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Dice: ah, sei vivo? Ah, la fai ancora la tua rubrichina su Cronache Maceratesi? E dove saresti finito, di grazia, che è un sacco di settimane che non ti si legge più? Dovreste rallegrarvi, invece. Anzitutto per il fatto che non soffro di presenzialismo costi quello che costi: scrivo solo se ho qualche buon motivo per farlo, altrimenti preferisco un sano silenzio operoso, fatto di buone letture, felici frequentazioni, mangiate non più (il diabete non me lo consente, ma ci ho guadagnato in linea e dunque “viva il diabete”: sotto controllo, ovviamente).
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La città, stavolta, non fosse stato per l’inclemenza forsennata del clima, era più animata del solito: buoni appuntamenti (dal festival dell’editoria alle “Licenze poetiche” degli amici di Adam, tra le quali ho segnato sull’agenda in particolare l’appuntamento che aveva tra gli ospiti un bravo e vecchio amico osimano, Danilo Mandolini, nonché l’incontro con alcune poetesse italiane di recente antologizzate da Einaudi – segnalo in particolare un’altra cara conoscenza, Franca Mancinelli, e con lei Laura Pugno e Maria Grazia Calandrone, che però all’ultimo non è potuta venire: peccato). C’era gente agli incontri, ma poi c’era anche gente in giro: coraggiosi che hanno sfidato con lo spirito della “Ginestra” leopardiana le avversità atmosferiche, senza tuttavia riuscire a ricacciarle indietro. E che il freddo sempre più incombente ha risospinto dentro casa, al saluto – dei più resistenti e tignosi – di “buon Natale”.
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Io, insomma, ho trascorso una quindicina buona di giorni guardando le nostre vie e respirando le nostre abitudini, non sempre encomiabili, ma qualche volta sì e anche parecchio (dice: che ti piglia? Sarai mica tu che hai fatto impazzire il tempo, con questo cambio di rotta? Spero di no; anzi, sono convinto di no. Un corsivo, per quanto incisivo o appassionato, esaurisce solo una minima parte di me – grazie a Dio).
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Sta di fatto, comunque, che trovandomi ad essere il timoniere di una piccola navicella attiva in città da un po’ di tempo e che va sotto il nome di “Osservatorio C-Miniera”, il periodo è stato ed è ancora abbastanza denso anche per noi di questo gruppo di amici a vario titolo implicati nella cultura e nell’arte. Ad esempio: dopo l’incontro con Guido Garufi che ha aperto con successo il nostro cartellone di eventi 2013, giovedì prossimo 30 maggio, alle 21:15, presso il Bar Pompei 1848, accoglieremo come ospite lo scrittore fermano Angelo Ferracuti, di cui è appena uscito per i tipi di Einaudi “Il costo della vita”, un reportage dedicato ai tredici operai morti soffocati nella stiva di una nave nei pressi di Ravenna alcuni anni fa.
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Troppe volte ci dimentichiamo (assai in fretta, perdipiù…) che dietro i protagonisti di un brutto fatto di cronaca c’erano volti, nomi, con una famiglia, un cuore e una storia ben precisa: uomini, in questo caso, che a sostituirgli il nome, potremmo tranquillamente essere noi. Angelo Ferracuti li onora raccontandoci la loro esistenza personale, il tratto di vita terrena trascorso fino a quell’orrido giorno dimenticato assai in fretta da tutti, mentre ci riguardava e ci riguarda molto di più di quanto vorremmo o sospetteremmo.
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Andiamo un pochino a compartimenti stagni, vorrei dire… di fronte a tragedie come quella di cui scrive Angelo Ferracuti, ci difendiamo forse col fatto che in collina non ci sono porti (è una metafora, ovviamente: ma credo si intuisca agevolmente dove voglio andare a parare).
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Succede qualcosa di simile, ahinoi, anche quando ad esempio ci imbattiamo negli africani che vivono da noi: “cosa può venire di buono da Nazareth?”, si diceva ai tempi di Cristo per denigrarlo o anestetizzarne l’azione. E così, in buona sostanza, oggi: di fronte a un nero che fa carriera per l’alta professionalità del suo curriculum non è così automatico fidarsi (e dire che lo sfascio della nostra Italia dovrebbe spingerci molto più agevolmente a dubitare dei nostri conterranei…). Ad esempio, se io citassi Leopold Senghor come uno dei maggiori poeti del Novecento (non africano: mondiale!), mi credereste? Fareste bene a credermi, perché è così. Onore, dunque, all’A.C.S.I.M. che ha organizzato – col contributo del Dipartimento Pari Opportunità del Ministero (e il patrocino gratuito dei comuni di Treia, Macerata, Petriolo e Corridonia) – un ciclo di incontri dedicati alle letterature africane e alle letterature nero-americane in lingue europee.
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Il grande Senghor (e il Senegal di cui fu anche Presidente) sarà al centro dell’omaggio che venerdì 31 maggio prossimo, dalle ore 18:30 si svolgerà in Piazza Cesare Battisti. Lo presenteranno Daniel Amanze (presidente Acsim), Daniela Fabiani (dell’Università maceratese) e Daniele Referza (vicedirettore di “Osservatorio C-Miniera”). Lo leggeremo io e Diallo Mamadou Saliou (mediatore interculturale). Saremo affiancati dal gruppo “Djembe Rhytmo” che eseguirà danze e musiche della tradizione senegalese, nonché dall’artista Javier Stacchiotti, che dipingerà live e inviterà a fare altrettanto tutti quelli che lo vorranno.
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Non basta. In quasi contemporanea, venerdì 31 alle ore 18:00, alla libreria Feltrinelli presenteremo l’opera prima di due giovani scrittori montegranaresi: un romanzo eccellente che abbiamo avuto la fortuna di scoprire per primi. Si intitola “Andata e ritorno”, lo firmano Andrea Pompei e Patrick Marzetti e narra la storia di Diego, un giovanissimo di Montegranaro: “Questo microcosmo, attraverso splendide analessi, si configura come un mondo in piena continuità fra passato, presente e futuro, fra tradizione e progresso: questo spirito di riconciliazione e di pace supera, con grande armonia, tutte quelle dicotomie che, nei decenni scorsi, hanno voluto narrarci la costrizione del piccolo paese, simbolo di arretratezza e di chiusura. Pompei e Marzetti compiono questo superamento con grande naturalezza: la storia di Diego avrà delle svolte importanti e, soprattutto nel finale, avrà il suo senso proprio nell’essere stata raccontata” (Referza). Per questo motivo e per molti altri ancora, varrà la pena ri-sfidare l’eventuale tempo cattivo e uscire di casa due volte (giovedì e venerdì) per raggiungere il bar Pompei (giovedì), la libreria Feltrinelli e Piazza Cesare Battisti (venerdì).
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Grazie Davoli sono piccoli segni in cui si vede chiaramente il lavoro degli artisti anche difronte alla crisi, monetaria ma non culturale, piccole gocce che prima o poi riempiranno il vaso. Questo importantissimo lavoro degli artisti a denuncia dello stato attuale delle cose dove l’ignoranza e la prepotenza la fanno da padroni, in cui i deboli sono sopraffatti e castigati, forse perché é diversi non solo di cultura ma anche di colore, ma soprattutto in non uguali a tutti coloro che non si uniformano a questa società di tutti uguali, sempre più lontani da valori, dove la famiglia e amore fraterno sembrano solo parole buttare nel immenso mare per sprofondare. Ma contro corrente qualcuno ci va.. per fortuna anche della crisi di soldi, ma non di valori etici…. E morali……!
Vorrei segnalare, e corre l’obbligo, a proposito di Senghor, che una bellissima traduzione ( e dico davvero bella) è del nostro concittadino Prof. Giacomo Zazzaretta ( il papà di Vittorio).Pubblicò prima in riviste e poi una “omnia” per l’Editore Cegna di Macerata, lo stesso editore dei suoi fondamentali saggi su Montale che io feci pubblicare, più tardi, da Il Lavoro editoriale con la prefazione di un montalista fuori di ogni dubbio, Silvio Ramat. Testi ( quelli su Senghor e Montale) che appaiono in tutte le più accreditate bibliografie.
Posso aggiungere, inoltre, che Senghor apprezzava particolarmente le traduzioni di Zazzaretta, ed ebbe con lui una lunga frequentazione epistolare.
Ero tranquillissimo….
Non eri scomparso, non può certo scomparire silenziosamente il Nostro Davoli Nazionale.
Diciamo che, ultimamente, sembri esserti dedicato più a alti compiti ultraterreni (bello, come un dio greco, mentre facevi il Padrino: ho visto le foto.. se anche io un giorno dovessi finir erroneamente incenerito sulla viuzza di Damasco vorrei te accanto :-P) piuttosto che a rimestare nel truogolo delle miserie politiche locali….
Caro penitente in pectore (alias Gianfranco),
che fai domenica a pranzo?