Il colle dell’Infinito non è un luogo, è molto di più. Ad ogni passo, suggestioni e poetici versi ricordano l’opera leopardiana che non solo lo caratterizza ma gli dona un’identità forte e una riconoscibilità che lo rendono unico al mondo. Per di più, l’Infinito può anche vantare di essere rimasto, grazie all’opera preventiva di enti e custodi del paesaggio, immutato rispetto all’epoca in cui ispirava le odi del giovane Giacomo Leopardi, poeta italiano più conosciuto al mondo. Il cemento però è sempre in agguato e se, nel 2005, il pericolo di alterazione del colle è stato scongiurato, nei prossimi mesi la questione della possibile speculazione sul Colle dell’Infinito si potrebbe riproporre.
In particolare il problema potrebbe essere rappresentato dal piano particolareggiato che dovrebbe essere inserito come variante al Piano Regolatore e che permetterebbe accorpamenti di cubature esistenti, costruzioni aggiuntive e variazioni di destinazione d’uso.
Il Comune di Recanati ha incaricato l’architetto Salvatore Dierna di redigere il piano particolareggiato da inserire come variante al Piano Regolatore per salvaguardare in maniera definitiva la zona del Colle dell’Infinito e la Valle del Passero Solitario. In effetti attualmente il piano regolatore permette accorpamenti e aumenti di volume. Le bozze del documento redatto da Dierna sono state più volte esaminate e hanno subito continue variazioni e aggiustamenti che preoccupano, non poco, il Fondo Ambiente Italiano delle Marche e tutti coloro che, anche in passato, hanno difeso strenuamente i luoghi leopardiani. Annarella Volpini, presidente del Fai Marche, segue da vicino la questione: «Da sempre le spinte per costruire sotto al Colle, sono molto forti ma credo che la conservazione di un bene prezioso come i luoghi leopardiani sia un’esigenza morale».
Il piano particolareggiato dovrebbe essere discusso nei prossimi giorni dalla Commissione Edilizia del Comune di Recanati. Roberto Bartomeoli, capogruppo del Pdl, ha chiesto mesi fa di affrontare il tema in commissione: «Abbiamo chiesto di discutere il piano particolareggiato alla luce delle novità introdotte dal Piano Casa che potrebbe essere impattante. Al momento non ci sono atti ufficiali dell’amministrazione, relativi al Colle dell’Infinito, ma vogliamo comunque capire cosa può succedere».
Il vincolo sull’ermo colle esiste sin dal 1952, per la tutela sia diretta che indiretta, ma nel 1997 il consiglio comunale di Recanati approvò una variante al piano regolatore che prevedeva la ristrutturazione e l’aumento di cubatura di due case coloniche, proprio a ridosso del colle. Qualche anno dopo, nel 2000, Anna Maria Casapiccola presentò all’amministrazione un progetto e chiese la concessione a costruire, respinta tre volte dalla Commissione. L’allora sindaco Fabio Corvatta le propose un accordo: «Mediai con il privato – ricorda – permettendo di realizzare una volumetria di pare valore economico in un’altra area di proprietà della signora. Permettere di costruire – ci dice oggi, alla luce del piano particolareggiato – sarebbe una cosa grave». In seguito un altro proprietario di un casolare a ridosso del Colle, la “Iniziative Immobiliari di Tullio Alessandra”, chiese una concessione edilizia. Corvatta questa volta non riuscì a mediare e il marito della proprietaria, l’avvocato Paolo Tanoni presentò un ricorso straordinario al Capo dello Stato. Nell’attesa della decisione del Quirinale e, mentre a Recanati si scatenarono le proteste del Fai, di Italia Nostra e del Centro Studi Leopardiani, nell’alternanza di impugnazioni e ricorsi al Tar, una sentenza del 2004 ripristinò il vincolo. Nel 2005, inaspettatamente, l’istanza dell’avvocato Tanoni fu accolta ma fu lui stesso a decidere di non approfittarne. Il vincolo cancellato, comunque non è mai stato ripristinato e qualcuno, a distanza di qualche anno, potrebbe avere voglia di approfittarne.
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Il paesaggio agrario è continuamente antropizzato. Ad esempio nelle nostre campagne sono scomparse le siepi, come anche gli olivi secolari all’ingresso del viale che conduce proprio alla villa di Annarella Costa in contrada Cimarella. La premessa è parte integrante di un’altro caso dell’infinito leopardiano che trovo di una comicità “insostenibile”.
Nel 1998 Vanni Leopardi si batté in tutte le sedi, Parlamento europeo compreso, per bloccare l’attraversamento di un elettrodotto lungo il colle dell’Infinito e scongiurare così uno scempio della memoria poetica nazionale. Si allungò di tre chilometri il tracciato dei piloni (una quarantina) per aggirare il colle a est, salvaguardando in questo modo il paesaggio che il poeta vedeva dalla finestra del suo palazzo. E così casa Leopardi si affiancò ai verdi e invitò gli italiani a votare per l’abolizione della servitù coattiva.. Ora però rimangono tristemente abbandonati diversi tralicci nella campagna dalle parti di Chiarino e non si capisce come possa arrivare l’energia elettrica senza i cavi dell’alta tensione. I casi sono due: o siamo in presenza di un’opera incompiuta e quindi i tralicci vanno demoliti o c’è una rete wirles che funziona senza cavi come il telegrafo di Marconi.
L’immoralità dei mattonari non si ferma davanti a niente e a nessuno. E dire che, a furia di varianti e speculazioni varie, questi signori dovrebbero potersi rilassare e dare una calmata. Se non si salverà nemmeno il panorama dal Colle dell’Infinito, porca miseria, per il futuro di noi maceratesi la vedo bruttissima. Parlo del futuro perché il presente è già pieno di ferite. Parlo di futuro perché spero in un risveglio della nostra gente, fin troppo assopita e rassegnata di fronte al malcostume. Ma vorrei parlare anche di futuro prossimo, perché tremo al pensiero di ciò che potrebbe succedere alle Casermette, con gli squali sempre in agguato.
Vorrei poter guardare al Colle dell’Infinito non solo come a un emblema della poesia, ma anche come a una bandiera di civiltà.
Ecco, questa è una sacrosanta battaglia da intraprendere con l’aiuto di Cronache Mceratesi. Lasciamo perdere la Amoroso, i fuochi, e via celiando. Si cominci a raccogliere adesioni alla campagna contro la cementificazione a Recanati Ci basta lo scempio perpetrato nelle vallate del nostro comune. Chi ha cuore e un pò di tempo, approfondisca la questione e suoni per tempo le trombe contro l’assedio degli Unni
Ecco una descrizione del paesaggio in chiave leopardiana di Vincenzo Cardarelli ne “Il cielo sulla città”, pubblicato nel 1939: “… A due passi da Macerata, le galline razzolano, il fieno si ammucchia odoroso intorno alle informi rovine di una città romana, Helvia Recina, le quali devono sostenere il confronto coi numerosi e monumentali pagliai sparsi nelle vicinanze. I contadini, in campagna, si sono impossessati di ogni edificio, sia pure antico ed illustre. Si ha qui il senso di una vera invasione agricola, di un assoluto predominio della campagna sulla città, come se in questo paese fosse accaduta, non so quando, una formidabile rivoluzione rurale. Il castello della Rancia, famoso per aver dato il suo nome alla sfortunata battaglia di Gioacchino Murat contro gli Austriaci, combattutasi lì attorno e detta dai marchigiani, un po’ arbitrariamente, ma con molto orgoglio patriottico, la prima Novara del Risorgimento, è divenuto, se non sbaglio, una casa colonica. E i contadini della Mensa Vescovile di San Claudio sul Chienti non intendono certo profanare la loro chiesetta romanica servendosi della parte superiore come di una soffitta o di un ripostiglio per gli attrezzi agricoli. Nobili ville, caratteristiche locande del tempo delle corriere, sono egualmente possedute, abitate, circuite da poderi che aspirano a dare un’idea del Paradiso Terrestre. Ogni fabbrica è buona da ridurre a casolare, a magazzino. E tutto è conservato a meraviglia, ai fini che ho detto. I campi sono così gonfi di vegetazione che il trifoglio in fiore trabocca, in primavera, sulle scarpate della ferrovia. Si vedono le stradette campestri, polverose e bianche come i buoi che le percorrono, salire serpeggiando, in tutte le direzioni, le vaste colline lavoratissime, dove il grano, già in via di maturare, mette dei toni divinamente stinti, in contrasto con le macchie azzurrastre di un’altra qualità di grano meno precoce, che ha, in questo tempo, il colore dell’acqua ramata.”
Fortunatamente i guasti lamentati da Cardarell, richiamati da Gabor Bonifazi,i sono stati riparati, anche se i terreni intorno a S.Claudio sono diventati una sorta di area industriale.
Ma come possono i maceratesi, i marchigiani, gli italiani, provare interesse per il Colle dell’Infinito, se a scuola di poesia non si parla praticamente più, e tutto quello che gli studenti sanno del grande Recanatese è la battutina scema, secondo la quale “l’Infinito di Leopardi è Leopardare?”.
La nostra società rinnega le sue radici culturali; niente di strano, dunque, se i luoghi sacri a quelle radici diventano aree di lottizzazione edilizia. Pensate a quello che è successo nella Valle dei Templi di Agrigento, nella Conca d’Oro di Palermo, sulla riviera adriatica da Ravenna in giù; e cito solo tre esempi a caso.
Se non impareremo a rispettare noi stessi, cominciando dalla consapevolezza di ciò che di grande, bello e nobile il nosro passato ci ha tramandato, non potremo che assistere ad un sempre più avvilente degrado del territorio e dei valori del nostro Paese.
A riprova di quanto dico qui sopra, confrontate la quantità di commenti a questa notizia e gli interventi riguardanti la cantante Amoroso e i suoi fan.
Non è questione di vincoli, ma di massa cerebrale…
Se edificheranno intorno al Colle, violentando il paesaggio significherà che siamo arrivati all’imbecillità estrema…