La professione di giornalista presuppone l’esercizio di un diritto e, al tempo stesso, il rispetto di un dovere: dare notizia dei fatti, purché veri e di pubblico interesse. Se un fatto non è vero, la violazione di questa regola determina conseguenze anche penali. Idem se il fatto è vero ma non di pubblico interesse, poniamo una relazione extraconiugale tra persone comuni che la coltivino nel loro privato. Spesso accade che la notizia di un fatto vero e di pubblico interesse abbia effetti spiacevoli per chi vi è coinvolto? D’accordo, ma ciò non cambia i termini della questione: il diritto del giornalista rimane. E non è un privilegio che gli concede la legge ma un principio che attiene alla sostanza stessa della democrazia, perché il diritto di informare realizza il diritto del popolo ad essere informato.
I lettori perdoneranno questo mio pistolotto introduttivo la cui ragione si trova però nella constatazione che da qualche tempo in alcuni esponenti locali della politica e della società civile si va palesando una sorta di pretesa o di aspettativa per cui certi fatti veri e di pubblico interesse non dovrebbero essere divulgati o dovrebbero esserlo in modo da favorire le loro esigenze di parte. Il che può essere frutto di ignoranza – grave, nei politici – di quel diritto, ma più probabilmente deriva dall’assurda presunzione di chissà quale intangibilità di casta, di censo, di classe. Non ci siamo, signori. E quando, come non di rado è capitato a Cm, tale presunzione assume le velate ma odiosissime forme della minaccia o del ricatto, allora vien da pensare che Macerata stia perdendo terreno in fatto di qualità dei rapporti civili. Stupirsene? Fino a un certo punto, giacché sono ormai decenni che in tutta Italia il potere di individui, gruppi e corporazioni si esercita senza alcuna consapevolezza dei limiti posti dalla legge e dalla morale.
Vengo al punto. Il 23 gennaio scorso la Finanza ha effettuato un’ispezione nella sede della Croce Verde acquisendo documenti che in qualche modo possano servire all’indagine della Procura su un’ipotesi di appropriazione indebita. Questo è il fatto. Vero? Verissimo. Ed è di pubblico interesse? Figuriamoci, la Croce Verde è una istituzione la cui benemerita attività di soccorso e assistenza sta nel cuore dell’intera comunità cittadina. Ecco allora che Cm e i giornali su carta ne hanno dato notizia, ciascuno, nei titoli e nell’ampiezza degli articoli e nella dovizia dei particolari, secondo la propria autonoma valutazione dell’oggettiva importanza della cosa. Ora dunque sappiamo – la città sa – che è in corso un’indagine (il reato di appropriazione indebita è perseguibile a querela di parte e con ogni evidenza in Procura è giunta la querela di qualcuno) e nulla autorizza a previsioni circa la sua conclusione, previsioni che, infatti, nessun organo d’informazione si è spinto ad avanzare. E se l’avesse fatto avrebbe valicato i confini della propria funzione.
E’ da tempo che in seno alla Croce Verde serpeggiano malumori (c’è una specie di vertenza di lavoro da parte di alcuni ex volontari) e che, soprattutto, la scelta di svolgere attività di pompe funebri sta suscitando forti reazioni da parte delle imprese private che si ritengono danneggiate da una presunta concorrenza sleale. Ma questo è un altro discorso, dal quale intendo pormi del tutto fuori. Anch’io, del resto, desidero che le difficoltà, se ci sono, vengano felicemente superate. E ritengo espressione di un naturale e sincero risentimento, benché molto aspro nei toni, quanto hanno detto in proposito il presidente Stefano Monachesi e il consigliere regionale Angelo Sciapichetti per sostenere le buone ragioni del sodalizio nel corso di una riunione fra soci all’indomani della “visita” della Finanza (“La Croce Verde è sotto attacco per avere avuto il coraggio di mettere mano a un sistema malavitoso”, “non sarà qualche soggetto veramente squallido che è stato qui dentro a mettere in discussione un’attività gloriosa”, “abbiamo tolto l’osso al cane e il cane ha reagito, sta mordendo e ne fa sta facendo di tutti i colori”, “quando ci sono certi accadimenti c’è sempre un movente e l’abbiamo individuato, quando c’è un movente c’è sempre un committente e l’abbiamo individuato, quando c’è un committente c’è sempre un manovalante e l’abbiamo trovato”), affermazioni autentiche e divenute di pubblico interesse per il fatto, abbastanza singolare, che qualcuno, all’interno, le ha registrate e le ha poi passate ai giornali.
Ma Monachesi e Sciapichetti hanno detto qualcos’altro: “Questa strategia è passata attraverso l’accoglienza di certi organi d’informazione per motivi sconosciuti ma siccome tutti hanno un prezzo anche l’informazione si può governare e manipolare come si vuole”, “la città è rimasta sgomenta da quello che alcuni giornalisti hanno scritto, e chiamarli giornalisti è un grande complimento, sono dei pennivendoli”, “non saranno giornalisti da strapazzo a mettere in discussione la solidarietà dei maceratesi”). A quali giornalisti, a quali giornali e a quali articoli si riferivano? E sarebbero loro la manovalanza di quel “sistema malavitoso”? Mistero. Tutto lascia credere che un così generico e insultante attacco all’informazione sia il frutto di quella aspettativa, o presunzione, o pretesa d’intangibilità di cui sopra, un atteggiamento mentale, questo, che, come ho sommessamente cercato di spiegare, ignora, dimentica o, peggio, disprezza la funzione sociale del giornalismo. I giornalisti possono certo sbagliare ed è giusto che paghino per i loro errori, ma in che cosa hanno sbagliato, vivaddio, nel divulgare i fatti veri e di pubblico interesse riguardanti la Croce Verde? Non riesco a capirlo. Solo una cosa ho capito: che di questo passo, non essendo il primo caso e forse neanche l’ultimo, la qualità della nostra vita comunitaria va a farsi friggere.
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Non ci sono dubbi sul fatto che la stampa, presidio democratico insostituibile, abbia il diritto-dovere di rendere noti i fatti veri e di pubblico interesse; e di ciò dovrebbero essere consapevoli proprio i personaggi politici, i quali ben sanno che nel bene e nel male devono rispondere alla pubblica opinione. Però, a mio avviso, almeno su vicende significative come quella della Croce Verde di Macerata, i giornali dovrebbero fare anche un passo in più, cioè cercare di interpretare i fatti narrati e di dare ad essi un significato, magari in forma interrogativa. E forse proprio questo mancato approfondimento può spiegare (e comunque non certo giustificare) alcune frasi stizzite del buon Angelo Sciapichetti, solitamente molto moderato nei toni, questa volta meritevole di un bel pollice rosso.
Provo in ogni caso ad esporre quello che penso al riguardo (per correttezza premettendo, che pur senza essere socio, sto seguendo – gratuitamente come gli altri professionisti impegnati nei risvolti societari e fiscali degli ultimi avvenimenti – la Croce Verde di Macerata, onlus che apprezzo e stimo fortemente, nei contenziosi lavorativi recentemente emersi, anche se per adesso solo allo stato embrionale).
E’ da qualche anno che la Croce Verde, vero fiore all’occhiello delle onlus maceratesi come numero di iscritti e soprattutto di volontari attivi, soffre fortemente per l’abbattimento dei rimborsi erogati dalla Regione Marche, al punto che di recente ha molto faticato a garantire i compiti istituzionali. Da qui la decisione, presa già qualche anno fa e perfettamente compatibile con il proprio statuto e con le norme di legge vigenti, di iniziare ad operare nel settore delle onoranze funebri (unica possibilità per seguitare a garantire il trasporto dei malati, dei feriti, dei ricoverati, ecc.), come già fatto anche in tante altre realtà in Italia. Da qui, in seguito, l’esigenza di costituire una apposita s.r.l., le cui quote, estremamente spezzettate per favorire il massimo di accesso, sono state giustamente offerte in prima battuta proprio ai soci della onlus.
Ebbene, non c’è dubbio che tale decisione, partita in sordina, si sia poi concretizzata con sempre maggiore successo grazie ad una accorta politica dei prezzi, ribassati e standardizzati, con un effetto calmierizzante sull’intero mercato delle onoranze funebri e con grande vantaggio per i cittadini. Così come è evidente che tale new entry abbia suscitato fastidio ed insofferenza sempre maggiori nell’ambito delle altre imprese del settore, che hanno iniziato a parlare, secondo me a torto (come ha ben spiegato il presidente Stefano Monachesi nella sua intervista su questo giornale), di concorrenza sleale.
Ecco, proprio da questo forte contrasto di tipo economico scaturisce il gran casotto dele ultime settimane, grazie anche ad una serie di contatti che stanno emergendo sempre più chiaramente tra le imprese della concorrenza e un numero ristrettissimo di volontari che stanno sempre più soffiando sul fuoco con denunzie a destra e a manca, tutte da dimostrare nella loro fondatezza, nell’intento, sinora sventato, di impedire, o comunque rendere più difficile la costituzione della Crove Verde Servizi s.r.l. strumento tecnico indispensabile per rafforzare le prestazioni nel settore delle onoranze funebri e, di conseguenza, per garantire alla onlus Croce Verde i mezzi necessari per portare avanti i propri compiti istituzionali.
Questa, naturalmente, è la mia interpretazione dei fatti. Però mi chiedo: cosa impediva alla libera stampa (o meglio, ad una parte della libera stampa) di scavare un po’ in tanta acrimonia verso una onlus amata e stimata da tutti maceratesi, di ascoltare il punto di vista della gran parte dei volontari, di prospettare (senza doverlo necessariamente sposare) anche un punto di vista diverso rispetto a quello a senso unico fatto sin qui emergere?
Ok. Perfetto, avvocato Bommarito. Concordo pienamente con il suo commento.
Capisco che per questioni fiscali di legge la gestione di questa attività era necessario fondare l’SRL , ma tale Srl non poteva avere solo un socio unico quale la CROCE VERDE onlus?’ Era proprio necessario spezzettare le quote??