Civitanova povera e Macerata ricca
Come mai?

- caricamento letture

redditidi Giancarlo Liuti

Settimane fa è saltata fuori una notizia che a mio avviso avrebbe dovuto suscitare considerazioni improntate a un generale moto di sorpresa. Invece niente. Essa è rapidamente passata nell’oblio, come se appartenesse al novero delle cose banali, senza che l’informazione, la politica e la cosiddetta opinione pubblica ne facessero oggetto di qualche riflessione. Ma dev’essere che questo mondo – e in particolare questa Italia – ci offre ormai una sorpresa al giorno e, dai e dai, le sorprese non sorprendono più. E qual era questa notizia? Era che sulla base degli imponibili Irpef del 2009 (dati ufficiali del ministero delle finanze) il reddito pro capite di Macerata superava in modo netto quello di Civitanova: 24mila euro annui contro 21mila. Mediamente, insomma, i singoli cittadini maceratesi erano più ricchi – o, se si preferisce, messi economicamente meglio – dei singoli cittadini civitanovesi. Solo in quell’anno? Direi di no, perché ricordo che qualcosa del genere era stato segnalato anche all’inizio del Duemila e non vedo per quale motivo la situazione dovrebbe essere cambiata. Non è singolare? Certo che lo è, se si pensa alla radicata convinzione che Civitanova, sede di tante attività industriali, artigianali e commerciali, sia nettamente superiore a Macerata nello sviluppo economico e nella prosperità. Invece no. Luoghi comuni, chiacchiere di strada, apparenze.

Ma il fenomeno non si limitava a Civitanova, perché riguardava anche Monte San Giusto (meno di 18 mila euro), Corridonia (19 mila) e, subito oltre i confini della provincia, Porto Sant’Elpidio e Montegranaro (entrambi a 18 mila), ossia l’intera zona del cosiddetto polo calzaturiero, dove – sbagliando, ora lo sappiamo – credevamo che si potesse guardare a Macerata con l’alterigia di chi è in sella al cavallo del progresso e nutre sentimenti di commiserazione verso chi, al contrario, è rimasto a piedi. Nella stessa Macerata, del resto, divampavano e divampano polemiche da pulpiti di partito e perfino ecclesiali in cui svettava e svetta la parola “declino” con l’aggiunta dell’aggettivo “inesorabile”. Che abbaglio! Che cantonata!

Qualcuno, adesso, è convinto che la ragione dei bassi redditi della zona calzaturiera stia nell’evasione e nell’elusione  fiscale, ovviamente più facili laddove la scure del fisco non si abbatte “alla fonte”, come ad esempio accade per i dipendenti pubblici (Macerata, città di servizi, ne ospita una percentuale piuttosto rilevante), ma deve rassegnarsi a prendere atto delle dichiarazioni Irpef di imprenditori e professionisti cui non manca l’abile sostegno dei commercialisti. Può darsi. Anzi, è probabile. E questa è una ragione seria, nel senso che appare fondata su un’ipotesi del tutto plausibile e quindi, ancorché discutibile sotto il profilo del senso civico, assai verosimile nel concreto.

Tuttavia, come osservai a proposito dei rapporti fra il sindaco di Macerata e la sua maggioranza consiliare e politica, la situazione è grave ma non è seria. Se lo diceva Flaiano negli anni settanta, figuriamoci oggi, che, soprattutto a livello nazionale e per il decoro delle istituzioni e di chi le rappresenta, è molto più grave e molto meno seria di allora. Mi si consenta perciò di avanzare altre ipotesi – meno serie, ma in linea coi tempi – circa le cause di questo imprevedibile divario di floridezza economica fra Macerata e Civitanova, ipotesi che sono frutto di mie personalissime indagini sulle fonti delle quali debbo mantenere una certa riservatezza..

La prima ipotesi, in armonia con la proverbiale ed estroversa generosità dei civitanovesi, avverte che non dobbiamo farci ingannare dal tenore di vita dei loro ceti più abbienti, dalle auto di lusso e dalle sfolgoranti vetrine di negozi tipo via Montenapoleone a Milano e via Frattina a Roma. Queste sono messe in scena tendenti a nascondere (la vera carità cristiana non va esibita, non è mai vanitosa, non cerca l’ammirazione della gente) il gran flusso di denaro che da Civitanova si riversa sulle organizzazioni internazionali contro la fame nel mondo. Un sforzo immane, questo, che, per effetto delle conseguenti e sacrosante detrazioni a livello fiscale, abbassa gli imponibili Irpef. Ecco perché quei tremila euro pro capite in meno rispetto a Macerata.

La seconda ipotesi riguarda invece l’altrettanto proverbiale timore che i  maceratesi nutrono per l’invidia dei loro stessi concittadini, un sentimento, questo, che deriva dagli antichi costumi della civiltà contadina e li spinge a fingersi pressoché nullatenenti, con impiegati del catasto, ragionieri comunali, insegnanti, netturbini, uscieri, infermieri e cancellieri di tribunale che nel tempo avevano accumulato in luoghi segreti – quasi sempre nei materassi e sotto i mattoni – le ingenti fortune di risparmi, lasciti e speculazioni finanziarie. Ma nel 2008, purtroppo per loro, è capitato che, mosso proprio dall’invidia, un bidello rovinato da temerari giochi in borsa li ha denunciati alla Finanza e tutto è stato scoperto, dimostrando che quel parco tenore di vita, quelle vecchie utilitarie, quei mercatini dell’usato e quell’abbigliamento da bancarelle del mercoledì erano, in verità, una colossale finzione. Da qui i tremila euro pro capite in più rispetto a Civitanova.

Queste due ipotesi vi sembrano campate in aria? Fate voi. Tuttavia, siccome viviamo in un’epoca in cui il parlamento giudica vera la storia della nipote di Mubarak e un grande partito ritiene degno di fede che uno acquisti una casa pagandola “a sua insaputa”, esse saranno sì stravaganti ma io ci credo.



© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page
-

Come butta?
Vedi tutti gli eventi


Quotidiano Online Cronache Maceratesi - P.I. 01760000438 - Registrazione al Tribunale di Macerata n. 575
Direttore Responsabile: Matteo Zallocco Responsabilità dei contenuti - Tutto il materiale è coperto da Licenza Creative Commons

Cambia impostazioni privacy

X