Elisa, dopo aver mangiato controvoglia quello che aveva trovato nel frigorifero, era tornata a letto. Nonostante avesse dormito sino all’una, o forse proprio per questo motivo, era ancora intontita e frastornata. Oppure, più probabilmente, non aveva ancora smaltito del tutto l’alcol e le pasticche mandate giù la notte precedente in discoteca. La casa era vuota, perché i suoi genitori, approfittando della giornata festiva, erano andati fuori città.
Nella sua testa però girava già da un paio di ore, da quando aveva iniziato a svegliarsi, un terribile pensiero fisso, che non sapeva se attribuire alla realtà oppure alle fantasie angosciose e agli incubi delle ultime fasi di dormiveglia. Nel silenzio più assoluto si mise a guardare il soffitto bianco della sua camera, cercando di mettere meglio a fuoco quel ricordo, confuso anche se così recente, che la stava ossessionando.
Si vedeva in macchina, nella notte appena trascorsa, con tre ragazzi, due dei quali sconosciuti, che, dopo la discoteca, la stavano riaccompagnando a casa. Il ragazzo accanto a lei, nel sedile posteriore, le metteva le mani dappertutto, nel seno, tra le cosce, sotto il minuscolo perizoma. Lei non sopportava quel palpeggiamento non desiderato e così sgraziato, ma si sentiva incapace di reagire, riusciva solo a ridere senza senso. Poi l’auto si era fermata in una zona buia e isolata e lei era scesa insieme ai suoi compagni di viaggio. Ridevano anche loro mentre la spogliavano del tutto e se la passavano nuda dall’uno all’altro. Poi, prima uno alla volta e dopo tutti insieme, avevano avuto rapporti sessuali con lei, senza violenza, però, perché lei non diceva nulla e docilmente si prestava a fare tutto quello che le si chiedeva. Senza provare piacere, ma anche senza minimamente reagire. Ricordava bene le risate dei ragazzi, i loro commenti volgari, il loro alito impregnato di alcol, le foto che a turno scattavano con il telefonino mentre lei era in posizioni sempre più imbarazzanti, il sollievo quando i tre avevano iniziato a tirarsi su i pantaloni. Alla fine l’avevano aiutata con gentilezza a rivestirsi e l’avevano accompagnata nei pressi della sua casa, non sotto casa, però, perché lei aveva assicurato ai genitori che avrebbe fatto andata e ritorno con il discobus.
Elisa, distesa sul letto, aveva una gran voglia di piangere, ma non era quello il momento. Doveva assolutamente ripercorrere tutto quello che era successo, a partire dal momento in cui all’andata era salita sull’autobus, per cercare di capire cosa ci fosse di vero in quel ricordo un po’ sfuocato che non smetteva neanche per un attimo di angosciarla.
Si rivide mentre, tutta in tiro, saliva sul pullman, profumata senza eccedere e con una minigonna da urlo. Sul discobus una trentina di altri ragazzi, maschi e femmine, tutti giovanissimi. Alcuni, i più agitati e già mezzi ubriachi, erano attaccati ad una bottiglietta di birra, qualche altro invece manteneva un profilo più basso e, silenzioso e concentrato, guardava in continuazione fuori dai finestrini: erano quelli che spacciavano in discoteca, prima fuori e poi dentro, e usavano il discobus, sia per l’andata che per il ritorno, per sfuggire ai controlli e alle perquisizioni che le forze dell’ordine facevano alle auto nei pressi del locale. Poi, arrivata a destinazione quasi all’una di notte, la fila davanti all’ingresso, più veloce per le donne, quasi tutte dotate di un pass fornito da qualche pierre, e finalmente dentro. Musica assordante, con qualche milione di battute al secondo, e luci stroboscopiche multicolori che roteavano ad intermittenza in alto, sui pavimenti e sui muri.
Elisa, senza trovarlo, aveva cercato con lo sguardo Giacomo, il pierre incontrato lì qualche settimana prima e con il quale, dopo i primi contatti con facebook e con messenger, si era messa insieme. Era così carino e pieno di desiderio. Anche Elisa lo aveva subito desiderato, tanto che qualche giorno dopo averlo conosciuto gli aveva inviato sul computer alcune sue foto che la ritraevano seminuda, con un sorrisetto malizioso ed ammiccante, e ben presto, già il sabato successivo, quando erano usciti a tarda notte dalla discoteca, avevano fatto l’amore in macchina.
Alcune sue compagne di classe, come lei, si facevano fotografare a seno nudo, oppure del tutto nude, e poi inviavano tramite la rete queste foto ai loro amici o ai ragazzi sui quali volevano fare colpo. Per la verità, ce n’erano due delle sue compagne di classe che, per comprarsi i cellulari più nuovi, scarpe, borse e abiti griffati, oppure qualche dose di droga, con quelle foto si proponevano anche per rapporti sessuali a pagamento, con tariffe differenziate per il semplice palpeggiamento, il sesso manuale, quello orale e quello completo; e poi, pure vantandosene, il sesso lo facevano veramente, anche con qualche schifoso vecchietto pedofilo.
In attesa dell’arrivo di Giacomo, che non era ancora in vista, Elisa era andata al bar a fare la prima consumazione. Aveva chiesto e ottenuto un superalcolico. Era minorenne, ma a nessuno lì importava che lei avesse solo quindici anni. Stava ballando in mezzo alla pista insieme ad alcuni suoi amici quando fu raggiunta da Giacomo, già su di giri. “Ascolta – le aveva detto, baciandola e passandole ostentatamente una mano sul sedere – devo aspettare ancora un paio di gruppi che ho invitato e poi devo finire di distribuire in giro le pasticche. Oggi c’è molta richiesta. Tieni, intanto prendine una anche tu, io poi ti raggiungo”.
Lì dentro di volta in volta spacciavano in molti: oltre a diversi esterni, anche qualcuno tra i baristi, i dj, i pierre, i buttafuori. La discoteca, per una qualche inspiegabile legge della natura, era una zona franca, un altro mondo, a legalità zero, dove poteva accadere di tutto e di più nell’indifferenza generale. Elisa non sapeva se i titolari fossero direttamente coinvolti in quell’attività di spaccio su larga scala, ma di sicuro non potevano non sapere: le pasticche, la ketamina, la cocaina, facevano infatti parte, insieme all’alcol distribuito al banco, del pacchetto, dell’offerta di sballo a tutto campo che il locale assicurava e che era proprio alla base del grande afflusso di giovani e giovanissimi di entrambi i sessi.
Le forze dell’ordine dentro il locale non mettevano piede, né in divisa né tanto meno in borghese, si limitavano a piazzarsi lungo le strade del ritorno, alle quattro di notte, per togliere qualche patente con il palloncino; e qualcuno, un po’ per perfidia, un po’ per l’ingiustificatezza di tale scelta, sosteneva con l’occhietto furbo di chi la sa lunga che carabinieri e poliziotti fossero a busta paga dei padroni dei locali. Elisa non ci credeva, preferiva pensare ad una leggenda metropolitana, perché suo zio era un carabiniere ed era una persona onesta, però tra i ragazzi la voce girava a mille.
Elisa tornò a concentrarsi su quello che aveva fatto la notte precedente. Ricordava di aver mandato giù la pasticca (la prima, perché successivamente ne aveva presa anche un’altra) e subito, come sempre, aveva comincito a sentirsi più sicura di sé, completamente a suo agio, tranquilla e senza ombra di timidezza in quel caos terribile, con la musica che spaccava le orecchie. Dopo un po’ Giacomo, terminati i suoi impegni, era venuto a prenderla in pista e l’aveva portata ad un tavolo dove c’era ammucchiato un gruppo di ragazzi e ragazze che si facevano in continuazione delle cannucciate. Qualcuno ogni tanto andava nei bagni, secondo Giacomo per tirare un po’ di cocaina. Pure Elisa aveva bevuto più volte quel beverone insipido, composto da mille intrugli, tra i quali era riuscita a riconoscere solo il mojito e il cuba libre. D’altra parte, per non fare la figura della stupidella ignorante non aveva mai chiesto ai suoi compagni di bevute cos’altro ci fosse lì dentro.
Poi, sino alla fine era stata proprio una bella serata insieme a Giacomo, in pista e al tavolo. Nel suo ricordo Elisa si vedeva instancabile, mentre ballava, beveva altro alcol, abbracciava Giacomo, parlava e rideva con tutti, provando dentro di sé solo gioia ed eccitazione ed una sensazione di assoluta invincibilità. Tutto bene sino a quando, avvicinandosi l’orario di chiusura, Giacomo le aveva detto che non poteva riaccompagnarla perché era troppo ubriaco e che l’avrebbe fatta portare a casa da alcuni suoi amici. Non era servito a niente protestare, Giacomo era stato irremovibile. E così era cominciato quel viaggio di ritorno effettuato su strade secondarie per sfuggire, come se si stesse giocando a guardie e ladri, all’etilometro in agguato sulla nazionale, quel viaggio di ritorno che ora tanto la angosciava.
Da questo momento in poi, però, i suoi ricordi si facevano più imprecisi. Confusamente rammentava la rabbia per l’atteggiamento duro di Giacomo, le iniziali risate con i compagni di viaggio, ampiamente fatti di alcol e droga e orgogliosi di essere sfuggiti ai controlli delle forze dell’ordine, e poi quelle mani tentacolari che arrivavano dappertutto, con quello che ne era seguito quando l’auto si era fermata nel buio, che lei ora non sapeva se attribuire alla realtà o ad un incubo.
Elisa era incredula, disperata e terrorizzata. Se quel sogno orribile corrispondeva alla realtà, non riusciva a spiegarsi per quale motivo avesse accettato, senza reagire, quella strana violenza di gruppo senza violenza. Se quel sogno orribile corrispondeva alla realtà, allora ben presto qualcuno dei ragazzi l’avrebbe ricattata, chiedendole altre prestazioni sessuali per non diffondere sulla rete le foto scattate mentre lei si concedeva a destra e a manca. E magari, anche se avesse ceduto per un po’ di tempo a quel ricatto, chi le assicurava che prima o poi le foto non avrebbero fatto comunque il giro dei telefonini di tutti i suoi amici e conoscenti? A quel punto non le sarebbe rimasto altro che buttarsi da una finestra. Parlarne con i genitori? Non poteva, l’avrebbero riempita di sguardi interrogativi, di pianti e di prediche, chissà, forse anche di schiaffi, e sicuramente non l’avrebbero più fatta uscire. Forse avrebbe potuto accennare qualcosa a Giacomo. No, maledizione, Giacomo l’avrebbe lasciata subito, e poi, forse, a pensarci meglio, lui sapeva bene sin da quando si erano salutati tutto quello che sarebbe successo. Non restava che aspettare tre o quattro giorni, sicuramente di angoscia, con il cuore in gola, per capire se quell’incubo apparteneva alla realtà o ai sogni.
* * *
Realtà o fantasia? Chi può saperlo? Speriamo però che si sia trattato solo di un brutto incubo di Elisa, oppure di una fuga in avanti di chi scrive, che magari si è fatto troppo prendere la mano dalle brutte cose che tutti i giorni gli vengono raccontate.
E’ certo però che il sesso precoce, l’invio di foto hard di ragazzine minorenni sui telefonini e in rete (riscontrato anche in qualche scuola del maceratese), la baby prostituzione (ricordo il caso di qualche mese fa a Porto San Giorgio, che vedeva coinvolte diverse giovanissime, poco più che adolescenti, che d’inverno facevano sesso a pagamento in spiaggia con persone anziane), la droga dello stupro (il Ghb, detto anche ecstasy liquida, che viene sciolto nelle bevande per stordire le vittime di violenze sessuali e renderle incapaci di reagire), sono tutte realtà indiscutibili anche dalle nostre parti.
Ed altrettanto indiscutibile, nonché vergognosa, è la sfrontata e impunita attività di spaccio di droghe di ogni tipo e di somministrazione di alcol ai minorenni, svolta in maniera palese e su larga scala all’interno delle nostre discoteche, nell’entroterra e sulla costa, che grida sicuramente vendetta.
Eppure da noi nessuno vuole andare a vedere (con giovani agenti in borghese) quello che realmente succede dentro questi “templi del divertimento” e tutti, dalle famiglie alle istituzioni, mentre si inneggia sui giornali e nelle televisioni locali alla movida ed alle notti che non finiscono mai, si ritengono soddisfatti in termini di prevenzione dei settimanali, burocratici, bollettini delle forze dell’ordine: “Effettuati nel fine settimana 150 controlli; 9 patenti ritirate per superamento del tasso alcolico e 3 patenti ritirate per l’uso di sostanze stupefacenti”. Io però, pur ritenendo giusti e sacrosanti i controlli con l’etilometro, mi chiedo, e spero di non essere il solo a farmi queste domande: possiamo accontentarci di qualche patente ritirata? Possiamo prendercela sempre e solo con i ragazzi, che sono le vittime di questa situazione, in gran parte consapevoli, certo, ma comunque vittime, lasciando agire indisturbati e chiusi nelle loro fortezze i padroni del vapore, che sui giovani ingrassano e lucrano?
* Avv. Giuseppe Bommarito
(Presidente onlus “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”)
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Leggo la domanda finale come un’arma a doppio taglio
1. Una domanda fatta x fermarsi a riflettere come genitori e come società
2 .Una domanda come una sfida perchè dopo la riflessione si cominci ad agire per cambiare e migliorare le cose.
Chissà quanti di noi fanno veramente qualcosa per cambiare queste situazioni e quanti altri nemmeno finiscono l’articolo perchè va tutto bene così, per sè e per i propri figli.
In quanti di noi abbiamo insegnato ai nostri figli ad ascoltare il rumore della pioggia che cade per terra?
In quanti abbiamo dato il buon esempio in onestà e serietà perchè i posteri potessero farne frutto?
In quanti abbiamo insegnato ai nostri giovani che i valori veri della vita sono quelli che danno importanza alle cose che nascono dal cuore, alle belle sensazioni che ci portiamo oltre la morte, a ciò che fa di noi essere immortali per il buon ricordo che abbiamo lasciato.
Li abbiamo resi deboli e insignificanti se hanno bisogno di assumere droghe e alcool per sentirsi bene e forti.
Abbiamo insegnato superficialità invece che voglia di godere di questo dono grande che è la vita.
Abbiamo insegnato materialità invece che valori.
Non gli abbiamo insegnato a ridere, né sorridere, se hanno bisogno di prodotti chimici per farlo.
Abbiamo dato il nulla!
Questi ragazzi sono le nostre creature e insieme la prova della nostra sconfitta come genitori, come educatori, come società…
Grazie dott. Bommarito per questi articoli forti che scrive.
Liana Paciaroni
Un articolo molto realistico, ma io da genitore mi chiedo: possibile che non ci si accorge di una figlia che torna a casa con un vestito da 100 euro o un telefonino da 500? Dobbiamo stare più vicino ai nostri figli e dialogarci di più, senza avere il dono dell’onnipotenza!!
Complimenti di nuovo sig. Bommarito
Complimenti Avvocato, complimenti perchè qualche pugno allo stomaco ci vuole per ricordarci che non siamo bestie anche se neanche le bestie riuscirebbero a chiudersi gli occhi di fronte a queste realtà.
Ha ragione caro signor Renna a chiamare in causa i genitori ma sa quanti genitori avrebbero bisogno loro stessi di una “rieducazione al sentimento”, sa quanti genitori presi dalle difficoltà economiche e esistenziali non riescono neanche più a guardarsi allo specchio, sa quanti genitori sono a loro volta figli della superficialità e dell’indifferenza? Ecco che allora ci vogliono le Istituzioni che sottraggano dalle carenze familiari questi ragazzi che non hanno nessuna colpa, ci vogliono gli ADULTI in genere che creino spazi e opportunità culturali che non necessariamente escludano il divertimento ma un divertissement che non diventi un cappio al collo.
Da Gaetano Angeletti, Presidente “La Rondinella” – Corridonia:
Da circa sei anni l’Associazione “La Rondinella” opera nel campo delle dipendenze dalla droga e dall’alcol. Durante questo periodo moltissime famiglie si sono rivolte a noi per essere aiutate a debellare questi mali che distruggono le vite dei nostri figli.
Tanti ragazzi , durante i colloqui, ci dicono di aver frequentato discoteche e locali e di aver visto all’interno di essi circolare una gran quantità di pasticche quali ectasy, ketamina, hascisc e altro.
Ora io mi chiedo: possibile che le Forze dell’Ordine non riescano a intrufolare qualcuno dei loro giovani agenti in questi locali e prendere con le mani nel sacco chi distribuisce queste porcherie? Sì, è vero, stanno già facendo molto con i controlli all’uscita dei locali, ma non basta, in questo modo non si risolve il problema. Occorre spostare i controlli anche all’interno e, qualora si trovasse gente che spaccia queste sostanze, si devono arrestare i responsabili e far in modo che questi locali vengano chiusi per un certo periodo. In questa maniera si obbligano i titolari dei locali a fare una vigilanza costante. Per il genitore è più importante leggere un bel titolo su un giornale che il tal locale è stato chiuso perché al suo interno girava droga, che non sapere quante persone sono risultate positive all’alcol-test; non che questo non sia importante, ma andare alla radice del male è sempre meglio. Sarebbe anche il caso di fissare un limite di orario per le chiusure di questi locali: ci sono genitori disperati che hanno perso il controllo dei figli e passano notti insonni ad aspettarli con la paura che possa essere loro successo qualcosa di grave. Sono tante le famiglie che non sanno più cos’è la tranquillità del vivere quotidiano, sono saltate tutte le regole, è una corsa folle che non si sa dove ci porta; la notte, che un tempo era fatta per dormire, è diventata un incubo per tanti genitori, non si vive più.
E’ ora di applicare la tolleranza zero in tutto ciò che contribuisce a distruggere intere generazioni di giovani. La nostra aspirazione è di avere ragazzi sani (per fortuna ce ne sono tanti), in grado di divertirsi e vivere serenamente la loro vita; con la droga e con l’alcol non si vive, si vegeta in un mondo oscuro privo di obiettivi, un mondo che non appartiene alla nostra società civile. Facciamo sì che i nostri giovani possano dare corpo ai loro ideali e soprattutto che abbiano la volontà di avere sempre davanti il loro futuro di uomini liberi.
Gaetano Angeletti – Presidente “La Rondinella” – Corridonia
Dentro le discoteche pasticche e canne già circolavano 25 anni fa, così come (quando ancora i night club erano ancora di la da venire) in molte discoteche era chiaro che alcune “ragazze immagine” lasciavano ben poco all’immaginazione, se sganciavi centomilalire….
Non mi sembra che oggi la situazione sia cambiata poi di molto, se non in peggio…
Appunto Sig. Cerasi, tutto è cambiato in peggio e se non ci mettiamo un freno dove arriveremo???
Invece concordo col Sig. Angeletti ma vorrei evidenziare che tocca proprio a noi adulti cambiare le cose perché lo stato, le istituzioni, il commercio, non hanno nessun interesse a cambiare le regole e gli orari.
Quante persone guadagnano sui ragazzi della notte?
Le pizzerie dove vanno a fare cena, i bar dove vanno a cominciare la sbornia intanto che aspettano l’orario di apertura delle discoteche (a parte che non capisco dove trovano tanti soldi questi ragazzi così giovani, per lo più studenti…), le stesse discoteche e poi di nuovo i bar con la colazione prima di andare a dormire, eccetera.
Quante volte i nostri figli ci dicono “fanno tutti così”?
Se noi genitori continuiamo ad abbassare la testa solo perché lo fanno tutti andremo sempre più verso una strada senza ritorno.
Se invece, per amore delle creature che noi stessi abbiamo voluto, ci sforziamo di accompagnarli in discoteca appena apre e poi alle 3 li portiamo a casa, per loro saremo sicuramente dei genitori cattivi ma le discoteche saranno costrette a chiudere prima.
Conseguentemente a riaprire prima e così via fino ad arrivare ad un orario “decente”!
E diventerà “normale” un orario “normale” e noi non saremo più dei genitori cattivi.
Il “fan tutti così” porta grandi e giovani a non far funzionare più il cervello per pensare a cosa è meglio e cosa è peggio e invece dovremmo, ognuno, pensare con la nostra testa e insegnare ai figli a farlo per dividere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato e scegliere con maturità e responsabilità dando un senso logico alle loro scelte.
E non solo sulle discoteche ma su ogni cosa!
Perché io non ci credo che scelgono da soli di farsi del male!
Liana Paciaroni
Salve a tutti,
da criminologo posso dire che l’argomento può essere trattato su due piani strettamente collegati, da una parte quello della dipendenza (e quindi della domanda) e dall’altro quello dell’offerta di alcool e stupefacenti.
Come dicevo sono due piani strettamente collegati tra loro in quanto se si riduce l’offerta, di conseguenza minore sarà la possibilità di rifornirsi. Prendiamo in esame gli stupefacenti: se il mercato della droga non fosse accessibile (in termini di luoghi e prezzi) a chiunque e se ci fosse una politica della tolleranza zero sarebbe molto difficile per un ragazzino di 15 anni o per un professionista 50enne rifornirsi di cocaina o quant’altro.
Eppure, come leggevo nei post precedenti, esistono delle zone franche dove tutto è possibile, dove non ci sono controlli, dove comprare droga è un gioco da ragazzi, appunto.
Le amministrazioni, le forze dell’ordine sembrano tanti struzzi che dinanzi a contesti come i suddetti mettono la testa sotto terra per non vedere o al massimo la alzano quando la situazione è insostenibile.
Cominciamo a far rispettare le regole nei locali pubblici con pene e sanzioni amministrative severe, cominciamo a pattugliare rigorosamente e con costanza i luoghi dello spaccio (a Macerata li conoscono tutti), rendiamo più difficile l’approvigionamento di queste sostanze…tolleranza zero contro la droga!
Se un punto di spaccio è Piazza della Canna e viene monitorato, quindi viene reso impossibile spacciare perché ci sono Polizia e Carabinieri, ecco che il mercato si trasferirà in Via delle Erbe.
Il giorno successivo si va a controllare Via delle Erbe?
Ecco che lo spaccio si sposterà subito in Corso della Cocaina…
Quindi servirebbero, per una città come Macerata, presumibilmente almeno 15 o 20 pattuglie (presenti 24 ore su 24) che, tutti i giorni, facciano la ronda in tutte le strade e in tutti i vicoli della città.
Ma questi pattugliamenti costerebbero non poco e, in un periodo di tagli e risparmi, non vedo proprio dove si andrebbero a trovare i fondi necessari per assumere, addestrare, vestire, pagare così tanti agenti per pattugliare tutta la città…
Oppure proviamo ad intervenire sul lato dell’offerta all’ingrosso (grossi spacciatori, mercanti di morte, trasportatori): in Italia oggi viene “intercettata” solo un 10% della droga che si trova in giro.
Quanti altri poliziotti e carabinieri e finanzieri dovrebbero essere assunti per contrastare il fenomeno?
Ed anche qui quale sarebbe il costo complessivo per assumere, addestrare, vestire, pagare così tanti agenti?
Negli anni 20 in USA hanno provato ad usare la “tolleranza zero” contro la vendita di alcoolici: non solo hanno perso malamente la partita ma, durante il proibizionismo, gli unici che illegalmente si arricchivano (con la vendita di alcoolici) erano proprio i delinquenti….
… Quindi in USA il proibizionismo è stata una manna per i criminali che hanno aumentato esponenzialmente il loro criminale fatturato.
Nonostante che la “repressione” non solo non ha portato risultati efficaci ma che, nel corso degli ultimi 20 anni, ha fatto raddoppiare, triplicare, quadruplicare l’offerta di droga si continua sempre e solo a discutere di sanzioni, carcere, arresti.
Perché invece non cominciare a chiedersi perché uno , che magari ha fumato qualche spinello, ha poi smesso e un altro invece sono 20 anni che pippa spinelli a tutto spiano?
Perché ci sono alcuni che pippano da 20 anni spinelli ma non si sognerebbero mai di passare all’eroina o alla cocaina?
Perché alcuni giovani forti bevitori poi sono passati alle pasticche ed invece altri hanno invece smesso di bere?
Perché prima era quasi “un rito” farsi uno spinello ogni tanto il sabato sera ed oggi tanti fumano tutti i giorni tutto il giorno?
Sarà che forse prima di cercare repressivi (spesso inutili) rimedi non sia il caso di sindacare, analizzare, capire questi mutamenti di comportamento nella società???
Sig. Cerasi,
le domande che Lei fa sono pertinenti, ma ogni persona potrebbe rispondere in modo differente sulla base della sua esperienza personale, delle sue motivazioni. Come Lei ben sa chi fa uso di stupefacenti lo fa perchè la vita è brutta, perchè il mondo fa schifo, perchè è introverso o estroverso, perchè è povero o ricco…insomma per farla breve la dipendenza è un fenomeno che taglia trasversalmente il genere, l’età, lo stato sociale, etc etc.
Molto interessante dal punto di vista psicologico sarebbe capire perchè, chi fa uso abituale di sostanze psicotrope, lo fa o sarebbe molto interessante capire quelli che lei chiama i mutamenti nella società. In questo settore le pubblicazioni strabordano dagli scaffali delle librerie. Sarebbe molto interessante perchè permetterebbe di creare un tipo ideale (alla weber) che riassume tutte le peculiarità del dipendente. Potremmo elaborare una categoria così ampia da racchiudere tutte le potenziali forme di comportamento umano…come Le dicevo prima, lo ripeto in parole povere: a drogarsi sono, il povero, il bello, il brutto, l’uomo, la donna, il giovane, il vecchio.
Dovremo monitorare così tutti i potenziali soggetti a rischio di dipendenza…in pratica ogni persona!!!
Le obiezioni che Lei fa sul pattugliamento sono altresì pertinenti (tra l’altro è la medesima obiezioni che viene fatta ai sistemi di videosorveglianza). Io credo che, in un contesto piccolo, come Macerata e provincia sia molto più facile monitorare gli hot spots, cioè i luoghi dello spaccio e fare tabula rasa. Le faccio un esempio banale per capire: in quella discoteca si ha notizie di spaccio e di uso di sostanze? Bene, si procede con delle indagini (polizia in borghese), si raccolgono le prove, si procede alla perquisizione e alla chiusura del locale per almeno 6 mesi, arresto delle persone colte in flagranza di reato con tanto si sanzione amministrativa salata per i proprietari.
I mutamenti di cui Lei parla stanno seminando morte…le considerazioni sui massimi sistemi lasciano il tempo che trovano. Bisogna marcare stretto chi spaccia, bisogna fare repressione, bisogna punire severamente e celermente, bisogna fare prevenzione nelle scuole, far capire che la droga è merda.
Possiamo fare tutte le considerazioni sui mutamenti della società, intanto là fuori c’è qualcuno che muore in mezzo la strada.
Sebbene le considerazioni sui massimi sistemi staranno pure lasciando il tempo che trovano è innegabile che 30 anni di misure repressive non sono servite a nulla, se non ad ingrassare la criminalità…
Durkheim diceva che la criminalità esisterà sempre in quanto si connota come un fenomeno tipico dell’esperienza umana. ll lavoro di un criminologo e di tutti gli addetti è proprio quello di abbassare i livelli di criminalità il più possibile, attraverso strategie di prevenzione (prima) e di deterrenza.
E soprattutto quali sono le misure repressive adottate negli ultimi trentanni? Il mercato della droga è sempre più florido e comprare una dose di qualsiasi sostanza è facilissimo!!!…
Detto ciò la repressione da sola non serve a nulla: per esempio non credo sia molto utile filmare uno scippatore, mentre commette uno scippo o un borseggio, per poi punirlo (eventualmente) a fatto compiuto…
Più di un organizzazione americana, durante gli anni ’60 – ’70, aveva ipotizzato che la droga veniva ufficialmetne combattuta dallo Stato, ma ufficiosamente lasciata circolare in quanto più giovane popolazione veniva instupidita meno potevano eserci problemi sociali.
Poichè il drogato avrebbe avuto come primo obiettivo la droga si sarebbe poco preoccupato della sua condizione, di quanto accadeva attorno, se i diritti civili venivano capestati, se i grossi industrtiali speculavano sulla pelled ei cittadini eccc. ecc.
Quindi si teorizzava la droga come controlo sociale: più giovani impasticcati e meno giovani in strada a chiedere diritti, lavoro, migliori condizioni di vita…
Certo c’era da fronteggiare la criminalità generata dai drogati (scippi, rapine, ecc.) ma si teorizzava che per lo Stato era meglio gestire questo tipo di problemi piuttosto che ritrovarsi con un esercito di giovani incazzati e consapevoli…
Sarà un caso ma, negli ultimi 60 anni, un casino di sostante stupefacenti o pricotrope sono finite sulla black list e dichiarate illegali non pochi anni dopo che erano regolarmente in commercio….
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Però si potrebbe facilmente risolvere il problema della droga, dei crimini, delle rapine: basterebbe militarizzare il Paese.
Sospendere un bel pò di diritti civili, dotare i militari di più ampi poteri e reprime con forza ogni devianza.
Tre o quattro di milioni di militari armati per strada, un servizio di spionaggio che farebbe impallidire il KGB o l’Ovra ed il gioco è fatto…
Peccato però che, dopo aver dato pieni poteri ai soldati, non si potrebbe parlare di Democrazia…
Però di sicuro i delitti ed i drogati scenderebero…
caro Bommarito, stavolta sei stato abbastanza credibile, quindi un po’ sottotono!
La prossima volta impegnati un po’ di più… Il dibattito stenta a decollare!