La Route 66 con la Vespa 50 Special
L’impresa di Giorgio e Giuliana

Oltre due mesi di cammino da Chicago a Los Angeles per i due civitanovesi
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di Laura Boccanera

Hanno percorso oltre 4000 chilometri di terra e asfalto a bordo del Generale Lee, la mitica Vespa 50, lungo la Route 66. Un’impresa pazzesca che solo due lucidi folli come Giorgio Serafino e Giuliana Foresi potevano pensare e realizzare, primi italiani a fare una spedizione simile da costa a costa. Di ritorno dopo oltre due mesi di cammino i due civitanovesi sono tornati a casa (e questa è già di per sé una notizia considerato il rischio e le difficoltà del percorso) e ci hanno raccontato le emozioni e le tracce indelebili di questa esperienza.

Sul loro percorso oltre alla bellezza e alle viste mozzafiato anche diversi pericoli: tre gli uragani schivati, uno dei quali fortissimo ha spazzato via diverse abitazioni, temporali continui ed improvvisi, ma anche l’aria arsa e sabbiosa del deserto mentre le ruote sotto scorrevano verso il nulla con una temperatura da forno. Poco rassicuranti anche i nomi delle località: <<Abbiamo attraversato Fornace creek e la Death Valley, abbiamo rotto un ammortizzatore, cambiato le candele, a volte abbiamo avuto davvero paura, ma a sostenerci c’era sempre qualcuno che ci spingeva ad andare avanti, un commento sul blog, l’affetto di chi incontravamo nel nostro cammino>> ricorda con ancora negli occhi l’emozione per così tante sensazioni provate sulla sua pelle Giorgio.

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A colpirli è proprio l’accoglienza delle popolazioni di luoghi così remoti: <<ci accoglievano come figli, un negoziante di accessori per la Vespa una sera ci ha anche dato le chiavi di una casa che aveva poco più avanti perchè era previsto un temporale, ci regalavano soldi per andare avanti, i poliziotti si fermavano per  fare delle foto con noi invece di chiederci patente e libretto – racconta Giuliana – una volta nella Death Valley non volevano farci passare, poco tempo prima delle persone erano morte>>. Impavidi e un po’ temerari i due continuano sprezzanti del pericolo e a loro dire la vista di quei luoghi li ha riempiti dentro: <<in certi momenti ci sembrava di essere in un altro pianeta, un paesaggio quasi lunare, pietre, sabbia, montagne e nient’altro, senza tempo, senza spazio, solo il rumore del motore che va. E` stato un vero braccio di ferro tra la natura selvaggia dell`America e noi, ci ha regalato qualcosa che non cambierei neanche con tutti i soldi del mondo. Ogni notte quando andiamo a dormire, ci passano davanti migliaia di immagini, di persone e posti. Tutti i saluti, i pollici in su e gli aiuti ricevuti, la forza del vento e la pace durante le notti stellate in tenda nel deserto mentre i coyote ululavano alla luna>>. Scontato chiedere loro se lo rifarebbero: si scambiano una rapida occhiata, un sorriso impercettibile e all’unisono sorridono un sì. Il Laos li sta già chiamando e il Generale Lee si è riposato abbastanza.

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