di Maurizio Verdenelli
Quando ha ascoltato don Peppe che in spagnolo lo ringraziava per la sua alta opera di Pastore, ha avuto un moto di genuina sorpresa dissimulata con un ‘muy bien’ ma poi non ha potuto non sgranare gli occhi quando ha sentito il parroco treiese, passato con rapidità dall’ispanico all’italiano, esclamare: “Sono il prete dei polentari!”. A papa Francesco, a quel punto, non è rimasto altro che l’esortazione: “Buon lavoro, coraggio!”.
“Ho creduto di manifestare la mia appartenenza polentara -dice ora don Giuseppe Branchesi, parroco di Santa Maria in Selva e presidente onorario dell’associazione- dopo che il Pontefice ci aveva citato espressamente insieme con gli altri gruppi chiamati all’udienza generale in piazza San Pietro. Ed era a quel punto salito alto l’urrah!! di esultanza da parte delle millecento ‘camicie gialle’ in rappresentanza delle diciotto delegazioni sparse in tutta la penisola”.
Sul sagrato davanti al papa, anche se ‘per due minuti soltanto’, la delegazione dei Polentari, munita di pass speciali (grazie alla raccomandazione del cardinal Bertone) era costituita da quattro, sceltissimi rappresentanti. Oltre al sacerdote, per 12 anni a capo dell’associazione, l’attuale presidente Sebastiano Arcai da Arborea; Dante De Sanctis da Sermoneta, primo presidente e padre Renato Gaglianone, già consigliere ecclesiastico nazionale di Coldiretti.
Al Pontefice tanti doni. Insieme con l’obolo di San Pietro, da parte di don Branchesi il gagliardetto del comune di Treia, un foulard con i colori di un quartiere della Disfida al Bracciale (consegnatogli in extremis da alcuni giovani del paese), un sacchetto di farina per far polenta, e la pubblicazione, stampata da Ilari editore, in occasione dell’ultima edizione della sagra a Santa Maria in Selva dedicata alla memoria del cardinal Tonini.
Da Arcai, un cappello dei polentari e da De Sanctis il libro edito dall’associazione …”con mia dedica” sottolinea don Branchesi. E aggiunge: “Papa Francesco è rimasto vivamente impressionato dalla foto di copertina della pubblicazione: una grande colata gialla di polenta”.
Insomma è stata una mattinata particolare e piena di emozione quella in piazza San Pietro. “Accanto a me ad un certo punto ho trovato l’ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli. Ho colto l’occasione per una battuta: ‘Ma cosa combinate qui a Roma?! ci sono tante cose che non vanno a cominciare dal traffico..’. L’ex primo cittadino della Capitalei (“In Vaticano, ho saputo, sembra per condividere un progetto”) ha creduto opportuno defilarsi difronte al j’accuse del religioso maceratese, non dopo tuttavia aver brevemente elaborato una pur fugace ‘difesa’: “Adesso non ci sono più in Campidoglio…ho fatto quello che ho potuto ed ora faccio quello che posso per quanto mi riguarda”. Scomparendo rapidamente alla vista di don Pepe, confuso nell’immensa folla dei gruppi nella piazza più famosa del mondo.
Una giornata appena turbata da una pioggerella a tratti (“ma il papa non ha mai voluto l’ombrello”) e dove il gruppo treiese, presente con 132 persone anche da Appignano, Recanati e Porto Recanati arrivato a Roma a bordo di due pulman, uno multipplo (“ne era previsto all’inizio uno solo, poi dopo tante richieste stavamo per fare il terzo”) ha fatto il pieno. Dice ancora, inarrestabile il parroco-polentaro, cui la prima dispensa per le cucine fu spiritualmente offerta dal cardinal Ersilio Tonini: “Al pontefice ho fatto l’invito formale di venire in visita a Treia e di partecipare ai nostri raduni nazionale. Il prossimo? A giugno del prossimo anno, ad Altidona. Gli ho anche detto: Santità, a Treia le offrirò il mio caffè speciale, quello di don Peppe”.
Il caffè a Treia con papa Francesco? adesso pure che il sindaco si è dimesso (leggi l’articolo)…?!!
“Già, un brutto colpo. Speriamo che ci ripensi. Gigetto Santalucia è un sincero amico della sagra della polenta e sarà più dura senza l’aiuto dell’amministrazione. Il sindaco, insieme con Franco Capponi (un altro grande amico cui molto dobbiamo) e il gruppo della municipalità argentina di Montebuey, con noi gemellata, ci aveva fatto visita in una delle prime serate della nostra festa a settembre. Si era stretta amicizia vera, si era visto ballare magnificamente il tango e il pensiero di tutti era volato al papa e all’udienza che ci era stata già fissata di lì a qualche settimana”.
La giornata particolare dei Polentari era iniziata il giorno prima con un amico importante dei marchigiani, l’ex arcivescovo di Loreto, ora cardinale: Angelo Comastri. Con lui ed altri sacerdoti, don Peppe aveva celebrato la messa all’altare del Crocefisso in San Pietro. All’offertorio un canto in sardo: tra i fedeli infatti polentari dall’isola (con Arcai, paolo Sanneris presidente della Proloco di Arborea), da Verona e da Domodossola che costituirà presto la 19° delegazione dell’associazione.
Poi nel pomeriggio il faticoso ritorno a casa. Tra i polentari treiesi gioia ed emozione e ‘la voglia di sentirci dentro la Chiesa’. Un unico cruccio. Dice don Peppe: “Per un nonnulla abbiamo perso l’opportunità di essere intervistati da TV 2000, l’emittente del Vaticano. Sarà per la prossima!”.
(Foto di don Giuseppe Branchesi)
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E’ curioso vedere come su tale testata si parli spessissimo delle gesta di “Don Peppe”. La seconda domenica di settembre, insieme ad un gruppo di amici ci siamo recati a gustare la famosa polenta di cui molti parlano (peraltro veramente ottima) e nella lunga attesa in fila ho sentito spesso parlare di “Don Vanesio”. La mia curiosità mi ha spinto a chiedere a tali persone in fila davanti a me, chi fosse questo “Don Vanesio”. La risposta è stata sorprendente: si trattava del mitico “Don Peppe”. Mi si faceva notare che questo non perde occasione per essere al centro dell’attenzione e cerca in tutti i modi di apparire sui giornali ed in tv. Qualcuno diceva: vai su Cronache Maceratesi e clicchi su Treia e scoprirai che parlano spessissimo di lui. In tutta la provincia di Macerata è l’unico sacerdote di cui si parla (forse tutti gli altri non sanno fare i preti oppure sono talmente umili che compiono la loro missione senza gridarlo ai quattro venti). Anche qui la curiosità mi ha portato a seguire questo consiglio ed ho visto che quanto si diceva era vero. Ho visto anche che si intrufola in visite ai politici più in vista come quella alla presidente della camera Boldrini, che ha incontrato gli esponenti del Centro Arancia di Tolentino. Mi sono chiesta: ma che centra Don Peppe e perché nell’articolo si menziona appena l’attività di questa associazione e si mette in risalto soprattutto le gesta di Don Peppe? Chissà, quando un giorno andremo a presentaci dinnanzi a chi ci chiederà conto del nostro operato e gli verrà chiesto del perché di tanta vanità, Don Peppe gli farà uscire un articolo giornalistico per spiegarglieLo?
Non sono d’accordo sulla bontà della polenta che ho avuto modo di mangiare il 22 settembre 2013 perchè quanto servito in quel giorno di “polenta” aveva poco più che il nome. Dal nome ero stato attratto …..ma mi sono sentito tradito. Infatti il piatto da me comperato conteneva una crema che con la polenta di mais quarantino a 8 file ( nelle varietà tradizionali della zona) nulla aveva a che fare. La polenta, un cibo povero ma legato alla storia di tante famiglie povere, non dovrebbe essere usata per operazioni di marketing di cibo industriale. Mi ha sorpreso che fra i partecipanti alla sagra ci fossero cosi tante persone in avanti con gli anni che, come il sottoscritto, avevano avuto modo di mangiare polenta “vera” e cioè fatta con il mais prodotto localmente e con varietà selezionate dai produttori per le loro buone caratteristiche organolettiche. In tutto il mondo si fanno operazioni simili nella commercializazzione di cibo industrializzato, e cioè associare qualche immagine o parola che attragga consumatori a prodotti basandosi sulla “memoria” ; ma sono normalmente le multinazionali del cibo che usano queste tecniche e non sacerdoti della chiesa cattolica più o meno “vanesi”. Papa Francesco forse non approverebbe……se venisse informato correttamente.
Desde España saludo con afecto a don Giuseppe. Recuerdo el viaje que hicimos con su “pulmino” a Roma a la clausura del Año Sacerdotal, no lo olvidaré nunca.
Ho aspettato qualche giorno che qualcuno si levasse per dire una parola in contrasto al primo commento di cui (scorrendo) sopra. Invece nulla. Ne da parte di …dirimpettati della canonica, nè dal comitato parrocchiale nè dai polentari vicini e lontani di cui don Peppe è presidente (emerito).
Ed allora io dico soltanto che non deve fare ‘scandalo’ se don Giuseppe Branchesi, 75 anni, parroco di Santa Maria in Selva, consigliere ecclesiastico regionale di Coldirettoi, guida dell’associazione nazionale Polentari d’Italia, già docente all’Itc Gentili e ‘maestro’ di generazioni e generazioni di studenti, fa talvolta o spesso ‘notizia’. Una buona notizia, s’intende. Considerato che gli eventi che promuove sono seguiti da migliaia e migliaia di persone. E don Peppe, come noto, non è certo una rock star, nè un’icona della vanità. Tuttalpiù è un forte comunicatore, un talento che gli ha trasmesso il suo maestro Ersilio Tonini. Il sacerdote fa notizia anche laddove lui non si muove da protagonista, come nel caso ricordato dal primo commento, della visita dell’associazione Arancia alla presidente della Camera. Chi avrebbe dato quella notizia se non l’avesse fatto Cronachemaceratesi che deve il suo successo straordinario proprio perchè crede nelle news e le segue con fiuto infallibile considerati i lettori che fanno del giornale online un caso addirittura italiano di visibilità? Che scandalo infine, se un curato di campagna (alla Bernanos) dalla fede e dalla vita adamantine riesce sempre a fare (‘buona’) notizia e se migliaia di lettori la leggono?
Ed allora: “Buon lavoro e coraggio”, caro don Peppe, come ti ha esortato l’altra mattina il papa in piazza San Pietro.