Nelle Marche le imprese artigiane attive al 31 marzo 2014 risultano essere 48.201: nel trimestre si è avuto un saldo negativo pari a – 602 imprese (tasso di crescita – 1,25%), frutto di 1.105 nuove iscrizioni e di ben 1.707 cancellazioni. Tali cifre sono le risultanti dei “saldi” relativi rispettivamente alla provincia di Ancona (280 nuove iscrizioni, 374 cessazioni, saldo pari a – 94, con tasso di crescita – 0,79%), di Ascoli Piceno (110 iscrizioni, 208 cessazioni, saldo – 98 con tasso di crescita corrispondente a –1,55%), di Fermo (176 nuove iscrizioni, 291 cessazioni, saldo –115 con corrispondente decrescita pari a –1,68%), di Pesaro Urbino (260 nuove iscrizioni, 413 cancellazioni, saldo di –153 con decrescita sul trimestre precedente pari a –1,30%) e di Macerata (nuove iscrizioni pari a 279, cessazioni pari a 421, il dato regionale più elevato, con un saldo di – 142 imprese cui corrisponde un tasso di crescita del –1,28%). In provincia di Macerata, nel primo trimestre 2014, le imprese attive si attestano a quota 11.168. Nella nostra provincia un rapido sguardo alle variazioni registrate dai più significativi comparti che presentano tutti un segno “meno”: si va dal –2 dei comparti legno/mobile e ristorazione, per passare al –3 registrato dai servizi alla persona, al –4 dei comparti riparazioni beni per uso personale e alimentazione/bevande, al –5 dell’autotrasporto, al –6 del tessile/abbigliamento, al –7 dell’autoriparazione, fino al –20 del cuoio/calzature ed al –78 del comparto delle costruzioni.
Il presidente Confartigianato Renzo Leonori
«Questi dati – dichiara il presidente provinciale della Confartigianato di Macerata Renzo Leonori – confermano purtroppo che le difficoltà che stanno attraversando le nostre imprese artigiane sono ancora tante e complesse. Se in questo primo trimestre in alcune aree del Paese si registra qualche timido segnale di ripresa, nel nostro territorio si continuano a perdere imprese e posti di lavoro. Preoccupano soprattutto i dati delle cessazioni: nella nostra provincia sono state ben 421, il dato regionale più alto, (in media, quasi 5 al giorno) le imprese artigiane costrette a chiudere i battenti. Dati negativi che continuano a sommarsi trimestre su trimestre: negli ultimi 5 anni l’Italia ha perso circa 80.000 imprese artigiane. Nella nostra provincia dal 2008 ad oggi il numero di imprese artigiane è sceso da 11.910 a 11.168, con una perdita di 742 imprese corrispondenti ad una decrescita pari a –6,4%. I comparti più drasticamente colpiti sono stati quelli delle costruzioni con –339 imprese (-7,6% del comparto), delle calzature con – 167 imprese (- 14% del comparto) e dell’autotrasporto con una riduzione di 123 imprese (- 17,5% del comparto).
Drastica riduzione dei consumi delle famiglie, forte aumento sia delle tasse sia del peso della burocrazia e la restrizione del credito sono tra le cause che hanno costretto (e stanno ancora costringendo) moltissimi artigiani a gettare la spugna. E la cosa più grave è che gli stessi, non potendo contare su nessun ammortizzatore sociale, dopo la chiusura dell’attività non hanno trovato nessun altro impiego e sono quindi andati ad ingrossare il numero dei senza lavoro, portandosi appresso i debiti accumulati negli ultimi anni di attività insieme ad un futuro tutto da inventare. Ecco quindi che va fatto ogni sforzo per invertire questa tendenza cosi come va guardata con favore e sostenuta con ogni mezzo qualunque forma di auto-imprenditorialità: dobbiamo tutti alimentare il coraggio di chi fa impresa e ridare fiducia alle famiglie ed a chi cerca lavoro e per farlo è indispensabile rafforzare le reti che costruiscono questa fiducia, a partire dalle istituzioni.»
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Numeri sicuramente drammatici. Parole purtroppo già sentite. Per chi ha come missione il sostengo alle Imprese, per chi vive grazie ai versamenti delle Imprese, a mio modesto parere, anche perdere 1 (una) sola Impresa, rappresenta una sconfitta, pensate tutte queste. Volendo lasciare da parte l’aspetto morale ( che comunque dovrebbe essere uno dei pilastri di un’associazione per le Imprese), il fatto che vi siano nuove iscrizioni di imprese artigiane, è molto probabilmente riconducibile al fatto che se chiude una ditta con qualche dipendente, un operaio si potrebbe “mette in proprio” per cercare di sopravvivere, o al fatto che il costo fisso dei dipendenti è alto, quindi il dipendente crea una partita iva nuova, che collabora con la ditta di prima, ecc. ecc.. Insomma, nuove imprese di fortuna e non nuovi progetti. Senza considerare che ad esempio chiude una ditta con 3 dipendenti e ne apre una con nessun dipendente. In definitva, vorremmo vedere prevenzione, ovvero evitare questa chiusura di massa di partite iva e più in generale, FATTI e non parole parole parole , a danno avvenuto.