazzi ormai adulti che – come ricordano alcuni di loro su Facebook – non abbandoneranno mai quell’orario e quel posto, diventati un motto: “Nove e mezzo Pista, ti aspettiamo lì”.
(m. z.)
(foto di Lucrezia Benfatto)
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Ciao ragazzo. Non ti conoscevo,ma conosco molti ragazzi che hanno la morte nel cuore. Forse nessuno è riuscito a capirti in tempo per tirarti fuori tutto il buono che c’era in te. Ti prego, da dove sei ora tu, aiuta tutti quei ragazzi con la morte dentro a riaccendere quella fiammella di speranza che si trova dentro di loro affinchè diventi fiamma ardente e che bruci tormenti e dolori e riporti a sorridere alla vita. Un abbraccio alla famiglia.
https://www.youtube.com/watch?v=U0NKHZHmC3Y
Ho conosciuto il dolore
(di persona, s’intende)
e lui mi ha conosciuto:
siamo amici da sempre,
io non l’ho mai perduto;
lui tanto meno,
che anzi si sente come finito
se, per un giorno solo,
non mi vede o non mi sente.
Ho conosciuto il dolore
e mi è sembrato ridicolo,
quando gli do di gomito,
quando gli dico in faccia:
“Ma a chi vuoi far paura?”
Ho conosciuto il dolore:
ed era il figlio malato,
la ragazza perduta all’orizzonte,
il sogno strozzato,
l’indifferenza del mondo alla fame,
alla povertà, alla vita
il brigante nell’angolo
nascosto vigliacco battuto tumore
Dio, che non c’era
e giurava di esserci, ah se giurava, di esserci
e non c’era
ho conosciuto il dolore
e l’ho preso a colpi di canzoni e parole
per farlo tremare,
per farlo impallidire,
per farlo tornare all’angolo,
cosi pieno di botte,
cosi massacrato stordito imballato
cosi sputtanato che al segnale del gong
saltò fuori dal ring e non si fece mai più
mai più vedere
Poi l’ho fermato in un bar,
che neanche lo conosceva la gente;
l’ho fermato per dirgli:
“Con me non puoi niente!”
Ho conosciuto il dolore
e ho avuto pietà di lui,
della sua solitudine,
delle sue dita da ragno
di essere condannato al suo mestiere
condannato al suo dolore;
l’ho guardato negli occhi,
che sono voragini e strappi
di sogni infranti: respiri interrotti
ultime stelle di disperati amanti
Ti vuoi fermare un momento? gli ho chiesto
insomma vuoi smetterla di nasconderti? Ti vuoi sedere?
Per una volta ascoltami! Ascoltami
e non fiatare!
Hai fatto di tutto
per disarmarmi la vita
e non sai, non puoi sapere
che mi passi come un’ombra sottile sfiorente,
appena appena toccante,
e non hai vie d’uscita
perché nel cuore appreso,
in questo attendere
anche in un solo attimo,
l’emozione di amici che partono,
figli che nascono,
sogni che corrono nel mio presente,
io sono vivo
e tu, mio dolore,
non conti un cazzo di niente
Ti ho conosciuto dolore in una notte di inverno
una di quelle notti che assomigliano a un giorno
Ma in mezzo alle stelle invisibili e spente
io sono un uomo
e tu non sei un cazzo di niente