L’ex ospedale psichiatrico
di Luca Patrassi (foto Falcioni)
Cumuli di detriti edili, tecnici impegnati a discutere dell’andamento delle opere: questa mattina il “leggendario” padiglione Morselli negli spazi dell’ex ospedale psichiatrico di Santa Croce è tornato ad essere un cantiere.
Diversamente dall’ultimo intervento di diversi anni fa (circa mezzo milione di euro spesi per lasciare i locali vuoti) stavolta pare che ci sia un’idea quanto alla destinazione di uso. Un passo avanti: si fanno i lavori sapendo perfino cosa fare dell’opera una volta ultimata. L’obiettivo della Ast, proprietaria dell’immobile e dell’area ex Onp (compreso il parco secolare, in stato di abbandono pure quello) è la realizzazione della Casa della comunità di Macerata, finanziata con fondi Pnrr per un importo di 1,8 milioni di euro. La casa della comunità di Macerata si estende su una superficie di 910 metri quadrati e si sviluppa su tre piani costituiti da piano terra, primo piano e sottotetto e un piano seminterrato di minore superficie. All’interno del padiglione Morselli troveranno spazio al piano terra gli ambulatori dedicati alla neuropsichiatria pediatrica, al primo piano gli studi dei medici di medicina generale, mentre al secondo piano il consultorio familiare. Considerata la valenza artistica dell’edificio che è vincolato, gli interventi sono volti alla conservazione degli elementi di pregio e delle caratteristiche architettoniche e storiche dello stesso.
Al momento dell’approvazione del progetto esecutivo il direttore generale dell’Ast Macerata Alessandro Marini aveva osservato: «Con la realizzazione delle case di comunità rendiamo la sanità più vicina ai cittadini, più prossima ai loro bisogni assistenziali e di cura per garantire risposte rapide ed efficaci al diritto alla salute di ciascuno». L’Ast dunque è andata a ristrutturare un bene già di proprietà, forse per evitare il consumo di suolo ma è evidente come interventi di questo tipo siano più onerosi e meno funzionali essendoci delle strutture già definite e da rispettare per via del vincolo. Un po’ come gli interventi sul vecchio ospedale per l’inserimento di nuovi apparecchi o la ristrutturazione dei reparti: spese aggiuntive per le opere murarie, per gli imprevisti in corso d’opera.
Detto della Casa delle salute, ci sono un paio di determine che dimostrano come sia complicato il fronte degli organici e dei medici in particolare. L’Ast ha riaperto i termini per la scelta del direttore della unità operativa di Psichiatria di Civitanova: erano state presentate soltanto due domande di partecipazione e la direzione ha inteso riaprire il bando nella speranza di vedere una partecipazione utile a fare una selezione adeguata. Problemi anche per l’incarico di direttore della unità operativa di Cardiologia dell’ospedale di Civitanova: in questo caso era stata fatta l’ammissione dei candidati e nominata la commissione ma al dunque si è rivelato impossibile convocarla mettendo d’accordo su una data i componenti. Mesi di tentativi a vuoto ed infine bandiera bianca e nomina di una nuova commissione.
Il dg Alessandro Marini
Infine la conferma che non c’è nulla di più definitivo di un atto provvisorio: è appena stato pubblicato all’albo pretorio l’atto aziendale elaborato da tempo e contenente una serie di novità – ha osservato la parte maceratese – a vantaggio della struttura ospedaliera maceratese. Nessuna modifica sostanziale del piano iniziale, piano che mesi fa era stato presentato all’assemblea dei sindaci. Le linee guida esposte dal dg Alessandro Marini. «Abbiamo 1700 posti letto di assistenza residenziale e semiresidenziale, molti di più di quelli ospedalieri (715 nelle quattro strutture) e questo è un dato importante in una logica di sistema e di rete. Ci sono poi la telemedicina e i Punti salute, momenti importanti di assistenza che saranno fortemente implementati. Abbiamo 20 milioni di euro per gli ospedali di comunità, dovremo lavorare per una integrazione tra personale strutturato e medici di libera scelta». Marini aveva anche chiesto un anno di tempo per valutare la possibilità di nominare un direttore di Geriatria mentre si era detto sicuro del buon esito dello spostamento della chirurgia tiroidea a Civitanova. Resta il particolare della dichiarata carenza di medici e del continui e rinnovato ricorso ai medici delle coop per alcuni servizi. Nelle scorse settimane Gimbe ha pubblicato un report in base al quale i medici dipendenti erano 109.024, pari a 1,85 ogni mille abitanti e quelli convenzionati 57880. Secondo i dati Ocse, che includono tutti i medici in attività, compresi gli specializzandi, il nostro Paese conta 315.720 medici, 5,4 ogni mille abitanti, secondi dietro soltanto all’Austria. Al podio per i medici fa da contraltare la posizione di coda per gli infermieri: 6.5 ogni mille abitanti. Secondo il presidente di Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta i dati testimoniano che in Italia non c’è carenza di medici ma una fuga continua dal servizio sanitario nazionale per carenze selettive in specialità ritenute poco attrattive e nella medicina generale. Inoltre le retribuzioni restano molto al di sotto della media Ocse. La conclusione di Cartabellotta è che è inutile formare più medici se non si restituisce attrattività al Ssn, si investono solamente soldi pubblici per regalare professionisti ai privati e all’estero. Altro argomento da valutare, a proposito di attenzione alle risorse pubbliche, è quello dei costi delle strutture in relazione all’attività svolta ma in questo caso il campanile, e il tornaconto elettorale di alcuni, penalizza la qualità dei servizi la possibilità di erogarli. Esempio: si continuano a tenere aperti Punti di primo intervento e Pronto soccorso e altri servizi h24 anche con numeri di pazienti prossimi allo zero.
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……e vai un’altra casa di comunità inutile!