di Filippo Davoli
* “Cronache Maceratesi” è un po’ come sedersi al bar. Passano gli amici, passano anche i nemici, ma con tutti si può scambiare una parola, una battuta. È un dato della maceratesità, quell’aurea mediocritas che non conosce tinte forti fino all’estremo, né fronteggiamenti stile duello all’ultimo sangue. C’è del buono e del cattivo, in questo: del cattivo, perché è una porta naturale all’ipocrisia e alla chiacchiera. Del buono, perché può significare saper volare un po’ più alto delle piccole beghe. Il centro storico di Macerata è un po’ come quel piccolo bar. Diceva anni fa un caro amico poeta prestato alla politica che questa è la città degli inevitabili, tanto è piccola: dovunque ti metti fermo o dovunque cammini, li incontri tutti, che tu lo voglia oppure no. È in buona sostanza un borgo in grado di soddisfare pienamente le esigenze professionali di ogni buon p.r. locale. E CM ripropone quel modello nella felice soluzione dei commenti dei lettori: diviene un modo di effettuare un efficace brain storming quotidiano.
* Torno di nuovo sulla Macerata che c’era (e non c’è più), grazie alle sollecitazioni fornitemi da tanti commenti dei lettori, che una volta di più ringrazio. E se Renzo Serrani ricordava ad esempiol’amabilissima figura di Sergio Fantuzzi, a me questa riaccende anche il ricordo della vetrina di Pietrarelli che seguiva quella di Fantuzzi: splendidamente liberty, felicemente intatta, come quella di Medori in Piazza Cesare Battisti, a differenza di quasi tutte le altre, riaggiornate secondo criteri di modernità totalmente anonimi quando non imbarazzanti, infelici. Cominciò Sor Ettore Pompei, credendo probabilmente di fare cosa buona nello smantellare la facciata e poi l’interno di un caffè che oggi sarebbe monumento nazionale. Poi perdemmo per strada la bella Libreria Zanconi con le piastrelline bianche e nere; i Bagni Pubblici di cui ho già detto nel corsivo scorso; l’alimentari di Ermete (coi suoi cassettini pieni di pasta corta sfusa e i panini giganti in polistirolo in vetrina; al piano di sopra c’era la cucina, chiamata “pensatoio”, dove Mario Buldorini conservava testi preziosi sul teatro maceratese, Ermete jr. suo fratello gli spartiti musicali del Secondo Futurismo maceratese; e dove Ivo Pannaggi era solito riposarsi e dare udienza negli ultimi anni della sua vita); quindi fu la volta del falso liberty di Venanzetti all’interno di un palazzo del Ventennio, fino alla già non bella Galleria del Commercio – comunque segnale riconoscibile della vitalità degli anni ’60 – trasformata recentemente in un freddo vialetto cimiteriale. Avevamo già perso il Caffè delle Terme (vediamo se qualcuno sa dove stava…), e smantellato il cine-teatro che ha sede dentro il Palazzo del Catasto, oltre naturalmente al Cinema Corso. Poi ha provveduto l’Università a comprarsi alcuni tra i più bei palazzi storici.
* C’erano anche i piccioni, a Macerata. Che porteranno pure le malattie, ma facevano colore e calore in una città che era viva e vissuta. Le portavano pure prima le malattie, è dato sospettare. E la cacca la facevano pure prima, solo che probabilmente prima c’era un’attenzione diversa alla pulizia e al decoro delle vie. Oggi, invece, a lato dei portoni stazionano per ore ed ore i sacchi dell’immondizia in attesa dello “scuolabus” che li viene a prendere per portarli via. Avevano detto che si trattava di un sistema migliore, per togliere dalla vista gli orrendi cassonetti (cari, vecchi cassonetti…). Ci sono – grazie a questa brillante soluzione – vie storiche come Via Crispi in cui i residenti puntualmente documentano l’allevamento spontaneo delle pantegane, grazie ai residui di tutti i tipi in giacenza agli angoli delle case e dei vicoli. Tra i sampietrini cresce a tutto spiano l’erba, ma in questo manca l’intenzione di ricreare – dopo la sparizione dei cassonetti – un grande giardino urbano. Peccato: ci avrebbero preso per stanchezza, ma magari avremmo finito per crederla una buona idea. Come quella di realizzare la piscina comunale olimpionica proprio in Piazza della Libertà (come ho fatto in un mio fotomontaggio, che non a caso è piaciuto molto): avremmo creato la zona pedonale e nessuno protesterebbe più per la sparizione di posti preziosi per le auto. Vuoi mettere poi l’attrazione di tuffarsi dal terrazzo del Municipio? (Forse non la realizzano temendo la riedizione locale della defenestrazione di Praga…).
* Sarebbero forse scempi, ma sono solo sogni. Tuttavia, mi chiedo: ma chi li ha autorizzati tanti scempi reali? So che l’Ufficio tecnico solleva un mare di problemi per l’abbattimento delle barriere architettoniche all’entrata dei negozi (ma, contemporaneamente, proprio in Galleria del Commercio un disabile non può raggiungere in nessuna maniera il piano intermedio, mentre da decenni si assiste alla demolizione progressiva e sistematica di una civiltà che è stata davvero grande e bella, sia pure nelle ridotte dimensioni della nostra città (o forse anche grazie a questo).
* Da quale stiva miracolosa è arrivato il permesso di murare il portoncino di casa di un nostro musicista illustre, senza nemmeno apporvi sopra una finta porta? Che penseranno i turisti che si imbatteranno nella lapide che ricorda i natali di Lino Liviabella? Che la città si premura di murare i suoi artisti perché non nuocciano, limitandosi ad un encomio formale? Non errerebbe granché dal vero, ma almeno salviamo le apparenze…
* Un assalto che travolge la maceratesità in ogni sua componente, urbanistica e umana. Mi convinco che qui non è tanto un fatto di competenze tecniche (o non solo), quanto soprattutto di amore. Me ne stupisco, parlandone sempre abbastanza male (come solo ogni maceratese sa fare) e rivendicando quando posso l’essere nato a Fermo (come non ogni maceratese può fare); mi sa però che sono innamorato di Macerata e che sono più maceratese di quanto cerco di dimostrare. Probabilmente, la via d’uscita fermana mi preserva mentalmente dal dolore di vederla ridotta così.
***
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Come è potuto succedere? A Macerata è successo quello che è successo in buona parte d’Italia negli ultimi 30 anni – almeno -. Si è affermata la legge del contrario: lo Sbagliato ha prevalso sul Giusto; Il Torto sulla Ragione; il Ladro sul Derubato e così andando l’ignoranza più crassa è penetrata nei gangli della società e si è incistata nelle Istituzioni e tra le Classi Dirigenti. Se vogliamo essere ottimisti dovremmo ripartire da qui per risalire la curva….. a meno che non si sia ancora toccato il fondo!
Caro Filippo, prima della Libreria Zanconi c’era una sorta di emporio: il Bar Drogheria da Culot (Assortimento liquori, Vini spumanti, Colori, Vernici, Pellicole fotografiche).
Il Caffè o meglio Albergo – ristorante delle Terme venne realizzato da Biagio Micozzi Ferri nel 1924 nel Collegio dei Gesuiti (Biblioteca Mozzi-Borgetti). Credo che vi si accedesse dalla Piaggia della biblioteca o dal vicolo dell’abbondanza. Nel 1937 venne chiuso e nei locali finirono la pinacoteca e il museo della carrozza. Ora no saprei. Non entro in biblioteca da quando in piazza Vittorio Veneto fecero quegli inutili lavori underground con i fondi del terremoto. Tuttavia ricordo che al di là della neviera, sul lato del collegio dei gesuiti di questa piazza trasformata in cesso metafisico si apriva un asola con tanto di scala che conduceva verso un cesso pubblico perennemente allagato.
Per il corso suggerisco di entrare nell’ex Moda di Parigi per ammirare una meraviglioso tempera: La turbina. Suggerisco altresì di entrare nei locali del Ced della Provincia per ammirare il dipinto che il futurista Bruno Tano ha lasciato sulla parete dei locali dove si stampava il settimanale “Azione fascista”: Un inno alla fotocomposizione che parte da una tastiera e sale su colonne in maniera fasciforme, in una sorta di tavolozza. Siamo nel 1937 quando il fondatore del Gruppo Boccioni dipinge questa dinamica composizione di tavolozza/ menabò, circondata da ciminiere di fabbriche e navi. Non c’è dubbio che i futuristi portarono a Macerata una gran vivacità che finì con la Seconda Guerra Mondiale. Basta uscire da questo locale per provare il disgusto di una città in declino: cavi elettrici volanti, bacheche abbandonate e deiezioni di piccioni un po’ ovunque. E visto che siamo blasonati con un suffissoide buffo quale “Città della pace” viene voglia di ripetere l’imperativo di Martinetti agli arditi futuristi: “Marciare non marcire!”.
Nel 1983 lo scrivente curò il restauro della vetrina e l’arredamento dell’oreficeria Medori.
Caro Gabor,
conosco molto bene l’affresco di Bruno Tano e da tanto prego che qualcuno lo protegga dovutamente. Ti devo una bevuta per l’aver saputo dove stava il Caffè delle Terme. E grazie per farmi sentire meno solo.
Chi ha un sussulto, chi protesta, chi rimpiange la dignità perduta della propria città non è un provocatore, è un provocato. Basta fare un giro per il centro desertificato per rendersene conto. Tutto è sempre più orripilante.
Vada per un caffè – come diceva da lu Ricciu (Sesto Benedetti) – lungo come una notte d’amore
Nel 1977, dopo venticinque anni di esilio, ritornai a vivere nel centro storico. Il centro era un frammisto di rumori, profumi e di quel melodioso vociare che usciva dalle piccole botteghe dei piccoli artigiani di produzione (ebanisti, sarti ecc.) e di servizio (barbieri, riparatori di radio/Tv ecc). Numerosi erano i piccoli negozi di generi alimentari, macellerie e frutta e verdura. Vado a volo d’uccello:
Piazza della Libertà: Albergo Italia, Casa della Lana (Ernesto Guizzardi), Bar Faraoni, Farmacia Pigliapocchi; Libreria Franceschetti.
Corso della Repubblica: Ristorante Piccolo Mondo, Alimentari Ermette (Mario Buldorini), Confezioni Pietrarelli, Confezioni Balducci, Articoli sportivi Luchetti; Radiomarelli (Guglielmo Domizi); Cartolibreria Palmieri, Bar Royal, una barbieria, le confezioni Baby Brummel (Antolini), Bavaria la galleria d’arte di Monti.
Via Gramsci: Drogheria Maggi; Forno Tamburini (qui ci ritornerò!, Piccoli elettrodomestici Bellesi, Silvano lu cravattà, Casalinghi (Pagnanelli?), Confezioni Lazzarini, Articoli sportivi Visport (Vitaliano).
Via XX Settembre: Vetreria e Ferramenta (Cappelloni), Bottega del falegname Ivo.
Via Crescimbeni: nel 1980 c’erano ancora due negozi di frutta e verdura ed una piccola macelleria,
Ricevitoria del lotto, Sartoria del mitico Domenico Caraceni e l’ultimo rilegatore ha chiuso quest’anno..
Via Tommaso Lauri: Enologica o enotecnica Staffolani, N. 2 Negozi di frutta e verdura, Elettrodomestici Tarlazzi, Il grottino degli Scheggia.
Piazza XXX aprile: un impagliatore, un’autofficina.
Via Garibaldi: Elettrodomestici Cippitelli, Bottega antiquaria.
Piazza Annessione: Tipografia Ciocca.
Corso Matteotti: Elettrodomestici Roganti, Albergo diurno (che citi ripetutamente) Alimentari con rosticceria Franco.
Via Don Minzoni: Bottega dove si riparavano macchine da cucire (Mario Agostinelli), Alimentari (Benito), Bar Zanconi poi Firenze, un ciabattino; la Macelleria di Angiolì (Tognetti); Elettrodomestici Salvatelli, Macelleria (?), Merceria d’Aurora Venturini;
Rampa Zara: una carrozzeria;
Vicolo Marefoschi: Officina di Remigio, il meccanico prodigio;
Via Santa Maria della porta: Studio fotografico Ghergo (Morichetti), un cappellaio, Alimentari de Morosì.
Via Lauro Rossi: Negozio di stoviglie.
Piazza Mazzini: Armeria Castellani, un barbiere che riparava gli ombrelli.
(Vuoi che continuo alla ricerca del negozio perduto?)
Bellissimo articolo, belli anche i commenti. Una cosa non mi è chiara: ma come funziona, a MAcerata, la raccolta dell’immondizia porta a porta? O meglio, com’è che non funzionerebbe? In quasi tutti i centri storici dei comuni vicini c’è la differenziata con la raccolta porta a porta, e tutti questi problemi non vengono segnalati. Ma perché a Macerata ogni novità diventa un problema? Se funziona come in altri comuni, basta mettere fuori il sacchetto la mattina presto, e passa l’omino a raccoglierlo nelle prime ore della mattinata. L’importanto è mettere fuori il sacchetto del colore giusto. non vedo dove possa essere il problema, o non passa nessuno a raccoglierli?
Se non funzona, basterebbe fare un giro in comuni vicini, come Pollenza o MOntelupone, e prendere esempio.
@Zio Lippo: grazie per la citazione, da maceratese DOC, ora “emigrato” ( come si scrive sulle liste elettorali) e’ un vero onore. Macerata me genuit, Tulinti’ domus est.
@Gabor: alla ricerca della bottega perduta….In cima a via Gramsci, dove la strada si restringe, quasi davanti al palazzo delle Poste, c’era un negozio di abbigliamento, condotto dal sig. Petracci, Mario credo, un omino di media statura, dal viso aperto e sorridente. Io ero bambino, ma, ricordo benissimo, perche’ fece molto scandalo nella nostra città che da questa bottega, una mattina lui usci’ per andare ad uccidere la moglie in casa sua in corso Cavour, ebbro di gelosia, forse ingiustificata…. Si consegno’, arma in pugno, appena fuori dal portone dopo averdiscesero le scale, al famoso vigile in moto Walter, che insieme al compagno De Cecio, sarebbstonato l’ incubo dei miei 14 anni in motorino….. Aggiungo poi un ricordo di Silvano, definito da te lu cravatta’, e specifico che il signore in questione nulla aveva a che fare con prestiti troppo esosi, ma quotidianamente si guadagnava il pane con un piccolissimo banchetto bianco su rotelle, in cui esponeva la sua mercanzia, appunto cravatte!
Queste erano in n un formidabile assortimento, e mi ricordo che mia madre mi compro’ proprio da lui uno di quei cravattini con l’ elastico che i più grandi, conoscendo il trucco, ti tiravano in gola facendoti un gran male….
Comunque il buon Silvano, talvolta accompagnato dalla moglie, con il sole e con la pioggia era li, riponendo la sera il suo “negozietto su ruote” in un anfratto di palazzo De vico
@ Gabor
Non è una cattiva idea, se continui la ricerca. Già leggendoti mi sono sovvenuti:
“Ciupì”, che in Via Don Minzoni aveva un negozio di piccola elettricità;
la Tipografia San Giuseppe in Piazza Strambi, con il Bar delle ACLI dentro il portone di Palazzo Sarnari;
sempre in Palazzo Sarnari, all’ultimo piano, gli studi di Radio Nuova Macerata.
in Via S. Maria della Porta, vicino al cappellaio, la panetteria di Tamburrini (o Cherubini?), un negozio di stoffe e, al primo piano del palazzo, lo studio del dentista De Cadillac.
Lungo la stessa via, dopo lo studio fotografico Ghergo (Morichetti), quello di Fofo Gentili, padre di Carlo.
C’è stato pure – per un certo periodo – l’Hotel della Piaggia, a canterto col Cinema Corso.
Quindi San Filippo, coi frati passionisti (i due fratelli Damiani, Paolino e Vittorino, formato bonsai; e poi il tuttofare Padre Marino, etc.).
In Piazza San Giovanni c’era l’Ariston di Carmenati; poi, risalendo in Corso della Repubblica, gli elettrodomestici di Foglietti (successivamente diventati la frequentatissima Sala Giochi).
L’albergo in Piazza della Libertà era il “Grand’Italia”. La farmacista Pigliapochi, invece, me la ricordo benissimo perché guidava macchine sportive con grande nonchalance.
Sempre in Piazza Libertà c’era quindi la Sip, con tutte le sue cabine.
Il bar centrale si chiamava “Selen Bar”. Pagnanelli, invece, era una ferramenta e non un negozio di casalinghi. Quest’ultimo resistette oltre ogni resistenza, ma era ubicato di fronte alle Poste.
In Vicolo Ulissi, nei locali pianterreno del Claudiani (che non esisteva proprio lì dove ora si trova ed era semmai l’Hotel centrale, ubicato di fronte al ristorante Da Rosa), c’era il negozio di maglieria all’ingrosso dei miei genitori; altri grossisti (Marcelli, Farini, Verducci, Barra, Antognozzi) stavano subito sotto, tra Vicolo Ulissi, Vicolo Ferrari, Vicolo Ferri e Via Berardi, nella quale c’era pure il calzolaio Giacomo (poi trasferitosi in Via Mozzi) e la macelleria di carne di cavallo.
In Via Don Minzoni, di fronte all’alimentari di Benito, c’era una panetteria: era di mia zia, quella che qua e là ricorre nei miei corsivi… e quindi sì, la merceria di Aurora (che personaggi, con che maceratesità a fior di pelle, che gente fantastica!).
L’officina di Remigio-meccanico-prodigio era una miniera a due piani, una “soffitta” misteriosa e ideale per ogni bambino che ci fosse passato davanti; lui poi era piccolo e frenetico, simpaticissimo e dalla battuta sempre pronta.
La libreria “Padre Matteo Ricci” si trovava dall’altro lato della strada, proprio come dall’altro lato del Corso della Repubblica era ubicato il Bar del Corso.
Potremmo continuare… segnati tutto, Gabor. Salviamo almeno la memoria!
Grazie Filippo ( e Gabor) e una saluto all’amico Serrani ( Tolentini rapuere). Vorrei consigliare la lettura di Ma c’era Macerata di Libero Paci. Ebbi modo di raccogliere sue “memorie” di personaggi ed eventi in un libro, non ricordo se una ventina di anni or sono. Le ” caricature” erano di Magdalo Mussio, feci una prefazione insieme a Carlo Babini. Storie esilaranti. Non trovo più neppure la mia copia. Ciao a tutti, Guido
Il centro storico di Macerata è sempre più abbandonato dai residenti, costretti ad un’inusitata diaspora causata in parte da una scellerata politica urbanistica speculativa che sembra favorire chi investe sui grandi palazzi. Contenitori per lo più vuoti, trasformati in musei vuoti o in vuoti palazzi di rappresentanza. Sembra che qualcuno abbia interesse a spingere i residenti del centro verso nuove costruzioni di anonime periferie. Chiudono i negozi di servizio per far posto a nuove boutique. Alcune considerazioni per dire che alla fine del 2008 ha chiuse nella più completa indifferenza il negozio del pane che fu gestito per tanti anni da Emma Tamburini. Eppure era in via Gramsci, proprio sotto il Palazzo Comunale, chiamato tanto pomposamente Civica residenza. Si disse che il negozietto fosse entrato nell’amministrazione fallimentare che aveva investito la Parimae che perdesse mille euro al mese. E’ naturale che pochi residenti non potessero permettersi il lusso di mantenere in attivo un punto vendita dei panificatori maceratesi. Speriamo che almeno il Comune conservi la mostra in travertino disegnata da Virgì Bonifazi nel 1951, quando venne inaugurato il locale di Emma con forno di famiglia in vicolo Ferrari. Insomma niente più fragranti parigini, grissini, rosette, pane a cassetta, pizze, dolci ma almeno conserviamo la storia del pane di Virgì: dalla semina del grano all’estrazione del pane dal forno. Una narrazione dalla didattica semplice, un po’ retorica sì, ma efficace in momento di crisi con il pane alle stelle. Insomma un portale da salvare.
Vicino a Tamburini c’era Cicconetti, poi, all’angolo, un negozio di stoffe. Dall’altro lato di via Gramsci, al posto dei Bulletti, c’era un altro negozio di stoffe “abbutulate” di Adelmo Lapponi. Ricordiamoci anche della bottega di Staffolani il corniciaio in Piazza Cesare Battisti.
Alla fine di via Don Minzoni, proprio avanti alla Merceria di Aurora Venturini, la zia di mia madre, c’era un apprezzato negozio di scarpe.
Amarcord che in vicolo Marefoschi c’era un emporio dove si poteva acquistare un attimo d’amore. Ogni quindici giorni la merce, perennemente in mostra, veniva regolarmente sostituita… poi arrivò la Legge Merlin…
Ognuno è un cantastoria
tante facce nella memoria
tanto di tutto tanto di niente
le parole di tanta gente.
Tanto buio tanto colore
tanta noia tanto amore
tante sciocchezze tante passioni
tanto silenzio tante canzoni.
(M. Castellacci/ F. Pisano, Sempre – 1973)
@ Renzo
Ricordiamoci anche delle umili venditrici di semi. Credo che quella fuori il cinema Rex (Italia) avesse nome Carmela. Un’altra stazionava col banchetto dalla parti di Speranza. Quillu de lo lardo.
Aprirei anche alle superfetazioni commerciali delle mura: le pese pubbliche, il buffo ufficio del dazio, il Bar dello Sport, il Bar Vitali con tanto di posta sotto la rotonda.
@ Zotis il perverso
La comune t’ha rincoglionito?
L. PACI, Ma c’era Macerata, Grafiche Lanfranco Ciocca, Macerata, 1989.
@ Guido
Vedo pure che non ricordi chi editò il bellissimo libro di Paci…
Gabor, Filippo
a leggere tuttta la vs. memoria storica sui locali svaniti ci si perde e quindi non vorrei ricordare quello che avete già ricordato oppure peggio, c’è ancora ,e sono io la svampita . Non mi pare abbiate annoverato alla lista Il Grottino, locale a due piani , sopra bar, sotto pizzeria. in fondo a Via Matteotti , girato l’angolo Basar48, a sinistra. Della pizza sinceramente non ho un buon ricordo,diametralmente piccola e cotta a gas, i funghi sopra la capricciosa gommosi ,come finti , ma resta impresso per il resto tutto quanto ,a partire dal bucciato bianco delle pareti, di quel locale alla portata di noi studenti pendolari quando c’erano i rientri pomeridiani
Di conseguenza, va ricordata la massa di studenti anche ,che popolava Palazzo degli Studi, fluiva lungo Via Matteotti, venendo dai Giardini Diaz , faceva la dovuta sosta per procurarsi la merenda mettendosi in fila di mattina presto di fronte al negozio Fiorucci , dove c’era un alimentari che non ce se bboccava più di due alla volta, tanto era curtu e strittu…ma che profumo che spargevano fuori quella mortadella e quel salame !!!
Cioè…. sempre a onor del vero: i più fessi facevano la fila e spendevano 1000 lire per il panino, gli altri aspettavano dentro , in classe, per fregarglielo 🙂
Un plauso a Filippo e Gabor, bravissimi.
Segnalo anche la totale assenza di qualsivoglia ritrovo per giovani-giovani, che non siano i soliti bar dove ubriacarsi per strada.
Il locale Palace sito nello storico Autopalazzo fu fatto chiudere da un manipolo di benpensanti residenti Via Mozzi-Largo Affede, nonostante ci abbia prosperato per anni un bel locale, assolutamente innovativo ai tempi, con degli stupendi dipinti del contemporaneò Cicarè, grande illustratore maceratese : ora non c’è nulla (“…e certo, il titolare della discoteca è di Pescara..quanti voti vuoi che mi porti?? ..così mi fu risposto dal responsabile assessore dell’epoca, qualche anno fa, su mia interrogazione…).
Ma nella Civitas Mariae era stranamente ben tollerato il Tartaruga degli ultimi tempi, con relative mignotte cubane, assunto al ruolo di “puttanà “,ed ora sotto sequestro.
Aurea mediocritas è dir poco, caro Filippo, se usi il termine ipocrisia va più che bene.
P.s. per dover di cronaca segnalo la donnina che vendeva i semi salati davanti al Cinema Excelsior ed ai Giardini Diaz, Marì detta la “Gracca”.
Vero, caro Renato.
E quanto a donnine, c’era pure quella che vendeva le castagne vicino ai cinema (o era la stessa dei semi?). C’era poi – in tempi più recenti – una vecchina piccina picciò che vendeva fiorellini sguarniti, ma aveva un sorriso irrinunciabile nel proporteli. La misi pure in una poesia che uscì in un mio librino ormai esaurito da secoli.
@ Tamara
Se cerchi pizzerie caratteristiche, gestite da maceratesi tipici, più del Grottino c’era – pochi metri più in giù – la piccola pizzeria di Gastone, che la gestiva insieme alla moglie e alla suocera: tre soggettoni che, uno sull’altro, non arrivavano, è dato credere, al metro e ottanta. La pizzeria non era il top dell’igiene (ricordiamo spesso, con un amico, facendoci grasse risate, che una volta Gastone con la scopa accoppò un sorcio che gli passeggiava tra il bancone e il forno). Eppure la mangiavamo, quella “saporitissima” pizza: addirittura ci piaceva… e siamo ancora qui a raccontarlo!
@ gabor bonifazi
la ringrazio per quanto scritto sul precedente articolo scritto dal caro filippo davoli,la lettura di quel pezzo mi ha riportato alla mente molti ricordi,la mia famiglia era in affitto nella casa dell’avvocato Magnalbò il padre del senatore Luciano,me lo ricordo ancora una persona distintae disponibile,come mi ricordo quando fu fatta la prima volta la marguttiana,gli operai del comune che pulivano e sistemavano vicolo consalvi.Poi nel periodo della festa di San Giuliano andavo a vendere i biglietti della lotteria della croce verde(che stava in via D minzoni)per tirare su qualche lira(ah la lira)per comprarmi qualcosa durante la festa.Poi mio padre (adesso in cielo)mi mandava a comprare il vino al GIARDINETTO,dove c’erano appese le immagini evari documenti garibaldini e nel piccolo giardino c’era una vite che dava un uva molto rara e molto buona.Qualche anno fa ritornai ad abitare in centro con la mia famiglia (moglie e tre figli)pensando di poter far vivere l’infanzia dei miei figli più o meno come la mia con quella libertà di poter uscire e vivere avventure in centro andare con la bici,conoscere qualche bambino per poter fare qualche scherzo in giro.Però niente vuoto assoluto famiglie con bambini quasi niente .nessuna possibilità di andare in giro ,deserto assoluto.
@filippo davoli
caro filippo,mi fa molto piacere leggere queste parole ti saluto con affetto.Spero che il comune non abbia più intenzione di vendere l’Asilo Ricci dove io ho fatto l’asilo.Perchè non scrivi qualcosa su la confraternita del Santo Sepolcro qualche anno fa feci una piccola ricerca sulla storia della confraternita e ne uscirono documenti storici molto interessanti(bolle papali ecc.custoditi i confraternita).ti saluto .
@ Giorgio Longarini
Le comunico che se Luciano Magnalbò la descrisse in quell’articolo (pubblicato nel libro L’Orologio del Magnalbò) io conservo una sua immagine in un video della Festa dell’uva del 1983. Ora il Giardinetto è poco più di un cesso e la vigna secolare è scomparsa. Ha fatto bene a fuggire da questo centro abilitato a tutti meno che ai residenti!
Naturalmente “è inutile piangere sul latte versato…”
Approfitto per dire a Filippo che dispongo di una video intervista a Ermete alias Mario Buldorini (1985).
Mi è venuta una idea, e lo dico con affetto, rivolgendomi a Gabor e Filippo e alla Redazione di Cronache Maceratesi. Mi piacerebbe che i due presentassero un progetto editoriale al comune, dico di un libro, magari con qualche foto. Al libro potrebbero essere “allegate” anche alcune note dei lettori che sopra dettagliano alcuni “loci”. Mi piacerebbe portare questo progetto in Commissione Cultura per avere l’eventuale approvazione dei commissari e, quindi, sottoporlo all’attenzione di Irene ( Manzi). Sono convinto, e lo dico senza ironia, che il Sindaco Carancini approverebbe.Non conosco il costo, ovviamente, ma sarebbe cosa buona e giusta che il Comune intervenisse. poi vedremo se si trovano altri sponsors. Solo e unicamente un Libro è capace di “raccogliere” indipendentemente dai “segni” politici l nostra storia e memoria.Non sarebbe un libro “nostalgico”, sul come eravamo. Ma l’emergere di volti e visi può essere stimolante per “ripensarci”.Noi consiglieri comunali, di destra, sinistra, centro, Guelfi e Ghibellini, siamo troppo ( e purtroppo) concentrati su altri temi: strutture, viabilità, etc. Può giovare anche a noi “ripensare” e “liberarci” dal pirandellismo che ci affligge o ci obbiga al gioco delle parti. Con affetto da Guido
@ Garufi
Caro Guido, ti ringrazio con affetto del pensiero gentile nei nostri riguardi, ma sono quasi convinto che il Comune accetterebbe purché non gli chiedessimo nemmeno un centesimo. Come noto, i soldini in dotazione alla Cultura servono ad altri colleghi. E quindi, sono dispiaciuto ma fermo nel dirti che io al Comune i soldini non glieli chiederò più, finché governeranno questi. O ti sei scordato che per le serate di poesia, che avevo intenzione di organizzare, la Manzi per me non aveva nemmeno un microfono in dotazione? Poi si è visto che, per quelli che dicono loro, ce l’hanno eccome il microfono e anche qualche soldino. Quindi, io finché ci sono questi non ci penso nemmeno. Dici che Carancini accetterebbe? Peccato: non accetto io.
@ Gabor
Anche io ho una videointervista a Mario Buldorini. La realizzai quando collaboravo con Telemacerata. In quella occasione realizzai anche un’intervista al caro Remo Pagnanelli, che a tutt’oggi risulta l’unica videointervista esistente di Remo. Feci poi un altro servizio dedicato al passeggio dei giovani per Corso della Repubblica. Praticamente ho in casa un pezzo di storia che non torna più.
@ Longarini
Col superiore della Confraternita del Santo Sepolcro, di cui anch’io faccio parte, stiamo progettando proprio una pubblicazione del tipo che suggerisci. Mi fa dunque molto piacere che siamo sulla stessa lunghezza d’onda.
Filì e Gabor, siete grandissimi
Siete stupendi, quanti ricordi della mia infanzia!!!!!
@davoli
se hai bisogno di una mano,a disposizione.
@gabor bonifazi
ti mando (se posso darti del tu)i saluti di mia madre(Orfini Alba da porgere anche a tua sorella)
condivido il primo commento,come in tutta italia anche a macerata si è affermata la legge del contrario.
@Filippo. Prima di tutto grazie per i ricordi storici di Macerata. Ma mi sembra che sei caduto in un errore. Il palazzo del Catasto era il primo ospedale di Macerata, poi è stato trasformato nella casa del fascio, appunto misero il faro! (papà mi ricordava quando da balilla faceva, o meglio giocava a fare la “guardia” li fuori!)
Il bar delle Terme lo sapevo anche il, anzi la biblioteca Mozzi-Borgetti era un hotel, appunto l’hotel delle terme (fino al 1938 o 28) dove addirittura c’era una piscina al coperto, unica nel genere per l’epoca……….forse è per questo che paghiamo lo scotto piscine!
@Gabor: Corso della Repubblica non solo cartolibreria Palmieri ma il negozio di giocattoli Fantuzzi che a Macerata era l’unico fornito di novità all’epoca (sulla scanzia a vetrinetta sulla sinistra entrando c’erano i soldatini della Airfix che compravo quando ero bambino e a destra c’erano tutti i modellini di aerei carri armati ecc.. da costruire, e poco sotto i giochi da tavolo).
In via Gramsci il negozio di articoli sportivi era VISPORT del mitico Vitaliano, chi andava a sciare comprva gli sci e attrezzatura da lui, così i tennisti in voga all’epoca si fornivano sempre da lui!
Il forno di Emma all’inizio verso via Libertà?
Ferramenta Cappelloni..(dove ora esiste il pub le quattro porte) e chi da ragazzo non è andato in quel negozio a comprare le “cimicette” (i chiodini) per costruire barche o aereoplanini in legno!
E poi l’alimentati di Fulvio, vicino l’Upim forse uno dei primi che vendava anche cibi cotti (rosticceria)!
Ah…TITTA in P.zza Annessione dove ci si compravano i quaderni e le statuine del presepio, quelle un pò più artistiche, a Natale.
Quanti bei ricordi!