La squadra di Unimc che si è occupata dello scavo
Urbisaglia torna a raccontare la sua storia più antica grazie alle nuove scoperte emerse dalla 31esima campagna di scavo archeologico coordinata dal Dipartimento di studi umanistici di Unimc. Nell’area nord del foro romano di Pollentia-Urbs Salvia, gli archeologi, guidati da Roberto Perna, ordinario di Archeologia classica e direttore del Centro internazionali di studi sulla storia e l’archeologia dell’Adriatico, hanno individuato nuove tracce di un insediamento risalente al III secolo a.C., precedente quindi di circa un secolo rispetto alla fondazione ufficiale della città.
Tra i ritrovamenti più rilevanti una forgia per la lavorazione dei metalli, che apre nuovi scenari sulla presenza romana nell’area e sui primi contatti con il territorio dei Piceni. Sono proseguiti anche gli scavi di un complesso termale nei pressi del foro, dove è stato riportato alla luce un elegante pavimento musivo in tessere bianche e nere del I secolo d.C., che lascia ipotizzare l’esistenza di terme pubbliche o di un edificio termale privato appartenente a una villa urbana. L’équipe ha collaborato anche alle operazioni di restauro e allestimento dell’area dei “Quartieri delle strade basolate”, riaperta al pubblico dopo un decennio di ricerche. Il progetto è stato promosso dalla Direzione Regionale Musei Marche e curato insieme all’Ateneo maceratese.
A Villamagna, nel cuore della riserva dell’Abbadia di Fiastra, gli archeologi hanno approfondito l’indagine nell’area residenziale (“pars urbana”) della grande villa romana, verosimilmente appartenuta alla potente famiglia degli Herenni, imprenditori attivi nell’Italia centrale. I lavori si sono concentrati su un raffinato complesso termale privato che si affacciava su un giardino, caratterizzato da pavimenti musivi e collegato tramite un corridoio alla zona produttiva (pars rustica). Qui, in scavi precedenti, era già stata identificata una struttura ritenuta la più antica “birreria” sinora nota in Italia, forse anche in Europa. Le nuove indagini gettano luce sulle trasformazioni della villa tra IV e VI secolo dop Cristo, quando divenne un centro di gestione del territorio in stretta connessione con la città di Urbs Salvia. Dopo nove anni di ricerche, il complesso di Villamagna restituisce ora un patrimonio di dati archeologici e architettonici che potrebbe essere valorizzato attraverso un progetto turistico-culturale condiviso tra Università, Soprintendenza, Fondazione Giustiniani Bandini e Comune di Urbisaglia.
Le attività si sono svolte con il sostegno del Ministero della Cultura, della Direzione Regionale Musei Marche diretta da Luigi Gallo con funzionaria responsabile la direttrice del Parco Archeologico di Urbs Salvia Sofia Cingolani, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata guidata da Giovanni Issini con funzionaria responsabile Cecilia Gobbi, del Comune di Urbisaglia e della Fondazione Giustiniani Bandini. La campagna ha coinvolto una quarantina di studenti italiani e stranieri, affiancati da docenti e ricercatori dell’ateneo.
Gli scavi rientrano nei tirocini pratici del corso di laurea magistrale in Archeologia e sviluppo dei territori e rappresentano un’occasione formativa unica nel panorama nazionale. «Queste esperienze sul campo sono fondamentali per i nostri studenti, che acquisiscono competenze spendibili in un settore in crescita e ricco di opportunità lavorative», ha sottolineato il rettore John McCourt in visita agli scavi.
Roberto Perna e John McCourt
Intanto, gli archeologi di Unimc sono già pronti a ripartire: le prossime tappe saranno le missioni internazionali in Grecia e Albania.
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Se non vado errato, sulle ipotesi ne avrebbero già scritto Giovanni Carnevale, Medardo Arduino, La Rucola ed altri.
Pure il popolo di Urbisaglia – chissà perché – da secoli e ancora oggi chiama Urbisaglia pure col nome di “Roma”, e il fiume locale come “Tevere”… Anzi, ci sarebbe stata una “prima” Roma e poi una “seconda” Roma, edificata da Carlo Magno.
Qui andiamo sul terreno minato… Poiché ci sono opinioni che contrastano con ciò, a cui l’Università di Macerata darebbe unico credito. Non sarebbe ora di vedere quale è la verità storica, INTERROGANDO ONESTAMENMTE LE PIETRE? Come hanno fatto gli architetti Giuseppe Rossi ed Enzo Fusari, che dichiarano che la Cjhiesa di San Claudio non è “romanica” dell’XI secolo… D’altra parte si spendono soldi pubblici dei cittadini per chi scavi. E quindi si dovrà rispondere ai cittadini, prima o poi…
Magnifico Rettore, se si scoprisse che Carlo Magno e i suoi successori, come pure prima di lui, suo padre Pipino il Breve e suo nonno Carlo Martello, pure girovagando per il loro reame conquistato, erano qui, lasciando le tracce, ne avremmo un grosso vantaggio turistico, che oggi se lo pappa tutto Aachen, vendendo pagnottelle e birra intitolati a “Carlo Magno”.
Ne vuole una prova di ciò che affermo? Vada a Sassoferrato a visitare Santa Croce dei Conti, dove, in un capitello, c’è la storia di Carlo Martello: il guerriero “cazzuto” è lui che si indica da “bambino” quando a nove anni, ad Andenne, in Vallonia, ammazzo un orso con un martello. La Sahler, bontà sua, ci vide un “Daniele nella fossa dei leoni”. Quindi, la Sahler, o non conosce la provenienza dei Carolingi dalla Vallonia (quindi non erano germanici. E se li chiami “tedeschi” ti prendono a botte), oppure la conosce, ma non ha voluto fare sapere che quella chiesa “romanica” l’aveva fatta costruire Carlo Martello, secoli prima del “romanico”. E quindi gli salterebbe tutta la sua opinione che questa chiesa, quella di San Vittore, di San Claudio, di S. Maria a Piè di Chienti che sono “romaniche”, perché costruite dai Carolingi.
Le “archeobugie” hanno le gambe corte. Come tra le bottigliette presentate come contenuto della “Capsella di Montecosaro” al noto convegno di quella citta sulle tesi tedesche anti-Carnevale, una bottiglietta fatta passare come d’epoca è invece una bottiglietta che si può acquistare con due euro dai cinesi. Chi ha presentato quelle bottigliette storiche ci ha messo un'”Archeobugia”… E quindi ci si chiede: che fine ha fatto quella bottiglietta originale – reperto storico?