Si è trasformata in un’aula scolastica la chiesa di Santa Teresa del bambin Gesù a Sambucheto per salutare per l’ultima volta Elvira Camilletti, 15 anni ancora da compiere che ha perso la vita martedì scorso falciata da un’auto a Fontenoce al ritorno da scuola (leggi l’articolo). Giovanissimi, disorientati, inconsolabili, tanti amici, compagni di classe, amici dell’oratorio si sono trasferiti, dalle loro classi, direttamente nella chiesa, trasfigurandola. Ci sono zaini, ci sono ragazzi ovunque, persino intorno all’altare. Si muovono nella chiesa a piccoli gruppi, si danno sostegno l’uno con l’altro, si abbracciano, si asciugano le lacrime a vicenda in un quadro di profonda umanità così lontano dal ritratto che delle future generazioni viene fatto, troppo spesso con leggerezza e superficialità, di ragazzi e ragazze senza valori, senza obiettivi. I loro occhi, spaesati, cercano le risposte a tanti interrogativi che nessun professore potrà soddisfare.
Nei loro corpi non più bambini e non ancora adulti, per uno strano meccanismo, il cuore sembra battere più forte, più sensibile alle emozioni, più permeabile al dolore enorme che li ha colpiti. Sono impacciati negli abbracci e nelle reciproche manifestazioni di solidarietà e affetto ma il loro sguardo è fisso verso Elvira. Le loro lacrime scorrono, rigano i loro volti. Sono in tanti quelli che si alternano sull’altare a leggere il loro ultimo messaggio per Elvira sulle note di una canzone gracchiante, come quelle che avrà ascoltato centinaia di volte nell’i-pod. Sono come i post di Facebook, che tante volte hanno scambiato con la piccola amica, ma le loro voci tremanti, rotte dal pianto, li rendono vivi e capaci di penetrare anche negli animi più duri, più preparati al dolore.
«Noi in classe saremo sempre 32»: questo il messaggio di una compagna dell’Itas Matteo Ricci di Macerata, l’estremo tentativo di fermare il tempo, e di tornare a martedì, quando Elvira era ancora viva, andava a scuola, si preparava per la Cresima.
«E’ dura – ha detto Don Luca, giovanissimo celebrante della funzione – per noi martedì si è spenta la luce. Dobbiamo unirci e chiedere a Dio che, nonostante i nostri tanti perchè, ci dia la luce per andare avanti. Elvira continua a sorridere per noi».
Anche Mohammad, il giovane fidanzatino di Elvira entra in chiesa, sconvolto, stringe in mano qualcosa di bianco,va verso l’altare incurante della folla, come se avesse una gran fretta di fare qualcosa. Poi esce come se non avesse trovato quello che stava cercando.
La cerimonia giunge al termine, la statale è bloccata dalla folla che attende silenziosa l’uscita di Elvira. Qualche automobilista accenna un colpo di clacson di protesta, un Vigile Urbano alza le braccia al cielo in segno di rassegnazione e cerca di far salire i ragazzi sul marciapiede. Ci pensa un’insegnante a ricordare la dura realtà: «Li faccia aspettare – suggerisce – non moriranno mica».
Un corteo mesto, un fiume di persone, ha accompagnato Elvira per un tratto di strada verso il cimitero di Recanati. Mamma Antonella è lì, chiusa nel suo dolore, trincerata dietro un paio di occhiali scuri, fino alla fine con il suo piccolo angelo.
(foto di Guido Picchio)
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Complimenti ad Alessandra per l’articolo molto toccante che ha saputo ben definire ed inquadrare una miriade di sentimenti che si affollavano nei cuori per questa tragedia.
Ragazzi, abbiate cura di voi, siete il nostro futuro, la nostra vita:
Kahlil Gibran Kahlil:
I FIGLI
E una donna che reggeva un bimbo al seno disse, Parlaci dei Figli.
E lui disse:
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di se stessa.
Essi vengono attraverso voi ma non da voi,
e sebbene siano con voi non vi appartengono.
Potete donare loro il vostro amore ma non i vostri pensieri.
Poiché hanno pensieri loro propri.
Potete dare rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime,
giacchè le loro anime albergano nella casa di domani,
che voi non potete visitare neppure in sogno.
Potete tentare d’esser come loro, ma non di renderli
come voi siete.
Giacchè la vita non indietreggia nè s’attarda sul passato.
VOI SIETE GLI ARCHI DAI QUALI I VOSTRI FIGLI ,
VIVENTI FRECCE,
SONO SCOCCATI INNANZI.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito,
e vi tende con la sua potenza affinchè le sue frecce possano
andare veloci e lontano.
Sia gioioso il vostro tendervi nella mano dell’Arciere;
poiché se ama il dardo sfrecciante,
così ama l’arco che saldo rimane.
ali i vostri figli sono lanciati come frecce
Non tornerà mai più, Elvira, nella sua casa.
Era partita al mattino, pronta per andare a scuola, magari con un frettoloso saluto ai genitori perché era in ritardo.
Forse un bacio veloce alla mamma, ed un “ciao, …a dopo”.
Quante volte è capitato a me, con i miei figli.
Quante volte è capitato a tutti noi.
Quante volte, magari, arrabbiati per un nonnulla con i nostri figli, al mattino ci salutiamo con il broncio o non ci salutiamo affatto.
Elvira, non è più tornata, il suo destino l’ha portata con se.
Sento il grido lacerante del dolore dei suoi genitori dentro la mia anima.
Può capitare a chiunque di noi, ogni mattina.
A tutti può capitare di trovarsi nei panni dei genitori di Elvira.
Ma penso, …a chiunque può capitare di trovarsi nei panni dei genitori di chi l’ha investita.
Magari s’è distratto un attimo;
magari l’ha vista spuntare all’improvviso e non ha avuto il tempo di fermarsi;
magari andava pure un po’ più veloce del dovuto
… ma mai avrebbe voluto essere strumento di morte per Elvira.
Per Elvira non possiamo fare più nulla, la sua vita si è spezzata con la morte
… ma dato che le vite si spezzano anche con il non viverle,
chissà, forse possiamo fare qualcosa per lui (o lei).