di Carmen Russo
La cultura cinese ha una forza attrattiva sempre più crescente nella nostra società e Macerata ha un legame particolare con lo stato asiatico. Grazie, infatti, a Padre Matteo Ricci, uno dei più grandi missionari in oriente, i legami tra Italia e Cina sono andati via via intensificandosi. Forte è già l’azione dell’Università di Macerata verso l’est, con il suo corso in Lingue e Culture Orientali e con la Facoltà di Mediazione Linguistica con sede distaccata a Civitanova Marche, ma con l’inaugurazione dell’Istituto Confucio lo scorso ottobre 2011 si completa un’offerta formativa valida e duratura. Proprio dall’Istituto, unico sulla costa adriatica, è stata organizzata una serie di eventi dal titolo “Italia chiama Cina”.
Dal 13 al 21 marzo si è tenuto un convegno dal titolo “Valori contemporanei della cultura tradizionale cinese e delle culture delle minoranze” al quale hanno fatto da relatori i professori Li Jinglin (Beijing Normal University), Li Xiantang (Tianjin Nankai University), Ma Liangkuan (Shandong Liaocheng University), Charles McKhann (Whitman College Wa.), Tian Song (Beijing Normal University), Cristiana Turini (Università di Macerata) e Yang Fuquan (Yunnan Academy of Social Sciences).
Oltre ad esso, il 18, 19 e 20 marzo si è svolta una rassegna cinematografica al Cinema Italia. Le prime due giornate sono state dedicate agli italiani in Cina con i film Chung Kuo, Cina (1972) di Michelangelo Antonioni, L’ultimo imperatore (1987) di Bernardo Bertolucci, La stella che non c’è (2006) di Gianni Amelio, Cantando dietro i paraventi (2003) di Ermanno Olmi. Mentre l’ultima serie di film “La Cina è vicina (all’Italia)” con le proiezioni dei film Questa notte è ancora nostra (2007) di Paolo Genovese e Luca Miniero, Io sono Li (2011) di Daniele Segre e Gorbaciòf (2010) di Stefano Incerti.
Durante l’ultimo appuntamento del convegno, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare -grazie alla collaborazione nella traduzione del docente Tommaso Pellin-, il professor e relatore Tian Song il quale dopo averci illustrato il tema del suo intervento, ha ricordato gli ottimi legami tra Italia e Cina grazie all’intermediazione di Padre Matteo Ricci, Lì Mǎdòu che importò (o esportò a seconda dei punti di vista) la cultura occidentale a Pechino. Abbiamo intervistato anche il professor Zheng Wang il quale insegna sia all’Istituto Confucio che nelle scuole, come ad esempio al Liceo Leopardi dove tiene un corso di calligrafia cinese. Secondo il suo punto di vista la risposta alla cultura e alla lingua cinese è molto positiva, anche se non è ancora ritenuta una materia curricolare.
“Questo è stato uno dei più grandi appuntamenti sullo studio della tradizione cinese organizzato dall’Istituto Confucio rivolto al mondo accademico” -dice Giorgio Trentin, direttore dell’Istituto e docente dell’Università di Macerata- “Ma altre iniziative sono rivolte anche al mondo delle imprese, uno dei nostri interlocutori più sensibili. Abbiamo appena fatto una Winter School sul commercio Italia-Cina e alla situazione del mercato a cui hanno partecipato le principali reatà imprenditoriali del territorio”.
Tante, dunque, le iniziative tra corsi di lingua, di economia e borse di studio per conoscere una realtà sempre più viCina.
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E’ indubbio che il mercato cinese è una Manna dal cielo per le nostre industrie……ma allora che cavolo vengono a fare i cinesi qua da noi ad aprire attività fraudolente nel campo del tessile abbigliamento, sfruttando manodopera cinese anche e sopratutto in nero???? E come mai le nostre industrie chiudono??? Secondo me voi professoroni ci manderete tutti alla fame….ma prima o poi anche voi ci andrete, alla fame! W l’Italiano, specialmente i dialetti, lasciate perdere i cinesi!