Marco Maccari e quel “No” all’Udinese:
“Forse ora accetterei”

A 16 anni al Tolentino in C2, ora in Promozione con la Vigor Pollenza
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Marco-Maccari

Il difensore della Vigor Pollenza Marco Maccari

 

di Federico Bettucci

 

Estate 2003. Sembra passata un’eternità. Uno dei migliori, anzi, il migliore, tra gli Allievi Regionali dell’U.S. Tolentino, insieme a qualche suo compagno di squadra, parte per il ritiro estivo della prima squadra della società cremisi. Sin qui tutto normale. Il bello è che Marco Maccari, 17 anni ancora da compiere, difensore centrale, a differenza degli altri che rientrano nei ranghi finita la preparazione, rimane con “i grandi” per tutto l’arco della stagione 2003-2004. Non per qualche apparizione fugace e saltuaria, bensì per collezionare 28 presenze nell’allora serie C2 (più una rete in Coppa Italia). Da protagonista assoluto. Il Tolentino totalizza 43 punti (record nella storia della società in quella categoria) e si salva senza patemi. Marco viene seguito da alcuni importanti club di serie A e B, monitorato da tutti gli addetti ai lavori e a 17 anni ha spalancate davanti a sé le porte del professionismo. Invece, la decisione clamorosa: stop con il calcio. Un’anno dopo, il ripensamento. Quindi Urbisaglia e Vigor Pollenza. Campionati di Eccellenza, Promozione, Prima categoria ed ancora Promozione. Con la salvezza nel mirino, nell’attuale annata, per il pilastro della retroguardia pollentina. Sarà durissima.

Momento attuale della Vigor Pollenza. La squadra è invischiata nella lotta per non retrocedere, ma ora è in serie utile da sei incontri e quindi in ripresa dopo un gennaio horror. Merito del cambio di allenatore?

“A mio avviso Micarelli non era l’unico responsabile della situazione deficitaria della squadra. Personalmente con lui mi trovavo benissimo. Purtroppo però nel calcio quando le cose vanno male a pagare per primo, e per tutti, è sempre il tecnico, anche se in campo ci andiamo noi. Non si può negare, comunque, che sicuramente una scossa c’è stata con il cambio di allenatore. Ogni giocatore poi, inconsciamente, forse dà quel qualcosina in più perché con il cambiamento si sente in discussione. Detto questo, è sotto gli occhi di tutti che Fermanelli è partito con il piede giusto”.

Differenze, ed eventuali punti in comune, tra Micarelli e Fermanelli.

“Posso dire che entrambi sono allenatori “moderati” sotto il profilo caratteriale: pochi eccessi, nessuna scenata isterica. Tutti e due raccomandano di non perdere la testa durante la partita, cosa che invece a noi, purtroppo, accade spesso. Per il resto è difficile fare confronti, e non amo farli, il nuovo mister è arrivato da appena un mese. Mi sento di affermare che cura ogni minimo dettaglio in maniera maniacale e riesce a motivare la squadra al punto giusto. Micarelli prediligeva molto stare in mezzo al gruppo, mentre Fermanelli sceglie spesso il dialogo personale a quattr’occhi”.

Lo scorso anno un campionato di Prima categoria da sogno, culminato con la vittoria dei playoff ed il tuo gol decisivo nella finale con la Vadese. Quest’anno, un torneo diverso, dove ci sarà da soffrire. Ce la farà la Vigor a rimanere in categoria?

“Se ogni singolo giocatore darà tutto sé stesso per la causa e ce la metterà tutta, allora nessuno avrà vita facile contro di noi. Sono certo che ce la giocheremo con tutti. Poi si vedrà. Una cosa è certa, io venderò cara la pelle in ogni partita. Spero che i miei compagni mi seguiranno”.

Ora spazio al passato. A 16 anni esordio in C2 ed una stagione da titolare con la sicurezza di un veterano: a fine anno una salvezza diretta splendida. Poi, estate 2004, la decisione inaspettata e clamorosa. Perché quella scelta?

“Quella con il Tolentino in prima squadra fu un’avventura stupenda, con emozioni indescrivibili. Stadi importanti, club prestigiosi, l’attenzione di tutti. Ho avuto a che fare con giocatori del calibro di Marco Nappi, Gianluca Sordo, Christian Lantignotti. Ci tengo innanzitutto a sottolineare, però, che a calcio ci gioco per divertirmi. A fine anno mi accorsi che quel gioco che amavo non era più un divertimento, così decisi di abbandonarlo. Fu una decisione sofferta. I fattori decisivi furono l’eccessiva pressione, difficile da descrivere se non la si vive in prima persona; la difficoltà di conciliare la scuola con i ritmi forsennati del professionismo, dato che a volte mi allenavo anche al mattino; la convivenza quotidiana con dei veri e propri uomini, gente che aveva in media 10 anni più di me, e quindi non avevo rapporti umani adeguati e consoni per un ragazzo di 16 anni. E poi ci sono anche altri retroscena che preferisco non svelare, riguardanti alcuni ambienti”.

Arrivò anche la chiamata dell’Udinese… Rimpianti?

“Se la stessa proposta mi venisse fatta adesso, ammetto che accetterei. Ma sette anni fa, no. Considerati quei disagi e quei problemi, che in parte ho già elencato, non ho assolutamente alcun rimpianto. Ogni momento, ogni periodo della vita ha le sue scelte e le sue decisioni. Io ora sono sereno e tranquillo”.

Marco Maccari fuori dal campo?

“Amo disegnare. L’arte in generale è la mia passione. Per il resto, mi piace stare con la mia ragazza, con gli amici e giocare con il mio fratellino piccolo. Le cose semplici della vita ma forse anche le più belle”.



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