di Giancarlo Liuti
Come il grande Garcia Lorca che levò il suo lamento per la morte del torero Ignazio, ucciso – a las cinco de la tarde, alle cinque della sera – dalle corna di un toro, levo anch’io, nel mio piccolo, un lamento per la morte della lumaca sulla fontanella di Piazza Mazzini, uccisa anch’essa – alle cinque del mattino, alle cinque del mattino – da ignoti cornuti nell’animo (leggi l’articolo). Forse non è definitivamente morta, magari si cercherà di restituirla alla sua semplice, mite e innocente bellezza, ma quei cornuti torneranno alla carica, come hanno già fatto altre volte. E temo che ogni tentativo di risuscitarla sarà un vano accanimento terapeutico, una lotta persa in partenza del bene contro il male e del bello contro il brutto. Perché in questa storia ci sarà pure del vandalismo, quel barbaro divertimento di ragazzotti sballati da libagioni notturne nel distruggere beni pubblici a portata di mano, ma, secondo me, c’è qualcosa di peggio, ed è che a tanta gente questa lumaca non è mai piaciuta, sia per futili e rimediabili ragioni di sicurezza (l’acqua bagnava un gradino?) sia per il maceratesissimo vezzo di storcere il naso di fronte a qualsiasi novità e contestare sempre e comunque ciò che viene deciso o consentito dall’amministrazione comunale. Cornuti nell’animo, ripeto, in entrambe le categorie.
Non sto parlando, intendiamoci, di un capolavoro assoluto. Ma l’idea dell’architetto Guido Strinati, l’esecuzione dello scultore Sandro Piermarini e il mecenatismo nient’affatto esibizionistico – caso più unico che raro, solo un gesto d’amore per la città – della Macrosoft di Piediripa meritavano rispetto e gratitudine anche per la geniale collocazione, all’inizio di Piaggia della Torre, proprio nel punto in cui, da secoli, intere generazioni hanno iniziato la salita, lenta, proprio da lumaca, verso Piazza della Libertà. Lo stile? Tradizionale, grazie alle sinuose armonie del barocco. Ma anche moderno, in senso popolare, per il realismo, domestico e un po’ rurale, di quel naturale protagonista. Prevalevano, insomma, l’amabilità, la facile comunicabilità di linguaggio e quella grazia spontanea e immediata che, mi si dice, spingeva i turisti a fotografarsi lì davanti, come se quello fosse un simbolo, un portafortuna, un saluto di Macerata.
Non è certo singolare che in monumenti piccoli o grandi si raffigurino animali. Basti pensare alla seicentesca Fontana del Porcellino, a Firenze, di fronte alla Loggia dei Mercanti, oppure alla cinquecentesca Fontana delle Tartarughe, a Roma, in piazza Mattei, oppure alla settecentesca Fontana dell’Elefante, a Catania, in piazza del Duomo, oppure alla più recente “Mater amabilis” di Valeriano Trubbiani, ad Ancona, in piazza Pertini, con la mamma rinoceronte assieme al cucciolo rinocerontino e il fenicottero appollaiato sul dorso (non è sorprendente che a Macerata, accanto a tante cose sin troppo mediocri, non ci sia nulla del maceratese Trubbiani?). E ancora, e ancora. In tutto il mondo l’elenco degli animali di bronzo o di marmo è infinito.
Ma perché, qui da noi, proprio una lumaca? La simbologia di questo innocuo gasteropodo che silenziosamente frequenta il verde di campagne e prati è ricca di suggestioni. Allude alla calma, alla pazienza, alla prudenza, alla casa. Valori che proverbialmente caratterizzano la marchigianità e in particolare la maceratesità. E c’è di mezzo anche la psicoanalisi, se è vero che sognare lumache significa esprimere il desiderio di una sessualità in equilibrio, felice e serena. E, infine, c’è perfino un riferimento all’avanzatissima tecnologia della rete, giacché solo la “chiocciola” consente di spedire messaggi agli indirizzi di posta elettronica. Basta. Da temerario emulo di Garcia Lorca, ho levato anch’io un lamento per la morte cruenta – uno stupido, volgare delitto – di qualcosa cui ho voluto bene. Sarà salvato, questo gioiellino? Può darsi, forse spostandolo da un’altra parte, dove le corna dei cornuti non potranno arrivare. Ma non sarà lo stesso. Avrà perso l’anima.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Condiviso già tutto in precedente commento. Mi è rimasto però nello strozzo un pensiero che mi attirerà le ire dei buonisti. Siamo così sicuri che i vandali sono maceratesi? Sapete, Piazza Mazzini è piena di tanti sfaccendati seduti ai tavolinetti fino a tarda ora, fumatori incalliti, bevitori di birra a volte anche alticci, spesso orinanti sotto Porta mercato. E se per caso fossero, faccio per dire, di Tirana, di Skopyie, di Vattelappesca, piuttosto che di Piediripa, di Villapotenza, delle Casette, del Centro storico ? Il Maceratese, che io ricordi, non ha mai danneggiato opere per il solo gusto di farlo.
Ok Liuti, ma quando ci sarà sto funerale della lumaca e in che chiesa? Il sindaco ha già detto che vuole partecipare e rendere omaggio alla salma… 😛
Bellissimo articolo! Concordo con Lei! E’ qualcosa di più di un semplice atto vandalico e pure a me quella fontana è sempre piaciuta!!
Molto bello, Giancarlo, e sopratutto molto vero.
Concordo pienamente. Detesto gli atti vandalici.
La lumaca va salvata e tutelata. Per poter interpretare il simbolismo della chiocciola bisogna premettere che nel Medioevo molto spesso veniva associato Dio alla lumaca, un Dio lento come una lumaca, un allusione velata come forma di rimprovero. Si rimproverava a Dio il fatto che, dal giorno della Creazione alla venuta di Gesù come Messia, avesse lasciato trascorrere troppo tempo. Nell’antichità la lumaca era una figura allegorica molto importante. Si credeva infatti che venisse fecondata dalla rugiada della sera.
Successivamente, l’allegoria della lumaca si fa forte di una filosofia prettamente mariana: il mollusco illibato, fecondato dalla brina della sera rimanda alla fecondazione di Maria per mezzo dello Spirito Santo. La lumaca sembra trascinarsi dietro, con la sua lentezza, con il suo avanzare stanco e calmo, tutto il tempo. Non a caso, se riflettiamo, la lumaca si trascina molto spesso dietro l’allegoria del tempo che scorre. Ed ecco perchè molti pittori vi fecero riferimento.