Marche: si lavora di più,
ma si guadagna di meno

IL REPORT Cisl sul welfare regionale. Dal 2014 persi oltre 64mila residenti. Aumentano gli occupati, ma i salari restano sotto la media nazionale. Giovani in fuga, boom di contratti atipici e famiglie in povertà assoluta

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Più occupati ma più poveri della media nazionale: nelle Marche sparisce una città come Fano, crollano i salari e crescono i lavori precari. In dieci anni abbiamo perso 64mila residenti. Più laureati, ma anche più fughe all’estero.

È il ritratto in chiaroscuro delle Marche che emerge dal report “Sguardi sulle Marche. Lavoro, economia, welfare”, presentato dalla Cisl Marche nella facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche, durante una tavola rotonda con il segretario generale Marco Ferracuti, il rettore Gian Luca Gregori, l’imprenditrice Roberta Fileni e il segretario confederale nazionale Cisl Mattia Pirulli.

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Il dato più eclatante è demografico: dal 2014 al 2024 le Marche hanno perso oltre 64mila residenti, pari al 4,2% della popolazione. Come se fosse scomparsa una città intera come Fano. Una fuga silenziosa che tocca soprattutto i giovani, anche quelli più qualificati.

Eppure l’occupazione cresce, attestandosi nel 2024 al 67,2%. Ma non basta. «L’aumento dei posti di lavoro non si traduce in aumento dei salari – ha osservato Ferracuti –  che, purtroppo, nelle Marche risultano più bassi rispetto al dato nazionale e a quelli di molte regioni benchmark a noi vicine. Questo fenomeno si verifica per diversi motivi che vanno affrontati e risolti».

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I redditi marchigiani restano sotto la media nazionale, e i lavoratori in povertà assoluta sono più numerosi rispetto al resto d’Italia: il 5,6% delle famiglie. Il paradosso occupazionale si spiega anche con una struttura produttiva fortemente frammentata: l’80% delle imprese è a conduzione familiare, con scarso investimento in innovazione. Il 78% degli occupati nel manifatturiero lavora in settori maturi e a basso contenuto tecnologico. A preoccupare è soprattutto la qualità del lavoro: nel 2024 solo il 10% delle nuove assunzioni è a tempo indeterminato. Crescono invece le formule atipiche e instabili: somministrazione, stagionale, intermittente che da sole rappresentano il 45% delle assunzioni. Sul fronte istruzione, la regione registra una percentuale di laureati superiore alla media italiana, ma anche un record di sovraistruiti e un numero crescente di giovani che espatriano. Un’emorragia di competenze e aspirazioni.

Secondo il rettore Gian Luca Gregori «il vero tema è la produttività, non il salario nominale. Se facciamo un confronto sulle retribuzioni e non sul potere d’acquisto facciamo un errore, bisogna valutare il territorio, un conto è uno stipendio di 1600 euro nelle Marche,  ben altro è disporre della stessa cifra a Milano. Il vero tema è la produttività», mentre Roberta Fileni ha sottolineato il valore dell’inclusione e dell’equità retributiva nel mondo del lavoro: nella sua azienda il 50% degli operai è di origine straniera, il 40% sono donne.

Per Mattia Pirulli, segretario confederale Cisl, serve un patto sociale per la crescita: «Bisogna elevare la qualità dell’occupazione, anche nei settori a basso valore aggiunto, attraverso formazione, innovazione e un legame diretto tra salario e produttività. Dobbiamo invertire alcuni dati preoccupanti, il primo è quello dei giovani provando ad elevare la qualità dell’occupazione. Comprendo bene il discorso sul valore aggiunto del prodotto, va trovata una modalità per tradurlo anche in settori a basso valore aggiunto. La Cisl da tempo pone il tema del patto sociale per la crescita del Paese coinvolgendo il Governo e usando le leve della formazione, dell’innovazione e salari legati alla produttività».



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