di Matteo Zallocco
26 ottobre 1962. “Sembra che durante l’ultima notte al Motel Agip di Gela, Enrico Mattei partecipò ad una riunione con un emissario egiziano, uno libico, uno algerino e uno tunisino, una specie di Fronte di Liberazionale Nazionale allargato a tutto il Magreb, escluso il Marocco. Si sarebbe trattato di perfezionare un colpo di Stato contro Re Idris; Mattei avrebbe versato all’emissario libico un acconto di 500 milioni di lire”. E’ quanto scrive Italo Pietra nella biografia ufficiale di Enrico Mattei, “Mattei, la pecora nera”. Il 27 ottobre 1962 l’aereo con a bordo Mattei partito da Catania, diretto a Linate, precipita a Bascapè, in provincia di Pavia.
Fra le varie ipotesi della sua uccisione c’è anche quella del sabotaggio messo in atto dalle forze reazionarie dell’Algeria e della Libia con aiuti internazionali e la mano di Cosa Nostra. I rapporti di Enrico Mattei con re Idris Al Sanussi non erano certo buoni e, dopo aver finanziato le lotte di liberazione dell’Algeria dalla colonizzazione francese, il presidente dell’Eni aveva iniziato a finanziare la lotta contro re Idris, il quale aveva escluso l’Eni dalle ricerche petrolifere nel deserto del Sahara a vantaggio delle Sette Sorelle americane.
Ma chi era quell’emissario libico che incontrò Mattei la notte del 26 ottobre 1962? Secondo alcuni era proprio Muammar Gheddafi, giovane ufficiale, seguace del presidente egiziano Nasser, salito poi al potere il 1 settembre 1969 con un colpo di Stato. Non vi è alcuna prova che il fondatore dell’Eni e il colonnello Muammar Gheddafi si siano mai conosciuti. Ma a qualcuno piace pensarlo. Di certo bruciava molto a Mattei la decisione del sovrano Idris di bloccare un accordo quadro con l’Eni per lo sfruttamento delle risorse energetiche della Libia. Lo sponsor dell’accordo, il primo ministro Zine El-Abidine Ben Ali, era stato messo da parte e re Idris aveva dato via libera all’accordo con Esso e Occidental. L’Italia si dovette accontentare di una fetta più piccola del business almeno fino al’67 quando fu scoperto il giacimento di Bu Attifel, a un migliaio di chilometri a Sud Est di Tripoli.
Ma è con l’avvento del colonnello, nel ’69, che l’Eni torna ad avere un ruolo di peso. Con una decisione apparentemente contraddittoria, mentre a ventimila italiani lì residenti viene ingiunto di lasciare il Paese in ventiquattro ore, il gruppo petrolifero italiano allarga le proprie attività.
E’ lo stesso percorso seguito con l’Algeria. Sostenendo il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), Mattei aveva ipotecato un trattamento preferenziale verso l’Eni dal futuro governo. Si pensava allora che l’Algeria possedesse, al confine con la Libia , le più vaste riserve di petrolio inesplorate del mondo. Parallelamente a Mattei si mosse De Gaulle, che decise di riconoscere l’indipendenza algerina. Come contropartita, la compagnia petrolifera francese ottenne gli stessi privilegi dell’Eni.
L’ingresso trionfale dell’Eni sul mercato petrolifero era quindi quasi assicurato.
Non solo, l’Executive Intelligence Review, attraverso una ricostruzione minuziosa del caso Mattei, afferma che il presidente dell’Eni, alla fine, era riuscito ad aprire un dialogo con la Casa Bianca , nonostante la stampa internazionale avesse dipinto Mattei come un pericoloso sovversivo anti-americano. Mattei, per l’Eir, era riuscito a far capire alla nuova amministrazione Kennedy che tutto ciò che desiderava era essere trattato alla pari, che egli non ce l’aveva con l’America ma con i metodi coloniali applicati dalle “sette sorelle” del petrolio. L’amministrazione Kennedy accettò il dialogo e fece pressioni su una compagnia petrolifera, la Exxon , per concedere all’Eni dei diritti di sfruttamento. L’accordo sarebbe stato celebrato con la visita di Mattei a Washington, dove avrebbe incontrato Kennedy, e dal conferimento di una laurea honoris causa da parte di una prestigiosa università statunitense. L’assassinio di John F. Kennedy, trentacinquesimo Presidente degli Stati Uniti, avvenne venerdì 22 novembre 1963 a Dallas.
Gli interessi delle Sette Sorelle sono stati intaccati. Un patto del 1928 istituiva la cosiddetta Red line, che delimitava una parte del mondo all’interno della quale i firmatari del patto segreto non potevano farsi concorrenza. Mattei stava violando quel patto, cambiando le regole del gioco, come del resto egli stesso racconta: “Le grandi multinazionali erano abituate a considerare i mercati di consumo come riserve di caccia della loro politica monopolistica e noi abbiamo iniziato a rompere questo meccanismo e lo abbiamo fatto passando al di fuori di queste grandi compagnie, di questo cartello.”
L’uomo che, partendo nel 1945 da zero, era arrivato a sfidare i grandi monopoli petroliferi. L’uomo cresciuto a Matelica e che si è sempre dichiarato orgoglioso di essere marchigiano. L’uomo della Snam (in realtà Società nazionale metanodotti) che veniva scherzosamente ma non troppo chiamata “Siamo nati a Matelica”. “L’uomo che guardava al futuro” (titolo della miniserie televisiva andata in onda con grande successo su Rai Uno nel 2009) come avrebbe commentato quello che sta succedendo oggi in Libia?
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Caro Zallocco, complimenti. Tra l’altro il “mistero” che avvolge la morte di Mattei, a mi avviso, riemerge “anche” in occasione dei più recenti conflitti. A partire dall’Irak.
Grazie Direttore Zallocco,in quel periodo Enrico Mattei incoraggiava tutti i movimenti emergenti del Magreb: Libia, Tunisia e Algeria, il motivo determinate rompere il dominio delle Sette Sorelle con gli Scheicchi che anche con il Re della Libia Idris facevano affari petroliferi escludendo il popolo di quei Stati. 80% alla compagnia petrolifera il 20% allo Sceicco. Mattei si mise di traverso con la Sua ENI applicando il fifty fifty per favorire il nostro paese molto bisognoso di energia e soprattutto quei popoli da secoli emarginati anche dal colonialismo egoista europeo. Il popolo libico con Mattei e con l’Italia ha conquistato un periodo di benessere, che sta riconquistarlo pareggiandolo alle nazioni che si affaciano sul Mediterraneo.
Caro Ivano ogni volta che scrivi o parli di Mattei lo fai con immenso affetto oltre che con grande ammirazione.
E’ vero, pronunciando il suo nome bisognerebbe sempre alzarsi in piedi e togliersi il cappello con grande rispetto. Molti “capitani” dell’economia dovrebbero imparare ad ispirarsi a questo marchigiano illustre.
Nulla fece per se, tutto per gli italiani.